Ancona-Osimo

Mafia, Capitano Ultimo agli studenti del Volterra Elia di Ancona: «Contro la violenza dobbiamo contrapporre la civiltà delle famiglie e dell’amicizia»

Il colonnello Sergio De Caprio, noto per aver arrestato il capo di Cosa Nostra Totò Riina nel 1993, ha parlato di legalità e valori agli studenti dell'istituto anconetano

Capitano Ultimo

ANCONA – «Cosa Nostra si tramanda di generazione in generazione, i padri tramandano la violenza e la voglia di dominio ai figli e noi dobbiamo tramandare l’amore, l’amore per la democrazia, l’amore per il bene comune, allo stesso modo e con la stessa forza perché dobbiamo vincere e vinceremo». Sono le parole del colonnello Sergio De Caprio, alias Capitano Ultimo, noto per aver arrestato il capo di Cosa Nostra Totò Riina nel 1993 quando era a capo dell’unità Crimor dei Ros dei Carabinieri.

Mille vite dentro una esistenza nella quale Capitano Ultimo è stato comandante del Ros e del Noe, carabiniere prestato ai Servizi, assessore regionale in Calabria, fondatore della casa famiglia “Volontari Capitano Ultimo” di Roma, con la quale porta avanti progetti di solidarietà verso i meno fortunati è anche e soprattutto impegnato a fare da “cassa di risonanza” dei valori civili e della legalità fra le giovani generazioni. De Caprio ha incontrato ad Ancona gli studenti dell’Istituto Volterra Elia in via Esino.

«I nostri ragazzi, le loro famiglie, i nostri insegnanti sono i testimoni di una civiltà e di una comunità che non deve soccombere e grazie a loro non soccomberà» ha detto «a questa storia di dominatori e di gente che pratica la violenza dobbiamo contrapporre la civiltà delle famiglie, la civiltà della nostra scuola, la civiltà dell’amicizia e del mutuo soccorso».

Il colonnello Sergio De Caprio,
Capitano Ultimo tra gli studenti del Volterra Elia di Ancona

Valori quelli di «amicizia e fratellanza» che secondo Capitano Ultimo, non devono essere dati «per scontati» ma che «dobbiamo costruire e portare nelle strade e nel mondo e difenderli con tutta la forza che abbiamo». «Bisogna combattere – aggiunge -, sorvegliare, seguire, pedinare, stare vicino a chi combatte, ai nostri carabinieri, ai nostri magistrati e farli sentire importanti, mai abbassare la guardia».

La speranza, nella lotta alla mafia e alla criminalità organizzata, viene dai giovani: «Sono fiero dei giovani – prosegue -, li ammiro per il modo che hanno di guardarci e di rispettarci, nonostante le nostre incapacità, nonostante il mondo non buono che abbiamo costruito e gli dobbiamo chiedere scusa a questi ragazzi, ma incoraggiarli a fare meglio di noi, a non arrendersi mai, a non dare per scontato niente». «I valori, l’amore, l’amore per le famiglie, per il popolo, per il bene comune – conclude – sono cose importanti e bisogna praticarle, non celebrarle».

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