Ancona-Osimo

Omicidio di Sassoferrato, 16 anni per Sebastiano Dimasi

Questo il verdetto del giudice Paola Moscaroli, pronunciato oggi al tribunale di Ancona per il delitto di Alessandro Vitaletti, ucciso il 28 gennaio 2017. Caduta la premeditazione

Il tribunale di Ancona
Il tribunale di Ancona

ANCONA – Sedici anni di carcere per Sebastiano Dimasi. La pronuncia della sentenza per il muratore calabrese, accusato del delitto del rivale in amore, Alessandro Vitaletti, 48 anni, ucciso con 24 coltellate il 28 gennaio 2017, è arrivata questa mattina al tribunale dorico. Così ha deciso il giudice Paola Moscaroli. Il 9 novembre si era conclusa l’udienza preliminare (l’imputato aveva chiesto il rito abbreviato), e il pm Serena Bizzarri aveva chiesto una condanna a 30 anni. Il verdetto era stato rinviato ad oggi, sentite le repliche che di fatto non ci sono state.

Sebastiano Dimasi
Sebastiano Dimasi

Dimasi era presente in aula, difeso dall’avvocato Enrico Carmenati, quando è stata letta la sentenza ed è rimasto in silenzio. L’uomo, accusato di omicidio premeditato, è tornato poi al carcere di Montacuto, dove è rinchiuso dal giorno del delitto. Il suo avvocato aveva contestato la premeditazione sostenuta dalla procura parlando piuttosto di eccesso colposo di legittima difesa e chiedendo l’applicazione delle attenuanti dovute allo stato di ira e quelle generiche perché incensurato.

Per le motivazioni della sentenza sono stati fissati 90 giorni. In aula oggi c’erano anche la moglie del defunto, la sorella e uno dei due figli. A loro il giudice ha disposto un risarcimento danni: 100mila euro alla moglie e a ciascun figlio mentre 40mila euro alla sorella.

Sempre la difesa aveva parlato di un testimone, un fruttivendolo, che avrebbe visto Vitaletti avvicinarsi per primo a Dimasi quel 28 gennaio, alla pompa di benzina. Il testimone si sarebbe fermato a fare rifornimento e avrebbe intrattenuto una conversazione con Dimasi. Mentre i due parlavano sarebbe passato Vitaletti che si sarebbe diretto verso Dimasi. Poi la lite e le coltellate. Per la procura il coltello, che ancora non si trova, non sarebbe stato un coltello semplice da cucina ma piuttosto un coltello da combattimento, utilizzato con lo scopo di fare male. Se l’arma fosse dell’imputato o della vittima non è stato appurato perché il coltello non è stato mai trovato. In aula oggi c’era anche l’avvocato dei familiari di Vitaletti, Roberto Marini, che si sono costituiti parte civile e avevano chiesto un risarcimento danni di circa 900mila euro.

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