Ancona-Osimo

L’arcivescovo Spina nella sinagoga di Ancona: confronto tra Pereq Shirà e Cantico delle Creature

Per la prima volta l'arcivescovo di Ancona-Osimo ha visitato il tempio di via Astagno. Durante l'incontro sono stati approfonditi un testo mistico ebraico e il Cantico di frate Sole scritto da san Francesco di Assisi

ANCONAPer la prima volta monsignor Angelo Spina, arcivescovo metropolita di Ancona-Osimo, ha visitato la Sinagoga sefardita di via Astagno e l’occasione è stata la presentazione dell’edizione italiana di un antico scritto mistico ebraico, il “Pereq Shirà”. Nello spirito del dialogo ebraico-cristiano, domenica 17 novembre, l’arcivescovo ha partecipato all’incontro e ha fatto un confronto tra l’antico testo ebraico e il Cantico delle Creature di san Francesco, nella ricorrenza degli 800 anni dalla partenza del santo dal porto di Ancona per l’Oriente.

Il Pereq Shirà, Capitolo del Canto o Cantico della Creazione, è uno dei testi più antichi e importanti, anche se poco conosciuto, della tradizione ebraica. È una raccolta di lodi al Creatore in cui gli elementi naturali, il mondo vegetale e animale, sono i protagonisti.

La visione antropocentrica viene ribaltata e in ciò dimora il carattere rivoluzionario del testo, ancora straordinariamente attuale: il rapporto equilibrato tra esseri umani e tra umanità e ambiente quale unica forma di progresso sostenibile e di spiritualità.

«Abbiamo desiderato tanto questo incontro – ha detto Manuela Russi, presidente della Comunità ebraica di Ancona – nella dimensione speciale del dialogo ebraico-cristiano che è una conquista preziosa e abbiamo il dovere morale e religioso, da entrambi le parti, di mantenerlo e alimentarlo. Benvenuto di cuore Mons. Angelo Spina. Ancona ha una lunga tradizione di dialogo ebraico-cristiana e, con la sua nomina, questa tradizione si è rinnovata e sicuramente proseguirà ancora a lungo».

«Nel Pereq Shirà – ha detto l’arcivescovo – ogni verso è un canto di lode al Creatore eseguito dai vari elementi naturali, dalle piante e dagli animali. Gli ottantaquattro elementi della natura presenti nel testo intonano un canto all’unisono che proclama l’unità e l’unicità di Dio. Quest’opera dà un grande insegnamento. Quale è il ruolo dell’essere umano nella natura? L’essere umano è un ospite che ha il dovere di custodire e di proteggere ciò che è stato creato a suo vantaggio. Il lavoro dell’essere umano è quello di custodire e di coltivare sia il “campo” materiale, che l’invisibile “campo” spirituale. Questi campi sono stati affidati agli uomini, non imposti: esercitando il libero arbitrio possiamo scegliere se ascoltare o no, costruire o distruggere, progredire o regredire».

Da sin. Manuela Russi, Vittorio Robiati Bendaud, Mons. Angelo Spina

Monsignor Spina ha poi confrontato questo testo con il Cantico delle Creature, scritto nel 1225 da san Francesco di Assisi nella chiesetta di San Damiano, considerato uno tra i primissimi componenti poetici in italiano volgare.

«Nel Cantico – ha spiegato – Francesco elogia le creature non tanto in sé, quanto perché sono immagine di Dio e simboli della realtà trascendente. L’immagine del mondo che ne risulta è serena e armoniosa, grazie alla fratellanza di tutte le creature che vengono personificate, considerate tutte con la medesima importanza. Il Cantico delle creature è una lode a Dio, al suo operato, alla vita stessa. La natura, che viene qui descritta con amore e gratitudine, riflette l’immagine del Creatore. Un forte senso di fratellanza è percepibile tra l’uomo e tutti gli elementi e le creature dell’universo. In un atteggiamento di umiltà e riconoscenza, Francesco d’Assisi rende grazie al Signore per il creato tutto, senza tralasciare le creature viventi, gli elementi naturali e i fenomeni meteorologici. Il Cantico, in un mondo dove continuamente vengono costruiti steccati, rappresenta senz’altro la strada per costruire ponti. Una via per abbattere le barriere e accogliere l’altro come “fratello” e “sorella”. Questo Cantico ci invita a non vedere l’altro come estraneo da noi, ma come fratello, cioè come colui che ha origine dallo stesso grembo. Apre alla fratellanza universale. Un canto che propone una ecologia integrale, quella ambientale e quella umana, insieme. L’ incontro di amicizia di questa sera, con Pereq Shirà e con il Cantico delle Creature, ci aiuti a vivere l’amicizia e la fratellanza nella pace».

Vittorio Robiati Bendaud, coordinatore del Tribunale rabbinico del Centro nord Italia, ha approfondito il Pereq Shirà e ha spiegato che «è un libro antico, di cui si ha memoria già nel Medioevo. In Italia circolava sicuramente precedentemente alla composizione meravigliosa del Cantico delle Creature. È un inno molto caro alla tradizione ebraica, quindi mistico, di natura cabalistica, dove tutte le creature tributano lode a Dio. È un Cantico che si recitava normalmente durante la preghiera comunitaria. Nel libro ci sono 84 voci che lodano Dio in sei giorni. Se noi pensiamo alla natura cogliamo Dio nella sua immensità, nella sua forza, perché contempliamo il Creatore. Entrambi i testi, il Pereq Shirà e il Cantico delle Creature, ci fanno riflettere sul nostro rapporto con il Creato».

Al termine dell’incontro, l’arcivescovo ha regalato a Vittorio Robiati Bendaud e a Manuela Russi il libro “Itinerari francescani nelle Marche, terra dei Fioretti”, scritto dal Ministro provinciale dei frati minori delle Marche padre Ferdinando Campana, e ha ricevuto in dono un certificato che recita: “Sette alberi sono stati piantati sulle colline di Gerusalemme in onore di S.E. Mons. Angelo Spina, arcivescovo metropolita della Diocesi di Ancona e Osimo. Con Amicizia, la Comunità ebraica di Ancona”.

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