Ancona-Osimo

La zuppa di plastica nel Mediterraneo

L'Univpm studia l'accumulo delle microplastiche negli organismi marini. Gli ultimi risultati evidenziano la loro presenza in almeno il 30% del pescato dell’Adriatico

Ritrovamento in mare di microplastiche (Foto: Univpm)

ANCONA – L’Università Politecnica delle Marche studia l’accumulo delle microplastiche su organismi e pescato.

Medusa utilizzata come organismo modello (Foto: Univpm)

Ogni anno infatti vengono prodotte nel mondo più di  300 milioni di tonnellate di plastica e almeno il 10% di questi materiali finisce negli oceani. In mare le plastiche si degradano molto lentamente e si frammentano in minuscole particelle che costituiscono appunto le microplastiche. Con dimensioni inferiori ai 5 mm e spesso invisibili ad occhio nudo, le microplastiche si sono accumulate nei mari e il Mediterraneo risulta uno dei bacini maggiormente contaminati, come dimostrato in un recente studio pubblicato su Nature/Scientific Reports e frutto della collaborazione tra l’Istituto di Scienze Marine del CNR di Lerici (ISMAR-CNR), l’Università Politecnica delle Marche, l’Università del Salento e Algalita Foundation (California).

quantitativi medi di microplastiche presenti nel Mare Adriatico e nel Mediterraneo Occidentale sono di circa 500 ed 800 g per km2, valori paragonabili a quelli rinvenuti nei famosi 5 vortici oceanici di accumulo delle plastiche. Quantitativi ancora maggiori, circa 2 kg per km2, sono stati identificati a largo delle coste occidentali della Sardegna, della Sicilia e lungo la costa pugliese, fino ad arrivare ad un hot spot di addirittura 10 kg di microplastiche per km2 nel tratto di mare compreso tra la Corsica e la Toscana.

Un piccolo crostaceo (Artemia) che ha ingerito microplastiche evidenziate con fluorescenza (Foto: Univpm)

Lo studio ha caratterizzato anche la tipologia dei polimeri, evidenziando una marcata prevalenza di polietilene e polipropilene nel Mediterraneo Occidentale, ed una maggior eterogeneità nell’Adriatico con la presenza anche di vernici sintetiche e di altri composti associati alle attività di pesca. Le ragioni dell’elevata concentrazione di microplastiche in Mediterraneo sono una conseguenza del limitato ricambio d’acqua di questo bacino chiuso, ma densamente popolato e sottoposto ad una elevata pressione antropica.

Il tessuto di una cozza in cui sono evidenziate microplastiche (Foto: Univpm)

Ovviamente gli organismi marini non sono immuni dalla massiccia presenza delle microplastiche che, spesso scambiate per cibo, possono essere ingerite dai più piccoli organismi del plankton, fino ai predatori terminali. In questo senso, l’Università Politecnica delle Marche è molto attiva nello studio dell’accumulo delle microplastiche negli organismi marini e la loro distribuzione nelle reti trofiche. Gli ultimi risultati evidenziano la presenza di microplastiche in almeno il 30% del pescato dell’Adriatico con percentuali ancora superiori in alcune specie. Anche se la frequenza di rinvenimento delle microplastiche è elevata, il loro quantitativo negli organismi non è tuttavia tale da rappresentare un pericolo per la salute umana, ma certamente un campanello di allarme per la salute delle varie specie e dell’ecosistema marino.

Gli effetti tossici delle microplastiche, il loro destino ambientale, così come la capacità di queste particelle di assorbire e rilasciare inquinanti o additivi chimici, sono oggetto del progetto europeo Ephemare, finanziato da JPI Oceans in cui l’Univpm è coinvolta insieme a ISMAR-CNR di Genova ed altri 14 partner. Si tratta di una delle prime ricerche in questo senso, che permetterà di avere una stima più precisa della dimensione del problema generato dalle microplastiche in mare, per attivare opportuni programmi di riduzione della presenza di questi inquinanti.

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