Ancona-Osimo

Giornata mondiale del gioco, la psicologa Nicolini dell’Unimc: «È importante a tutte le età»

Quanto è importante il gioco per bambini, adulti e anziani? E perché è necessario nella vita? Ne parliamo con la professoressa Paola Nicolini, Associata di psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università di Macerata

Oggi (28 maggio) è il World Play Day, la Giornata mondiale del gioco. Un’attività, questa, che racchiude una modalità sana di approcciarsi alla vita e di concepire le regole. E non è vero che il gioco sia importante solo da piccoli: «È importante a tutte le età», precisa la professoressa Paola Nicolini, Associata di psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Unimc, l’Università di Macerata.

La professoressa Nicolini, dell’Unimc

«Nella ricerca in campo psicologico il gioco è stato preso in considerazione per la prima volta nel secolo scorso da importanti autori, che hanno evidenziato – riflette la docente – come sin dai primi mesi di vita si possano sviluppare, proprio grazie al gioco, degli apprendimenti fondamentali. Dall’avere considerazione della presenza della persona con la quale si sta giocando, alle strategie di gioco, al rispetto delle regole, al darsi i turni, al negoziare le situazioni. Se pensiamo ai giochi dei bimbi nei primi mesi di vita, con uno scambio di turno o con un passaggio di palla, entra in azione una protoforma del dialogo: si è prima attivi nel lanciare e in attesa nel ricevere, così come nei turni di parola si è parlanti e ascoltatori. Chi è passivo in un turno diventa attivo nell’altro e via dicendo».

Il gioco «è una palestra infinita di allenamento di diverse abilità e permette di farlo in una forma protetta, di sospensione dalla realtà – continua Nicolini – Immaginiamo un bambino o una bambina che stiano costruendo una torre. Se questa cade magari ci si fa una gran risata, poi la torre a terra si trasforma, diventa un trenino o un serpente». Nel gioco non esiste un reale fallimento e ogni errore si trasforma in un’opportunità.

L’Unimc sta conducendo ricerche approfondite sul tema del gioco: «Stiamo lavorando sull’età adulta, con una collaborazione con l’azienda Clementoni – sottolinea la docente – Abbiamo fatto attività di sperimentazione e abbiamo notato l’innalzamento del benessere personale percepito, misurato con apposite scale, dopo aver preso parte a giochi da tavolo. Ciò si è verificato anche in alcune situazioni di giochi di gruppo online».

Negli anziani sono state monitorate altre variabili: utilizzando un gioco ideato per i bambini, dedicato all’apprendimento della lingua inglese e adattato poi all’età anziana dal gruppo di ricerca Unimc, si è registrato un ˊplusˊ nell’indice di apprendimento.

La ricerca ha coinvolto anche persone anziane con demenza medio-lieve: «Ci siamo resi conto – evidenzia la prof Nicolini – che anche in questi casi il benessere percepito aumenta. Rilevante, in tale contesto, l’aumento del grado di partecipazione attiva. Gli anziani che sono istituzionalizzati, che vivono all’interno delle case di cura, a volte restano passivi e appartati. Coi giochi, invece, si osserva un incremento nel grado di attivazione, si risveglia la memoria, soprattutto quella a lungo termine, e persino un pizzico di competizione». Effetti positivi anche sui caregiver, operatori socio sanitari e familiari, che commentano positivamente l’introduzione delle attività di gioco e sperimentano essi stessi un miglioramento nel grado di benessere percepito.

Insomma, a chi intimasse «Adesso basta giocare, ci mettiamo al lavoro», sarebbe opportuno rispondere che il gioco, per la verità, è già molto più che un lavoro, ma senza darlo a vedere: «È impegno cognitivo e sociale, è ragionamento, è negoziazione dei conflitti e problem solving» ma in una dimensione di leggerezza e di divertimento», conclude la docente.