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Femminicidio di Cerreto d’Esi, «richieste d’aiuto in aumento. Ma tra le donne c’è più consapevolezza»

La presidente del centro ʻDonne e giustiziaʼ , avvocato Montenovo: «Il momento in cui ci si ribella alla violenza e dell’affrancamento continua a essere il peggiore, il più pericoloso. Ecco perché bisogna tutelare le vittime in modo adeguato»

ANCONA – Violenza di genere, richieste di aiuto in aumento. La presidente di ʻDonne e giustiziaʼ , avvocato Roberta Montenovo, riflette sulla situazione delle vittime di violenza dopo i fatti di Cerreto d’Esi: «Quella donna, da quanto mi risulta, era seguita da un’associazione del posto. C’era un procedimento per maltrattamenti in famiglia in corso e marito e moglie si stavano separando».

Lui, Franco Panariello (55 anni), all’alba di ieri (14 ottobre), ha accoltellato lei, Concetta Maruocco, due anni più giovane. Poi, avrebbe detto alla figlia, minorenne, di chiamare il 112 (numero unico di emergenza). L’uomo, stando a quanto trapela, era stato sottoposto alla misura del braccialetto elettronico, ma qualcosa – evidentemente – non ha funzionato.

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«È il momento in cui ci si ribella alla violenza, il momento dell’affrancamento che continua ad essere il frangente peggiore, il più pericoloso per le vittime. E i fatti di Cerreto lo confermano», osserva Montenovo. Che prosegue: «Osservando il trend di questo periodo, ci attendiamo che i numeri del 2023 superino (in media) i dati del 2022. Per com’è l’andamento delle richieste di aiuto, le donne che si rivolgono a noi, quest’anno, potrebbero superare quota 130».

Nessuna distinzione tra italiane e straniere. Se di primo acchito si potrebbe pensare che siano le straniere a chiedere maggiormente aiuto (magari per un fatto di cultura diversa), i dati sembrano però eguagliarsi. E, anzi, in proporzione sarebbero quasi più le donne italiane a rivolgersi ai centri antiviolenza, magari – chissà – anche per la difficoltà con la lingua che incontrerebbero le straniere.

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«Direi che non si rileva una particolare differenza in termini di etnia o provenienza», glissa la presidente. «Coò che noto, invece, è che oggi le donne, quando si rivolgono ai centri antiviolenza, lo fanno dopo un minor periodo di tempo trascorso tra le mura domestiche in quelle condizioni. Una volta, c’era anche un trascorso di 30 anni di vita coniugale con soggetti maltrattanti, adesso invece queste situazioni si tollerano meno. Si sta via via acquisendo una maggiore consapevolezza della propria situazione di violenza in tempi minori».

L’ultimo accesso al centro risale a due giorni fa: «Noi siamo aperti 5 giorni su 7, facciamo accoglienza su 4 giorni e quasi ogni giorno abbiamo una donna nuova. Chiaramente, l’accesso non è unico, dato che poi si inizia un percorso di consapevolezza e di incontri con varie consulenti».

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