Ancona-Osimo

Donne e politica, nelle Marche solo 34 comuni su 227 a guida femminile. La sindaca di Ancona: «Per cambiare occorre impegnarsi in prima persona»

La provincia di Macerata è quella che ha il maggior numero di sindache, fanalino di coda l'Ascolano. Barbaresi, segretaria generale Cgil Marche: «Nel mondo del lavoro le maggiori criticità»

Fascia sindaco

ANCONA – «Penso che per cambiare le cose, cambiarle veramente, occorre impegnarsi in prima persona e raggiungere il potere, inteso come luogo di responsabilità dove puoi fare qualcosa per cambiare le cose, per cambiare un pezzettino di realtà, quella nella quale operi». È la riflessione della sindaca di Ancona, Valeria Mancinelli, nella Giornata internazionale della donna, che ricorre oggi, 8 marzo.

Nelle Marche la partecipazione femminile alla vita politica e nelle istituzioni è ancora bassa rispetto a quella dei colleghi uomini, nonostante si siano compiuti notevoli progressi rispetto al passato, ma di strada ce n’è ancora tanta da fare. Basta guardare il numero dei sindaci donna: nelle Marche solo 34 comuni su 227 sono amministrati da donne, poco meno di un sesto.

La sindaca di Ancona Valeria Mancinelli

La partecipazione non è omogenea a livello territoriale. Guardando alla situazione nelle cinque province, quella che detiene il maggior numero di sindaci donne è il Maceratese che ne conta 10 contro 44 primi cittadini uomini, 9 le sindache in provincia di Pesaro Urbino contro 40 sindaci, 8 nella provincia di Ancona (39 gli uomini), 5 nel Fermano (34 gli uomini) e fanalino di coda l’Ascolano con solo 2 donne sindaco (30 gli uomini). Un gender-gap notevole, segno che qualcosa non funziona come dovrebbe.

Secondo la sindaca di Ancona, Valeria Mancinelli, al suo secondo mandato alla guida del capoluogo marchigiano, per favorire una maggiore partecipazione femminile «ogni persona deve essere in grado di competere ad armi pari, e nel caso dei ruoli politici, le primarie aperte, vere, fatte in modo serio, con tempi e modalità adeguate, sono uno strumento che consente di selezionare con la meritocrazia e non con il sistema del vassallaggio».

«Le donne in generale, per poter competere – aggiunge la sindaca di Ancona – devono essere sgravate di una parte del loro secondo lavoro, che è il prendersi cura delle persone, dei figli, dei genitori, dei mariti o dei compagni. Una parte di questo lavoro di cura deve essere caricato e distribuito anche sugli altri componenti della famiglia ed anche sulla società con maggiori servizi. Se non diminuisce questo peso diventa difficile che una platea ampia di donne possa competere».

Daniela Barbaresi, Cgil Marche (immagine di repertorio)

Sul fatto che «per cambiare le cose le donne devono esserci» ne è convinta anche Daniela Barbaresi, segretaria generale Cgil Marche. Guardando alla rappresentanza femminile in Parlamento, rileva che «storicamente è la più elevata», ma anche che deve crescere nel mondo del lavoro, specie nelle cosiddette stanze dei bottoni.

«È nel mondo del lavoro che ci sono le criticità maggiori – osserva – specie in un momento di grande incertezza come quello attuale, nel quale occorre puntare ad una occupazione femminile stabile e di qualità». L’altra nota dolente per Barbaresi è la parità salariale che «nelle Marche, sia nel settore pubblico che in quello privato, vede un divario con i colleghi uomini. Per cambiare le cose occorre una maggiore partecipazione femminile nel mondo delle istituzioni. Le risorse del PNRR dovranno essere impiegate non solo per potenziare per infrastrutture fisiche, ma anche quelle sociali, la rete del welfare e dei servizi».

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