Ancona-Osimo

Autunno all’insegna delle pandemie? Giacometti: «Nei Paesi più popolosi il picco deve ancora arrivare»

Dalla peste suina che sarebbe in arrivo dalla Cina, all'Organizzazione Mondiale della Sanità che dice che il peggio dell'emergenza coronavirus deve ancora arrivare. Cosa ci aspetta in autunno? Lo abbiamo chiesto all'infettivologo Andrea Giacometti degli Ospedali Riuniti di Ancona

ANCONA – Si concentra sempre di più l’attenzione sui virus in Italia e sul rischio di nuove pandemie. Il coronavirus non ha fatto neanche in tempo a sparire che già si prospettano nuove pandemie in vista dell’autunno. A destare preoccupazione nelle ultime ore è la notizia secondo cui dalla Cina sarebbe in arrivo un virus simile a quello dell’influenza H1N1 che nel 2009 causò la cosiddetta influenza suina, compiendo un salto di specie dall’animale all’uomo.

Anche se il virus al momento non sembra in grado di trasmettersi da uomo a uomo, dopo aver contagiato alcuni allevatori in Cina, la notizia ha già messo in apprensione quelle fasce della popolazione che sono già state messe a dura prova dal lockdown.
Insomma, ci aspetta davvero un autunno alle prese con nuove pandemie oltre alla temuta seconda ondata di coronavirus? Se da un lato il fatto che ci aspettano nuovi casi di coronavirus sembrerebbe quasi scontato è l’arrivo concomitante di nuove epidemie che suscita timore.

«Da molti anni si paventa un salto di specie nei ceppi di virus influenzali, una o più mutazioni importanti, le cosiddette “switch”, che, lo sappiamo bene, ogni 10-20 anni determinano pandemie – spiega il professor Andrea Giacometti, primario della Clinica di Malattie Infettive degli Ospedali Riuniti di Ancona -. L’ultima è stata, nel 2009, quella causata dall’influenza “suina”, dovuta a un ceppo mutato di H1N1. Il ceppo descritto dai ricercatori cinesi ancora non si trasmette da uomo ad uomo, quindi non ha ancora subito quelle mutazioni necessarie per permetterne il passaggio animale ad uomo».
Su quando potrà ipoteticamente verificarsi questo passaggio il primario spiega che non è dato saperlo, perché non è detto che potrà necessariamente verificarsi quest’anno, potrebbe infatti esserci un salto di specie magari «fra 10 anni».

Andrea Giacometti, professore di Malattie Infettive e Pneumologia presso l’Università Politecnica delle Marche


L’altra notizia che ha suscitato preoccupazione arriva dall’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità che, per voce del direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus, fa sapere in sostanza che il peggio deve ancora arrivare e che la pandemia è ancora lontana dalla fine. Secondo l’Oms, infatti, la nuova normalità sarà convivere con il virus, una convivenza forzata che per l’Organizzazione Mondiale della Sanità richiederà ancora più resilienza, pazienza e generosità.

Una dichiarazione, quella di Tedros Adhanom Ghebreyesus, che secondo l’infettivologo Giacometti va letta in chiave planetaria e «non tanto a livello locale o nazionale». Secondo il primario, infatti, «in Italia molti ritengono che il peggio sia passato e che in caso di seconda ondata saremo preparati, ma a livello mondiale il picco nei Paesi più popolosi e con meno risorse deve ancora essere raggiunto. A fine pandemia i numeri dei contagiati e decessi saranno ben più alti di quelli attuali».

Come se non bastasse in Italia c’è anche la notizia del lyssavirus (la cosiddetta rabbia) che in Toscana ha infettato un gatto, poi deceduto, ma che nel frattempo avrebbe avuto modo di mordere alcune persone. «È un caso estremamente raro di trasmissione del virus della rabbia – rassicura Giacometti -. Probabilmente il serbatoio è costituito anche in questo caso dai pipistrelli che, in qualche modo, avrebbero infettato il gatto. La rabbia da anni non era più presente in Italia. Probabilmente è rientrata attraverso animali provenienti dal Nord o dall’Est Europa. Comunque non siamo ancora sicuri che il gatto abbia infettato le persone che è riuscito a mordere».

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