Ancona-Osimo

Donne e impresa? Tutti i dati di Camera Marche: «Porte aperte alle profughe ucraine per lavoro e formazione»

La consigliera Gironi: «L'agricoltura è il settore più adatto per le imprenditrici. Ma che divario quando mi confronto con le colleghe di Bruxelles». Troli: «Quello delle costruzioni è l'ultimo settore rosa»

Un'impresa femminile

ANCONA – «Le imprese a titolarità femminile nelle Marche rappresentano il 23,1% del totale delle imprese senza distinzione di genere: 38.291 su 165.433, un punto percentuale in più rispetto alla media Italia». Sono questi i dati divulgati ieri da Camera Marche. «La concentrazione più alta è a Fermo. Si tratta soprattutto di imprese individuali del settore servizi, sanità e assistenza sociale. Niente di nuovo, sebbene il mondo stia cambiando», recita il relativo comunicato stampa.

Doriana Marini

Oggi, 8 marzo, giornata internazionale per i diritti delle donne, Doriana Mariani, consigliera di Camera Marche e imprenditrice della Moda, sottolinea come «sembra di essere tornate a due anni fa. Abbiamo progetti e nel nostro settore il potenziale del contributo femminile è alto, ma siamo di nuovo di fronte a un’incognita. Avremo un primo riscontro del peso (anche) economico di quanto accade tra Russia e Ucraina al Micam, a fine settimana».

Ora, le donne, in Ucraina, oltre ad essere precettate nell’assistenza sanitaria, si occupano anche di intrecciare reti mimetiche. «Questo – prosegue Marini – mi fa pensare alla carenza di manodopera nella nostra realtà, a quanto sarebbe preziosa la presenza, ad esempio, di ricamatrici. Ecco, il mio appello è alle donne, anche quelle fuggite dalla guerra, che volessero essere impiegate da noi: la porta è aperta, per lavorare e per formarsi».

In Consiglio camerale, siede anche Natascia Troli. Lei si occupa di servizi alle imprese, specialmente nelle costruzioni, l’ultimo settore, per incidenza regionale, di imprenditrici: solo 1.232 le imprese femminili su 21.806. «E dire – commenta Troli – che proprio nel mondo (prevalentemente) maschile dell’edilizia sarebbe di grande aiuto la meticolosità ed il perfezionismo tipico delle donne. Molte di noi hanno inventato un lavoro creando attività imprenditoriali e mettendosi in gioco. Un gioco spesso molto impegnativo, perché anche se imprenditrici siamo in primis figlie, mamme e mogli. Donne normali che hanno capito di avere un talento e di sentirsi bene nell’esprimerlo».

Francesca Gironi

«L’agricoltura (dove le attività rosa sono quasi il 28% del totale) sembrerebbe il settore più adatto per le imprenditrici». A dirlo, è Francesca Gironi, altra consigliera di Camera Marche e imprenditrice agricola: «Se hai un agriturismo, conciliare tempi di vita e di lavoro è più semplice. Nelle Marche e in Italia siamo lontanissimi da una parità salariale sostanziale e dal riconoscimento di ruolo e valore. Il welfare ha lacune enormi. Quando mi confronto con le colleghe di Bruxelles – riflette Gironi – noto un divario enorme».

Un gap, questo, che si amplia se pensiamo alla presenza di donne non solo titolari ma ai vertici di impresa con altri incarichi. L’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere-InfoCamere mostra in Italia tra dicembre 2019 e dicembre 2021 una crescita di 8.602 posizioni (+0,88%) di donne con ruoli apicali dentro le imprese. Questo è avvenuto mentre il numero di donne che ricoprono cariche nel mondo imprenditoriale si è ridotto dello 0,46%, perdendo quasi 12mila posizioni, tra dicembre 2019 e dicembre 2021. Ciò è dovuto a un calo consistente tra le socie (circa 19mila in meno) e le titolari di imprese individuali (-7mila). Segno delle difficoltà che stanno attraversando in particolar modo le imprese minori.

E nelle Marche? Beh, qui, il numero di donne che ricoprono cariche è diminuito dell’ 1,9%. Anche le imprese marchigiane a titolarità femminile, rispetto al periodo pre covid, sono diminuite di 1,4 punti percentuali (a dicembre 2021 erano 38.297 contro le 38.825 del dicembre 2019).

Federica Capriotti

È comunque fiduciosa Federica Capriotti, neo consigliera che in Camera Marche rappresenta il settore dell’Industria, con un’incidenza di imprese femminili del 21,5%. «I dati relativi all’industria mostrano una percentuale di aziende femminili sul nostro territorio in linea con la media. Questo – rileva Capriotti – è particolarmente incoraggiante considerando la prevalenza, in provincia di Ancona, di aziende appartenenti al settore meccanico, storicamente appannaggio del mondo maschile. Altro discorso per i ruoli manageriali: in Italia e nelle Marche il numero delle donne che accedono a posizioni di vertice o di rilevante responsabilità manageriale è ancora inferiore rispetto a molti altri Paesi. Rimango però convinta – conclude Capriotti – che le differenze di genere costituiscano una risorsa e vadano riconosciute e correttamente utilizzate per lo sviluppo delle imprese. Da diverse fonti arriva il messaggio che le aziende con governance mista sono più competitive e reagiscono meglio alle crisi: la strada per la parità di genere è ancora lunga, ma i primi passi si stanno muovendo nella giusta direzione».

Anche nel Commercio la presenza di imprese a titolarità femminile è allineata a quella media italiana e regionale, con un’incidenza del quasi 24%.

A rappresentare il comparto, nel Consiglio di Camera Marche, c’è pure Teresa Biancucci. «L’impresa, la famiglia, la pandemia, la guerra. Un periodo più complicato credo sarebbe difficile da immaginare – riflette Biancucci –. Vedo che le donne sono sempre in prima linea. Le attività commerciali, molte delle quali gestite da donne, sono in un momento di grande crisi economica, ma continuano a mantener fede a tutti gli impegni aggiungendone anzi di nuovi. Il grande impegno per la solidarietà nei confronti dei profughi ucraini ne è una dimostrazione – commenta Biancucci –. In questi giorni difficili, dobbiamo concentrarci sul serio per coltivare il valore della pace e della solidarietà».

Daniela Barbaresi

«Nelle Marche, solo una lavoratrice su tre può contare su un lavoro a tempo pieno e indeterminato e una retribuzione stabile e dignitosa, mentre gli uomini con un lavoro stabile e a tempo pieno sono i due terzi dei lavoratori». Lo dice senza mezzi termini, Daniela Barbaresi, segretaria generale della Cgil Marche, che nel Consiglio camerale porta le istanze delle organizzazioni sindacali.

Per lei, l’accento è su diseguaglianze salariali, part time e presenza delle donne in comparti dove il lavoro è meno pagato: «Nel 2020 – fa Barbaresi – 900 donne hanno perso il lavoro, 26mila lo cercano senza trovarlo, o a fronte di offerte precarie. Nello stesso anno, quasi 800 donne, a tre anni dalla nascita di un figlio, hanno rassegnato le dimissioni. Sono numeri, questi, che devono far ragionare e portare a soluzioni immediate. La qualità del lavoro va valorizzata. Prendiamo il calzaturiero, settore prezioso e in crisi: il saper fare delle artigiane alla base dei prodotti di qualità, va riconosciuto e adeguatamente remunerato».

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