Ancona-Osimo

Intesa con medici di famiglia per i vaccini. Ispi: «Italia tra gli ultimi in Ue per somministrazioni over 80»

Parla il presidente Fimmg Massimo Magi che sottolinea però la carenza di dosi sul territorio. E poi l'analisi dell'Istituto per gli studi di politica Internazionale sulla situazione in Europa

Immagine di repertorio

ANCONA – Stretta a livello nazionale l’intesa con i medici di medicina generale. Si tratta del protocollo che consentirà il coinvolgimento dei medici di famiglia nella campagna vaccinale contro il covid-19: un accordo importante perché permetterà una vaccinazione più capillare sul territorio allentando la pressione dei comparti sanitari impegnati nelle somministrazioni.

«Grazie al protocollo si potenzia il numero delle strutture coinvolte nella vaccinazione che non saranno più i soli 15 punti vaccinali, ma vedranno in campo anche gli ambulatori dei medici di famiglia», spiega Massimo Magi, presidente regionale Fimmg, Federazione Italiana Medici di Medicina Generale.

Le modalità organizzative restano però in capo alle singole regione, puntualizza il medico. Una volta siglata l’intesa con la Regione quindi si potrà partire con la vaccinazione in pochi giorni.

«È un modello che abbiamo già rodato – spiega – vaccinando le Rsa e le case di riposo. Ricordo che le Marche sono state la prima Regione a coinvolgere i medici di famiglia nella campagna vaccinale». Un’intesa importante perché consentirà ai medici di vaccinare non solo negli ambulatori, ma anche direttamente a domicilio, riuscendo ad impiegare sia il vaccino Pfizer che il Moderna.

«Il collo di bottiglia di tutto questo processo però è rappresentato dalla carenza dei vaccini», fa notare il presidente Fimmg.

Ma qual è la situazione italiana rispetto ad altri Paesi per quanto riguarda la vaccinazione degli over 80 – la fascia che rischia di più in termini di patologia e mortalità? Ci viene in aiuto, per tracciare un quadro della situazione, l’Ispi, Istituto per gli studi di politica Internazionale.

La popolazione over 80 che ha ricevuto almeno la prima dose secondo l’Ispi

«Se l’obiettivo, soprattutto in scarsità di dosi di vaccino, dovrebbe essere quello di abbattere la letalità del virus, l’Italia è ancora sulla cattiva strada» dal momento che «a oggi siamo tra gli ultimi Paesi in Europa», spiega l’Istituto. Secondo l’Ispi «le dosi destinate a ciascun Paese membro dell’UE vengono distribuite dalla Commissione europea sulla base della popolazione nazionale». Ma con una «disponibilità di dosi così scarsa» la strategia «migliore per contenere gli effetti del virus è vaccinare subito le persone più a rischio (salvo, ovviamente, quelle immunodepresse)». Insomma la strategia avrebbe dovuto contemplare una vaccinazione prioritaria delle «classi d’età più avanzate, per poi scendere».

L’Ispi elaborando i dati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) ha scoperto che Polonia, Repubblica Ceca, Finlandia e Svezia, hanno già somministrato almeno la prima dose di vaccino a un quarto o più degli ultraottantenni. Questi Paesi sono seguiti a ruota da Francia (23%) e Germania (22%), mentre l’Italia si ferma al 6%, terzultima nella classifica stilata dall’Istituto, prima solo della Bulgaria e della Lettonia. Un quadro che non farà scendere la letalità del virus in tempi brevi.

Secondo Magi a livello regionale serve una campagna vaccinale «diffusa», un modello diverso dalla campagna di massa, «che rischia di favorire focolai per gli assembramenti che in buona fede possono generarsi».

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