Ancona-Osimo

Violenza e sfruttamento sessuale sulle migranti: abusi in crescita

Nelle Marche uno dei più fiorenti mercati del sesso a pagamento si trova tra Ascoli Piceno e Teramo. Qui opera l'associazione "On the Road" che fornisce rifugio e sostegno grazie ai volontari. Ecco il loro racconto

ANCONA – Botte, stupri, maltrattamenti, sfruttamento sessuale e rapine. La violenza e gli abusi sulle migranti e rifugiate è un fenomeno in crescita. Donne in fuga dai loro paesi per sfuggire a maltrattamenti e soprusi, ma che una volta giunte in Italia continuano a subire brutalità. Un viaggio della speranza, il loro, che si trasforma fin da subito in un incubo. Molte nigeriane appena sbarcate in Italia vengono costrette a prostituirsi. Secondo una stima dell’Oim-Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, circa l’80% delle donne nigeriane arrivate in Italia nel 2016 è stata vittima di traffici per lo sfruttamento sessuale in Italia o in altri paesi europei. Un fenomeno in forte crescita: tra il 2014 e il 2016 infatti il numero di donne provenienti dalla Nigeria è passato da 1.500 a oltre 11.000. Un grave crimine, quello della tratta di esseri umani, che nelle Marche è più presente di quanto si possa credere. Basta pensare alla tristemente nota “Bonifica del Tronto”, quel lembo di terra nell’ascolano, che si estende lungo il Tronto sia nel territorio di Ascoli Piceno sia in quello di Teramo. Una decina di chilometri “maledetti”, al confine tra Marche e Abruzzo, dove di fatto è presente uno dei più fiorenti mercati del sesso a pagamento. Un’attività incessante che si svolge anche in pieno giorno.

«Donne reclutate nel loro paese di origine con la promessa di un bel lavoro e di soldi», spiega Suor Charo Bolanos, una delle fondatrici dell’associazione On the Road, attiva nel contrasto delle tratte di esseri umani. La religiosa, della Congregazione delle Oblate del Santissimo Redentore, ogni giorno combatte con altre due sorelle e con i volontari e gli educatori delle case di accoglienza contro queste forme di abuso. «Le donne vittime di sfruttamento sessuale sono principalmente nigeriane, ma tra loro si sono anche ragazze dell’Est Europa, della Romania, dell’Albania e del Sud America. Alcune lo fanno per soldi ma molte sono costrette a prostituirsi – spiega Suor Charo – E sono molti gli episodi di violenza: gli sfruttatori le picchiano se non portano a casa i soldi e a volte non le fanno né mangiare né dormire».

L’associazione On The Road, nata nel 1993 per dare aiuto alle donne sulla strada, ha due case di accoglienza nelle Marche che forniscono sostegno a donne e uomini vittime di tratta e sfruttamento anche nel lavoro e accattonaggio: una ad Ascoli Piceno e una a San Benedetto, ma sulla loro sede precisa c’è il massimo riserbo, proprio per garantire alle ragazze una maggiore protezione. Non solo donne sfruttate sessualmente, le case accolgono anche i ragazzi immigrati richiedenti asilo e sfruttati sul lavoro.

Da sinistra Asmae Dachan, Andrea Braconi, Marian Lambert (direttrice del CVM di Porto San Giorgio) e Suor Charo Bolanos, nel corso di un convegno sulla violenza contro le migranti tenutosi domenica 18 novembre a Porto San Giorgio

«Queste donne rappresentano un business fiorente non solo per i loro sfruttatori – sottolinea Suor Charo – ma anche per chi affitta loro appartamenti in nero a prezzi molto alti, per i tassisti che le trasportano e per i bar della zona. Non solo: sono costrette addirittura a pagare alla criminalità il tratto di strada dove si prostituiscono». Molte provano a scappare ma non ci riescono. «Noi cerchiamo di aiutarle a venire fuori dalla situazione in cui si trovano, accogliendole e inserendole in progetti di formazione orientati al lavoro e in tirocini formativi – evidenzia la religiosa – Le facciamo studiare la lingua e offriamo loro supporto psicologico e quando necessario anche un gruppo terapeutico».

Attività a sostegno di queste donne basate unicamente sul volontariato e su contributi economici da parte di altre associazioni di volontariato, della stessa Congregazione, del Vescovo e di donazioni spontanee da parte di cittadini generosi. Tuttavia, nonostante si sia sviluppata una rete sociale che le aiuti, la maggior parte delle persone non comprendono il dramma vissuto da queste donne che sono addirittura oggetto di scherno. «È capitato più volte che alcuni ragazzi le abbiamo prese in giro tirandogli uova addosso. Una goliardata che mettono in pratica durante i giri in auto a caccia di prostitute», spiega Suor Charo.

«Gli uomini sono stati educati dalle donne, allora perché fanno violenza alle donne? – si chiede la religiosa –  Quando si educa occorre mettere dei limiti, far capire che l’autonomia è anche relazione e che nelle relazioni ognuno ha una propria volontà ed è libero. Ho lavorato molto con i tossicodipendenti e da questa esperienza ho imparato che spesso i genitori non educano, ma concedono tutto. Il problema è che poi i ragazzi non si abituano a chiedere se hanno sempre tutti i bisogni coperti».

All’estero sono moltissime le violenze specie nei contesti di guerra. «Donne e bambini in Siria, Yemen e Nigeria sono esposti alla violenza di genere come arma di guerra», spiega Asmae Dachan, giornalista e scrittrice che si divide tra Siria e Italia proprio per raccontare queste storie terribili. E di storie nel corso degli anni Asmae ne ha raccolte tantissime e le ha messe nero su bianco in alcuni libri, l’ultimo dei quali si chiama “Il silenzio del mare” finalista al Premio Mattarella. Bombardamenti, spari di cecchini, assedi, immigrazione forzata e permanenza nei campi profughi sono le violenze a cui vengono sottoposti i civili.

«L’Alto Commissariato Onu per i diritti umani ha realizzato un dossier dove ha raccolto dati e testimonianze importanti sull’utilizzo da parte di tutti i combattenti presenti in Siria, regime, Isis e ribelli, degli stupri di gruppo o singoli contro donne e minori, come armi di guerra – spiega la giornalista – Non episodi isolati ma azioni sistematiche che causano danni alla persona sia a livello fisico sia psicologico. Finché queste persone rimangono in Siria, dove ancora oggi, seppur in maniera limitata, si bombarda e si muore, non hanno la possibilità di accedere a percorsi di sostegno psicologico. Va un po’ meglio per quei bambini siriani che riescono a raggiungere altri paesi dove magari attraverso l’Unicef o altre realtà si possono inserire in percorsi dove sono aiutati e in qualche modo sostenuti».

Violenze che poi proseguono anche nei paesi dove i rifugiati si trasferiscono. «Spesso le persone migranti vengono da contesti dove i diritti umani sono violati sistematicamente – conclude Asmae – per cui capita spesso che all’interno della stessa comunità gli uomini, per una questione culturale, siano più prepotenti nei confronti delle donne e abbiano un malinteso senso della parola “onore”. Ci sono delle realtà che purtroppo sono difficili da penetrare e ancor più difficili da cambiare. L’unica speranza si ha quando si fanno dei percorsi di integrazione reale. Solo così queste persone si aprono e si lasciano anche aiutare e la violenza in qualche modo emerge».

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