Ancona-Osimo

Marche, crescono gli infortuni tra i giovani e lavoratori stranieri

Il territorio che presenta il maggior incremento di incidenti è quello di Ancona (+9,0%), seguito da Macerata (+4,6%), Pesaro Urbino (+2,6%), Fermo (+1,6%) e Ascoli Piceno (+0,9%). I dati della Cgil (su numeri Inail) nel primo trimestre dell'anno

ANCONA – Tornano a crescere gli infortuni sul lavoro nelle Marche, soprattutto tra giovani e stranieri. È quanto emerge dai dati dell’Inail elaborati dalla Cgil Marche per i primi tre mesi dell’anno. Il territorio che presenta il maggior incremento di infortuni è quello di Ancona (+9,0%), seguito da Macerata (+4,6%), Pesaro Urbino (+2,6%), Fermo (+1,6%) e Ascoli Piceno (+0,9%).

Nel trimestre sono stati denunciati 4.581 infortuni, 215 in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+4,9%). Un incremento notevolmente più alto di quello che si registra a livello nazionale (+1,9%). Nelle Marche crescono, in particolare, gli infortuni in occasione di lavoro (+5,8%) mentre quelli in itinere presentano una live diminuzione (-0,9%).

«Al di là delle statistiche, dobbiamo essere consapevoli che, dietro a quei numeri, ci sono lavoratori e lavoratrici in carne e ossa. Per questo, prima di tornare a piangere un altro morto sul lavoro, occorre intervenire a ogni livello con un’azione forte da parte di tutti, dalle imprese alle Istituzioni, investendo in sicurezza, prevenzione, formazione, lavoro stabile e di qualità e condizioni di lavoro dignitose», dice Daniela Barbaresi, segretaria generale Cgil Marche.

Se si osservano gli infortuni in occasione di lavoro, emerge che i più colpiti sono i lavoratori dell’industria manifatturiera dove peraltro gli infortuni crescono del 3,0%. Crescono in particolare nel settore chimica, gomma, plastica (+27,8%), mobile (+18,1%) e calzature e abbigliamento (+12,2%). In calo nella meccanica (-6,5%). Rilevante l’incremento nelle costruzioni (+19,7%) e nel commercio e riparazioni (+23,1%). Aumentano gli infortuni anche nella sanità e assistenza sociale (+3,1%), mentre diminuiscono nei trasporti (-6,5%) e in agricoltura (-10,9%).

Se il maggior numero di infortuni riguarda gli uomini, è per le donne che si registra il maggior incremento di infortuni denunciati: più del doppio di quello degli uomini (rispettivamente +8,3% e + 3,1%). Osservando i dati per classi di età degli infortunati, emerge che i più colpiti continuano ad essere i giovani e in particolare coloro che hanno meno di 19 anni per i quali gli infortuni crescono del 23,8%. Anche i migranti sono tra i più coinvolti dal fenomeno: per i lavoratori extra comunitari gli infortuni denunciati sono cresciuti del 10,5%, mentre per gli italiani l’incremento è pari al 4,4%. In calo invece per i lavoratori provenienti da altri Paesi dell’UE.

Drammatico il bilancio degli infortuni mortali. Sono 7 i lavoratori che hanno perso la vita dall’inizio dell’anno: 2 donne e 5 uomini. A livello nazionale, gli infortuni mortali sono stati 212.

I dati mettono in evidenza l’urgenza di intervenire per fermare la piaga degli infortuni sul lavoro che, con la ripresa dell’attività produttiva, è tornata prepotentemente a crescere, segno che la stessa ripresa produttiva è avvenuta senza la necessaria attenzione da parte delle imprese alla qualità del lavoro e dello sviluppo e senza il necessario sforzo in termini di innovazione e prevenzione.

In particolare è necessario porre fine alla crescita del lavoro precario, frammentato e parziale cosi come va evitato l’indebolimento delle norme sugli appalti. Peraltro, i più colpiti dalla crescita fenomeno infortunistico sono i giovani e i migranti, ovvero coloro che maggiormente vivono condizioni di precarietà e instabilità sul lavoro o mancanza di formazione adeguata.

«È necessario che le istituzioni, a partire dal dal Governo e dalla Regione, svolgano pienamente le loro funzioni di prevenzione, controllo, repressione e anche contrasto del lavoro irregolare; gli organici e le risorse destinate a tali compiti sono, nella nostra regione, assolutamente inadeguate a fronteggiare questo enorme problema. È  forse il tempo che qualcuno se ne assuma la responsabilità», spiega Giuseppe Santarelli, segretario regionale Cgil Marche.

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