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Manifattura debole, Schiavoni: «Le Marche soffrono di più rispetto al resto del Paese»

Secondo i risultati dell'Indagine condotta dal Centro Studi “Giuseppe Guzzini” di Confindustria Marche, in collaborazione con Ubi Banca, nel trimestre ottobre-dicembre 2018, la produzione industriale ha registrato un calo dello 0,9% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. E in controtendenza a livello nazionale (+0,2%). Il punto con il presidente dell'associazione degli industriali

Claudio Schiavoni, presidente Confindustria Marche Nord
Claudio Schiavoni, presidente Confindustria Marche

ANCONA – Chiusura d’anno debole per l’industria manifatturiera regionale, con attività produttiva e commerciale sottotono rispetto a quanto rilevato nel trimestre luglio-settembre 2018. Secondo i risultati dell’Indagine Trimestrale condotta dal Centro Studi “Giuseppe Guzzini” di Confindustria Marche, in collaborazione con Ubi Banca, nel trimestre ottobre-dicembre 2018, la produzione industriale ha registrato un calo dello 0,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, variazione di segno opposto di quella rilevata a livello nazionale (+0,2%). A livello settoriale, tutti i comparti inclusi nell’indagine hanno registrato variazioni negative, ad eccezione dell’Alimentare e del Legno e Mobile.

«Il dato relativo al quarto trimestre 2018 – ha dichiarato il Presidente di Confindustria Marche Claudio Schiavoni – conferma i segnali di raffreddamento del clima congiunturale e la presenza di una dinamica produttiva regionale più debole di quella nazionale. I segnali di rallentamento congiunturale comparsi prima della pausa estiva si sono manifestati concretamente già nella rilevazione del terzo trimestre 2018 e sono stati confermati dall’indebolimento della crescita osservato nell’ultimo trimestre dell’anno. In un’ottica di medio periodo, la dinamica prevista per il primo semestre 2019 appare condizionata dal profilo congiunturale sottotono del mercato interno, che è tornato in campo negativo dopo alcuni trimestri di recupero, e dalla perdita di slancio di quello estero».

«I segnali che vengono dal nostro territorio ci preoccupano non poco – ha concluso Schiavoni – Anche l’export, da sempre punto di forza delle Marche, soffre, salvo qualche eccezione. A questo aggiungo che le aspettative dei nostri operatori relativamente all’andamento del quadro economico e politico internazionale sono in netto peggioramento: in assenza di evidenti mutazioni del quadro congiunturale, tali incertezze potranno dunque incidere in negativo sui livelli e sulla dinamica del sistema economico nel corso dei prossimi mesi».

Le dichiarazioni degli operatori intervistati confermano ampiamente l’indebolimento dell’intonazione congiunturale dell’industria regionale: si mantiene elevata, infatti, la quota di operatori con produzione stazionaria o in calo (65% contro il 62% della rilevazione del terzo trimestre 2018), mentre si contrae la quota di aziende interessate da aumenti della produzione (35% contro 38% della rilevazione precedente).

In lieve calo l’attività commerciale complessiva nel quarto trimestre 2018: l’andamento delle vendite in termini reali ha registrato una flessione dello 0,3% rispetto al quarto trimestre 2017, con un andamento negativo sul mercato interno e positivo sul mercato estero.

Le vendite sul mercato interno hanno registrato un calo dell’1,4% rispetto al quarto trimestre 2017, con risultati positivi solo per la Meccanica e l’Alimentare.

Le vendite sull’estero hanno registrato una crescita dell’1% rispetto al quarto trimestre 2017, variazione positiva anche se dimezzata rispetto a quanto rilevato nel terzo trimestre. Tutti i settori, ad eccezione della Meccanica, Calzature e Minerali non Metalliferi, hanno registrato miglioramenti delle vendite, seppure con andamenti anche molto differenziati.

Nella media del trimestre ottobre-dicembre 2018, i livelli occupazionali hanno registrato un contenuto calo (-0,3%) rispetto al terzo trimestre dell’anno. Nello stesso periodo le ore di cassa integrazione sono diminuite del 57,7%, rispetto al quarto trimestre 2017, passando da 6,8 milioni circa a 2,9 milioni. Dall’analisi dei dati per ramo di attività emerge che la diminuzione osservata è attribuibile alla flessione generalizzata delle ore complessive autorizzate.