Ancona-Osimo

Storia d’impresa, a Franco Amatori il più prestigioso riconoscimento internazionale

All'illustre studioso anconetano, docente alla Bocconi e erede dell'omonima agenzia marittima fondata dal padre Primo, la Business History Conference ha assegnato il Lifetime Achievement Award 2019. È il primo europeo a ricevere l'ambito premio. Lo abbiamo intervistato. Ecco cosa ci ha raccontato

Franco Amatori
Franco Amatori

ANCONA – Ha realizzato pubblicazioni di grande rilievo internazionale e ha costituito alla Bocconi di Milano un nucleo di storici d’impresa tra i più quotati a livello mondiale. È questa la motivazione che è valsa all’anconetano Franco Amatori il Lifetime Achievement Award 2019, il riconoscimento più prestigioso in ambito internazionale per quanto riguarda la storia d’impresa.
La Business History Conference ha consegnato il premio allo studioso anconetano e docente alla Bocconi il 16 marzo scorso a Cartagena in Colombia.

Laureato in scienze politiche a Firenze nel 1973, erede di Primo Amatori fondatore dell’Agenzia Marittima Amatori, ha iniziato a insegnare storia economica ad Ancona e successivamente ha lavorato all’Ifap, l’Istituto di ricerche e formazione di direzione aziendale dell’Iri. Determinante per la sua carriera l’incontro, avvenuto ad Harvard nel 1977, con Alfred Chandler, padre della business history. Franco Amatori decide di fermarsi a Boston per approfondire gli studi sulla storia d’impresa con Chandler e David Landes (uno dei massimi storici dell’economia). Una volta rientrato in Italia inizia a scrivere la storia delle più importanti imprese italiane, tra le quali Rinascente, Montecatini, Lancia e Fiat, successivamente della siderurgia italiana, oltre che dei distretti industriali marchigiani.

A questi studi approfonditi Amatori ha fatto seguire una pubblicazione nel 1999: “Impresa e industria in Italia dall’Unità a oggi”, volume che aveva ottenuto un’ottima recensione anche dalla Business History Review, firmato anche dal suo allievo Andrea Colli. Dopo questa opera Amatori scrive la “Storia dell’Iri”, ideata insieme a Pierluigi Ciocca. Già nel 1986 aveva reso la Bocconi punto di riferimento della storia d’impresa italiana. Sempre negli anni ’80 contribuisce a fondare la Assi, Associazione studi storici sull’impresa, e inizia a raccontare agli americani la storia imprenditoriale italiana. Numerose le pubblicazioni, tra le quali nel 1997 “Big Business and the Wealth of Nation” scritta insieme a Chandler.

Abbiamo intervistato Franco Amatori.


La Business History Conference l’ha incoronata quale primo studioso europeo ad aver ottenuto il Lifetime Achievement Award 2019, un riconoscimento prestigioso che premia il suo grande impegno…
«Sì, un riconoscimento molto prestigioso che mi è stato assegnato per aver scritto sei importanti libri sulla storia delle imprese, per aver istituito alla Bocconi una unità costituita da una quindicina di professionisti di livello internazionale e considerata una delle migliori al mondo. Nel 1996 ho avviato una serie di colloqui internazionali ad anni alterni, nel quale ho riunito sistematicamente europei, americani ed asiatici per discutere di temi rilevanti per la disciplina e per i suoi addentellati con la realtà. Tra questi The rise and fall of state owned enterprise in the Western world, Business history around the world, big business and the Chinese miracle. Da questi incontri sono seguite sei pubblicazioni edite dalla Cambridge University Press, una delle case editrici più prestigiose al mondo nel settore delle scienze sociali. Già dal primo incontro è emerso che le imprese pubbliche nel 20° secolo hanno fallito la loro missione. L’indicatore del successo di una impresa è il profitto ma una società deve essere pronta ad accogliere quelli che hanno fallito, è un dovere sociale. Una cosa che ho ricordato nel 2015 nel mio intervento al congresso mondiale di economia a Kyoto, dove ho ricordato che siamo figli della rivoluzione francese e delle sue grandi parole:  libertà di pensiero, uguaglianza di fronte alle legge, fratellanza nell’economia».

Cosa ha significato per lei ricevere questo premio?
«Ha significato prendere coscienza di essere ai vertici della storia di impresa».

L’incontro con Alfred Chandler ha segnato molto la sua carriera, cosa le ha trasmesso il suo mentore?
«Chandler utilizzava una metodologia, ovvero una combinazione che prevedeva un’ampia comparazione e un focus molto netto, lo studio delle scelte imprenditoriali cruciali. Chandler in particolare aveva evidenziato che è possibile concentrare 1/4 della produzione mondiale di cherosene in tre stabilimenti, una cosa neanche immaginabile nel settore calzaturiero. In questo modo aveva posto in evidenza l’importanza della tecnologia, un prodotto umano frutto di conoscenze scientifiche, abilità tecniche e attitudini sociali. Un prodotto umano che a un certo punto si cristallizza in un paradigma e diviene altro da noi».

Lei ha scritto la storia delle maggiori imprese italiane. Come vede la situazione economica attuale nel Belpaese e su cosa dovrebbero puntare le aziende?
«Su tre fattori essenziali: la manageralizzazione, l’internazionalizzazione e l’eccellenza tecnica».

Quale sarà la sua prossima sfida?
«Lo studio del capitalismo europeo. Sono convinto che in Europa ci siano quattro pilastri che segnano la storia del capitalismo: tra questi la cooperazione contrattuale, ovvero i cartelli che sono strumenti per controllare il mercato, la famiglia al vertice delle imprese, lo Stato che agisce sul mercato e la politicizzazione del movimento operaio».

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