Ancona-Osimo

Ancona, l’appello dalla Mensa del Povero: «La pandemia riduce i volontari. Servono giovani, idee e creatività»

Gli operatori di Padre Guido: «C'è bisogno di cuori e di braccia. Giovani, vi aspettiamo. Il volontariato vi apre un mondo». Abbiamo incontrato chi presta servizio tra gli ultimi

Mensa del povero
Lunghe code alla Mensa di Padre Guido, in corso Mazzini ad Ancona

ANCONA – «Questa gente ha bisogno di noi. Cosa mi insegnano i poveri? L’umiltà» evidenzia Teodora Amendola, per tutti Dora. Lei, ex insegnante romana, sulla carta d’identità riporta un’età che supera gli 80, ma ha più energia di un 20enne. Dora racconta di essersi «trasferita ad Ancona per amore», ora fa volontariato alla mensa del povero quasi tutti i giorni. Tutti i giorni, instancabilmente, a consegnare cibo, dispensando gentilezza ai bisognosi.

«I poveri hanno bisogno di essere capiti e di scherzare, non solo di mangiare. Io sono molto rigida – prosegue Dora – ma non ho mai litigato con nessuno di loro». Sono centinaia le persone che ogni giorno si rivolgono alla mensa.

Gli operatori nella cucina di Padre Guido

«Non c’è solo chi non ha i soldi per mangiare, c’è anche chi si rivolge a noi semplicemente per stare in compagnia e non rimanere solo a casa» sottolinea suor Settimia, la madre superiora. «La pandemia – continua – ha acutizzato la crisi. Ora, magari, si rivolgono a noi persone che hanno perso il lavoro a causa del covid».

È sempre la pandemia ad aver inferto un duro colpo alla socialità, tanto che – per la carenza di spazi – non si pasteggia più seduti ai tavoli di via Padre Guido, ma si organizza l’asporto. «Abbiamo in mente di organizzare attività culturali, se solo avessimo più giovani e creatività a disposizione».

Fabio, operatore della Caritas al tendone della stazione, in via Flaminia 52, controlla la temperatura a tutti e scheda gli ingressi. Con lui, un suo collega: «In due si fa prima, la gente è tanta».

Accanto a lui, qualche volta, c’è Thomas Agostinelli, con alle spalle un passato da volontario in una pubblica assistenza locale. Thomas, 31 anni, lavora alla mensa di corso Mazzini, è un volto conosciuto e apprezzato.
«Invito i giovani a provare l’esperienza del volontariato. A me – dice – ha fatto crescere molto. Mi ha fatto capire cosa volessi dalla vita». Agostinelli studia infermieristica all’Università politecnica delle Marche e «prima di fare il volontario il mestiere d’infermiere – spiega – era l’ultimo che volessi fare».

Dora Amendola, una delle storiche volontarie di Padre Guido

«Cosa consiglio ai giovani? Di buttarsi, di lanciarsi. Guardate – sottolinea – che il volontariato permette di abbattere tanti pregiudizi. Bene desiderare di fare esperienze all’estero, ma c’è anche in Italia chi ha bisogno del nostro aiuto». E Thomas, questo, lo sa bene, coi suoi tredici anni al fianco dei bisognosi.

«Come diceva padre Guido, c’è bisogno di cuori e di braccia. La pandemia – dicono dalla Mensa del povero – ha allontanato molti volontari anziani che ora si guardano bene dal venire a dare una mano, perché – giustamente – la popolazione fragile è quella che rischia di più nello stare a contatto con la gente».

Insomma, c’è bisogno di giovani. Riprende Thomas: «Il volontariato mi ha fatto persino conoscere la mia ragazza». Il terzo settore «ti apre un mondo sconosciuto. Prestando servizio sulle ambulanze, ho visto da vicino le lacune della sanità. E alla Mensa del povero ho toccato con mano l’importanza di non sprecare cibo».

I volontari e gli operatori della struttura di corso Mazzini tentano di far sentire a casa gli ultimi, gli invisibili: «Nel mio piccolo, provo a ricordarmi i nomi di tutti. Chi è in fila in attesa di un pasto ha una dignità che va rispettata. Non si giudicano queste persone, che spesso provano vergogna nel rivolgersi a noi» sottolinea Agostinelli.
«Il rapporto coi poveri non sta solo nell’allungare una busta con del cibo, ma nel salutare chi non è abituato a farlo. Perché la povertà non è solo economica, è anche sociale».

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