Ancona-Osimo

Natalità, Marche sotto la media nazionale. Longhin di Cgil: «Una regione in cui si invecchia ma non si nasce»

Registrano un calo le nascite nel 2021: ogni donna che vive nelle Marche fa in media 1,19 figli contro una media italiana di 1,25 e una europea di 1,50. Emerge dal report annuale del Ministero della Salute

ANCONA – Si fanno sempre meno figli e si diventa mamme intorno ai 33 anni. Con un tasso di natalità di 6,2 nati per 1000 donne in età fertile, le Marche si collocano sotto la media nazionale (6,8). Emerge dal report annuale del Ministero della Salute sul Certificato di Assistenza al Parto (CeDAP), relativo al 2021 in 364 punti nascita.

Ogni donna che vive nelle Marche fa in media 1,19 figli contro una media italiana di 1,25 e una media europea di 1,50. Nel 2021 sono nati 8.720 bambini, il 99,9 per cento dei quali in un punto nascita pubblico e 193 quelli avvenuti grazie alla procreazione medicalmente assistita.

Il 68 per cento dei nati è venuto alla luce da parti spontanei, il 25% con parto cesareo, un dato inferiore alla media italiana (-31%). Il 64,26% delle neo mamme ha una età compresa tra 30 e 39 anni, il 23,93% tra 20-29 anni e il 10,86% è over 40.

Le Marche sono tra le regioni italiane, insieme ad Emilia Romagna e Liguria, in cui oltre il 30% delle nascite avviene da madri straniere, contro una media nazionale del 19,9%. Le aree geografiche di provenienza più rappresentate sono quella dell’Africa (28,0%) e dell’Unione Europea (21,4%). Le madri di origine Asiatica e Sud Americana costituiscono rispettivamente il 19,0% e l’8,7% delle madri straniere.

Per quanto riguarda la condizione occupazionale (dato nazionale) il 57,7% delle donne divenute mamme nel 2021 lavora, il 25,8% è casalinga ed il 16,5% in condizione di disoccupazione o in cerca di prima occupazione. Il 51,4% delle donne straniere è casalinga a fronte del 64,9% delle donne italiane che ha invece un’occupazione lavorativa.

Loredana Longhin, segretaria regionale Cgil Marche

«Le Marche sono una regione in cui si invecchia ma non si nasce» osserva Loredana Longhin, segretaria regionale Cgil Marche nel commentare la fotografia del Ministero della Salute. Per la sindacalista, che snocciola i dati Istat secondo cui la differenza fra i nati nel 2017 nelle Marche e i nati nel 2020 tocca l’11,5%, mostrando un netto calo delle nascite, questa tendenza da un lato è legata «al mercato del lavoro che negli ultimi anni si è fatto più precario» dall’altro «alla carenza di servizi e welfare».

Insomma, le donne tendono a «rimandare la maternità», nella speranza di trovare una maggiore stabilità lavorativa o economica, ma quando questa non arriva finiscono per rinunciare a diventare mamme. «Le donne hanno spesso contratti part-time e precari», contratti poco remunerati, che «creano difficoltà nel conciliare una maternità con la situazione economica e occupazionale».

A confermare questa analisi c’è anche il dato che fotografa le dimissioni dal lavoro a un anno di età dei figli che nelle Marche tocca quota 900. «Nella nostra regione mancano servizi sociali come asili nido e quelli presenti hanno alti costi» non sostenibili da tutte le famiglie. «Così si rischia un corto circuito – conclude – bisogna pensare a realizzare servizi per i nuovi nati e anche per gli anziani, visto il trend di invecchiamento della popolazione. Inoltre, è necessario risolvere le discrasie tra un mercato del lavoro precario e flessibile che non consente stabilità economica e occupazionale. Bisogna investire in politiche del lavoro e sociali».

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