Ancona-Osimo

AstraZeneca, tra paura e scienza. Giacometti: «Il Covid fa correre molti più rischi del vaccino» – VIDEO

Lo stop and go del siero anglo-svedese ha suscitato diffidenza in una parte della popolazione per il timore di reazioni avverse. Ne abbiamo parlato con l'infettivologo

Andrea Giacometti

ANCONA – Il possibile rischio di trombosi dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca ha spinto in questi giorni il Comitato Tecnico Scientifico ad indicare la somministrazione del siero anglo-svedese negli over 60, ribaltando di fatto la fascia d’età per cui era stato inizialmente consigliato (under 55), dopo averne allargato successivamente l’impiego a tutte le fasce d’età dopo i 18 anni.

Uno stop and go che ha suscitato diffidenza in una parte della popolazione, che ora guarda con timore a questo vaccino, arrivando in certi casi a rinunciare all’inoculazione per il timore di reazioni avverse. Timori comprensibili, ma ingiustificati dal punto di vista delle statistiche, come evidenzia il professor Andrea Giacometti, primario della Clinica di Malattie Infettive degli Ospedali Riuniti di Ancona.

«Normalmente gli eventi trombotici sono più comuni negli anziani – afferma -; in questo caso c’è stata la segnalazione di eventi simili, anche gravi, in soggetti giovani. Bisogna vedere se la percentuale rispetto alla popolazione normale varia: se c’è un aumento nei vaccinati c’è il sospetto che possa essere correlato al vaccino».

Le statistiche attuali però, stando a quanto riferisce il primario, parlano complessivamente di «circa una trentina di casi di trombosi» in Europa, in cui il legame con il vaccino sarebbe in qualche modo plausibile, numeri che seppur bassi spaventano. «Se c’è una correlazione nei soggetti più giovani con il vaccino AstraZeneca, sembra che il siero riesca a slatentizzare qualche problema che c’era in rarissimi soggetti. Ma quello che probabilmente è vero è che se questi soggetti avessero contratto la vera infezione da covid-19, gli eventi sarebbero stati anche maggiori».

Insomma, secondo l’infettivologo il vaccino non farebbe altro che «evidenziare prima qualcosa che sarebbe successo lo stesso». Il primario ammette: «probabilmente c’è stato, è vero, un piccolo incremento di questi eventi nei soggetti sotto i 50 anni, ma eventi che sono 1 su 1 milione di vaccinati, quando però nella popolazione di controllo dovrebbero essere 0,2 ogni milione. In ogni caso – precisa – si tratta di eventi rarissimi che, rispetto ai benefici apportati dal vaccino nella massa grande della popolazione, sono veramente insignificanti».

Nella bilancia rischi-benefici secondo il primario l’asticella punta dritta verso i benefici, per questo aggiunge che «se lasciamo andare avanti così l’epidemia prima o poi lo prendiamo tutti». «Direi di vaccinarsi», spiega, invitando a non rinunciare all’inoculazione del siero anglo-svedese, perché «la malattia fa correre molti più rischi rispetto al vaccino».

Secondo l’infettivologo è giusta l’indicazione di suggerire il vaccino agli over 60, «non perché siano sacrificabili, come qualcuno ha inteso, ma perché stranamente negli anziani questi fenomeni non sono più frequenti rispetto alla popolazione generale».

Il primario a chiare lettere afferma che «l’anziano non rischia con il vaccino», ma rischiano di più i giovani, perché «probabilmente nelle persone giovani il sistema della coagulazione del sangue riconosce qualcosa di anomalo».

Tra le ipotesi, quella che con il vaccino AstraZeneca, avvalendosi dell’involucro dell’adenovirus dello scimpanzé, «il sistema immunitario non ancora maturo dei giovani riconosca in modo strano questo involucro, mentre forse l’anziano riesce ad essere un po’ più esperto, più saggio nel gestire questo incontro con gli adenovirus».

Volendo fare dei controlli medici prima della somministrazione per essere più tranquilli di non incorrere in reazioni avverse quali potrebbero essere? «Secondo l’Aifa (Agenzia italiana per il farmaco) non serve fare nulla, non è stato dimostrato che ci sia un esame utile da poter fare preventivamente. In ogni caso le persone che hanno superato i 65 anni di età, una volta l’anno dovrebbero sottoporsi ad un prelievo ematico per controllare i valori di emocromo, Pt (tempo di protrombina, ndr) e Ptt (tempo di tromboplastina parziale, ndr), che valutano la coagulazione del sangue».

«Chi prende farmaci anticoagulanti, come cardioaspirina e coumadin, come ad esempio chi ha l’aterosclerosi o chi ha avuto infarti – conclude – , non li deve smettere prima di fare il vaccino perché semmai proteggono, in quanto si prescrivono proprio per prevenire le trombosi».

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