Ancona-Osimo

Ascoli, 80 anni dall’eccidio di San Marco: «Mio padre Italo, deportato, si salvò lanciandosi dal treno in corsa» – Le FOTO

L’unica cosa di cui si rammarica Nicoletta, figlia di Italo, è che al loro posto i nazifascisti fecero salire dei civili: «Cosa mi ha insegnato mio padre? Un grande senso della patria e dello Stato»

Il comandante partigiano Italo Petrelli

ASCOLI PICENO – Ottant’anni fa l’eccidio del Colle San Marco. A ripercorrere quei momenti, dal palco della Bottega del Terzo Settore ad Ascoli, in corso Trento e Trieste, oggi (3 ottobre), alle 18, la figlia del conosciutissimo Italo Petrelli, Nicoletta, che ha scritto una toccante testimonianza nel nuovo libro di Alessandra Maltoni, Innesti di memoria Sulle orme di una scelta 2.

Il padre di Nicoletta, comandante partigiano, ebbe un ruolo fondamentale nella Resistenza ascolana. Accanto a lei, per l’occasione, pure Elisa Zedde (arrivata dalla Sardegna), nipote di Antonio Cossu, catturato al Colle e poi massacrato a Civitella del Tronto. Il libro di Maltoni, scrittrice anconetana, ripercorre storie di vita quotidiana in tempo di guerra.

Alessandra Maltoni

A ricordare quel 3 ottobre, è Pietro Perini, presidente della sezione di Ascoli dell’Anpi (l’associazione nazionale partigiani italiani, ndr): «I tedeschi furono sconfitti il 12 settembre ‘43, quattro giorni dopo l’armistizio. Ma quella vittoria dei partigiani sui tedeschi passò come una sconfitta, anzi – si corregge – come un pareggio. Già perché l’allora comandante della guarnigione militare cedette ai ricatti dei nazisti. Gli dissero che se non avesse liberato i prigionieri, sarebbero arrivati su Ascoli con dei mezzi super pesanti e l’avrebbero rasa al suolo».  

Così, il comandante li riarmò, «i prigionieri se ne andarono, ma tornarono il 3 ottobre». Il resto è storia. Storia di un massacro, quello di Colle San Marco, frazione ascolana dove i combattimenti provocarono diversi morti. Tra i prigionieri che andavano fucilati, pare ci fossero anche Italo Petrelli e altri suoi compagni.

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Antonio Cossu

Poi, però, il destino prese un’altra piega, come racconta la figlia, Nicoletta: «Mio padre e altri partigiani furono caricati su un treno merci diretto ad un campo di concentramento in Germania – racconta la figlia, Nicoletta – Probabilmente, i tedeschi avevano bisogno di forza lavoro, tanto che quando si lanciò dal treno caricarono dei civili sui vagoni».

Ma andiamo con ordine: Italo e altri 5 vengono fatti salire sul treno per la morte. Il destino è scritto, nessuno può salvarsi. Ma qualcuno avvisa la madre di Italo, che corre a informare Giulio Maltoni, zio di Italo, che era ormai a tutti gli effetti un deportato. È Giulio ad avere un intuito formidabile e a salvare Italo.

«Con una scusa, Giulio arriva in stazione e riesce a salire sui vagoni. Dice che vuole sfamare la gente, portò tovaglie e viveri per gli italiani e i tedeschi». Giulio in realtà vuole salire sul treno per consegnare al nipote uno scalpello e permettergli di fuggire: «Sì, riesce a darlo a mio padre, che all’altezza di Ancona rompe le travi del vagone e si getta dal treno in corsa».

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Italo e i suoi compagni, tutti abbastanza robusti e possenti, sono feriti. D’altronde, non sarebbe potuto essere diversamente, dato che quei 6 ragazzi si sono lanciati da un treno in corsa, sui binari roventi. Ma non è poi andata così male. In fondo, sono salvi, pare. Neppure la guardia tedesca col fucile spianato alla fine del convoglio si è accorta di loro. «Altrimenti – riflette Nicoletta – li avrebbe fucilati».  

L’unica cosa di cui si rammarica la figlia di Italo è che al loro posto i nazifascisti fecero salire dei civili: «Ecco perché le dicevo che forse i tedeschi avevano bisogno di forza lavoro. Perché appena si accorsero che i conti non tornavano, presero dei civili. Se ci pensiamo, è molto triste. Cosa mi ha insegnato mio padre? Un grande senso della patria e dello Stato, era un uomo di una onestà incredibile».

Italo, l’uomo più decorato di Ascoli per via della sua carriera militare, fece la storia a capo delle brigate partigiane dell’epoca. Brigate che, vale la pena ricordarlo, furono aiutate anche da un giovanissimo Carlo Alberto Dalla Chiesa, il generale che sconfisse le Brigate rosse, ma che venne ucciso dalla mafia.

Il libro di Maltoni può essere acquistato alla libreria Rinascita di piazza Roma, ad Ascoli, ma anche da Fogola, ad Ancona.

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