Ancona-Osimo

L’Argentina stoppa i rimpatri, il calciatore Pego bloccato a Falconara

Il giocatore sudamericano del Cus Ancona racconta la sua “quarantena”: «Ridicolo lamentarsi con quello che succede fuori. In Argentina sarebbe una catastrofe»

Mariano Daniel Pego, argentino in forza al Cus Ancona calcio a 5

FALCONARA – L’emergenza Coronavirus ha sospeso i campionati, vietato gli allenamenti e spesso anche impedito il rientro in patria. È il caso di Mariano Daniel Pego, argentino del Cus Ancona Calcio a 5, la squadra dorica che milita nel campionato nazionale di serie B.

L’Argentina ha bloccato i voli con tutti i Paesi a rischio Coronavirus, tra cui ovviamente l’Italia, e per Pego è stato impossibile fare ritorno a casa. «Sono in contatto con il Consolato – racconta – ancora non ci sono voli per il rimpatrio, però hanno messo a disposizione un modulo da compilare per chi vuole rientrare. Al momento non so quando la situazione si sbloccherà, giustamente si darà priorità ad anziani, donne incinta e chi in questo momento ha più bisogno».

Al momento Mariano Pego vive nell’appartamento a Falconara che la società gli ha messo a disposizione e che fino a dieci giorni fa divideva con l’uruguagio Diego Pastorizia, l’altro straniero in forza al Cus Ancona, poi riuscito a far rientro nel proprio Paese. «Non mi posso lamentare – spiega – devo solo ringraziare mister Battistini, il presidente e tutti i compagni di squadra perché non mi hanno fatto mancare nulla».

C’è però nostalgia di casa, di quell’Argentina dove sono rimasti gli affetti più cari. «Anche se sono in Italia da 10 anni l’Argentina è il mio Paese – ci spiega –. Lì vivono i miei genitori e due nipoti, Lorenzo di 9 anni e Indiana di 5, a cui sono molto legato. Quando finisce il campionato torno sempre per rivederli e stare con loro. Il maschio gioca al San Lorenzo nel calcio a 11 e anche a Futsal in una squadra del quartiere».

Le giornate di solitudine in Italia passano attraverso allenamenti fatti in casa e videochiamate con gli amici sparsi per il mondo. «Non ho gli attrezzi della palestra e devo ingegnarmi – ci dice – ho creato un percorso con degli ostacoli fatti utilizzando le scatole delle scarpe e con una palla faccio dribbling, poi scatti e allunghi nella terrazza del palazzo, oppure sfrutto i gradini delle scale sia in salita che in discesa». Per uno sportivo la quarantena è ancora più difficile da sostenere ma Mariano Pego non fa drammi. «Ovviamente all’inizio mi sentivo come in carcere – commenta – soprattutto per uno come me abituato agli allenamenti, a uscire sempre con gli amici, a non stare mai dentro casa. Però è ridicolo lamentarsi con tutto quello che sta succedendo. Una settimana fa il padre di un mio ex compagno di squadra è morto per il Coronavirus. E tanti altri piangono parenti che non ci sono più. A noi in fondo dicono solamente di restare in casa».

L’ultimo pensiero è ancora per la sua Argentina e i timori che la pandemia possa diffondersi anche nel Paese sudamericano. «Lì i numeri non sono alti come in Italia – spiega – però il problema è che ancora la gente sottovaluta il pericolo. Una settimana fa il Presidente ha messo i militari nelle strade, ti tolgono la patente e rischi la galera se esci senza un valido motivo. In una settimana abbiamo avuto più arresti che contagiati. Spero davvero che il virus là non si diffonda. A livello di sanità siamo 10 anni indietro rispetto all’Italia e ci sono ancora favelas e quartieri poverissimi. Se in Argentina succedesse un quarto di quello che sta accadendo in Italia, sarebbe una catastrofe».

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