Ancona-Osimo

Smart working, tra novità e opinioni

Il lavoro agile sarà protagonista anche in autunno, specie con la riapertura delle scuole, quando i genitori con figli in quarantena potranno accedere a questa modalità di lavoro

Foto di repertorio

ANCONA – Potenzialità o limite, per come lo si voglia vedere, lo smart working sarà ancora protagonista nel mondo del lavoro ai tempi del covid, specie con la riapertura delle scuole, anche se ci saranno alcuni cambiamenti rispetto all’anno scorso. «Per i genitori di figli minori di 14 anni, poter accedere alla modalità di lavoro a distanza non sarà più un diritto» spiega Sara Caneponi, consulente del lavoro del Centro Studi Ancona. Finora il Governo ha agevolato la possibilità di conciliare il lavoro con la cura dei figli rimasti a casa nel periodo di lockdown, ora sarà possibile invece accedere allo smart working quando un figlio è quarantena.

«In questi casi, il genitore lavoratore dipendente può svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della quarantena del figlio convivente e minore di 14 anni – spiega la consulente del lavoro -. Questo diritto può essere esercitato da un solo genitore e non spetta se l’altro non svolge alcuna attività lavorativa». Ma attenzione, perché si potrà lavorare in maniera agile solo «per il periodo temporale compreso entro il 31 dicembre 2020».

La consulente ricorda infatti che lo smart working «è una modalità di lavoro, quindi non una forma contrattuale» che viene concordata con l’azienda e che «prevede la possibilità per la lavoratrice e il lavoratore di svolgere la propria attività lavorativa in un luogo diverso dalla sede aziendale, pertanto non solo da casa». In caso di quarantena di un figlio, se la prestazione lavorativa non può essere svolta in modalità agile, uno dei due genitori, potrà chiedere un congedo straordinario retribuito al 50%.

Niente smart working invece per chi è positivo al virus e asintomatico: in quarantena non si potrà lavorare da remoto. È quanto hanno stabilito i decreti Cura Italia e Rilancio, ma anche il dpcm del 7 agosto 2020 che hanno equiparato il periodo di isolamento alla malattia, da qui il divieto di lavorare. Un paradosso che divide.

Immagine di repertorio

«Sono in smart working fino al 15 ottobre e mi auguro che venga prorogato anche oltre questo periodo – spiega Michela, mamma di due figli  – , se così non fosse con la riapertura della scuola e le norme anti contagio sarà impossibile conciliare lavoro e famiglia». La mamma spiega infatti che, mentre un figlio a scuola avrà tempo pieno e mensa, l’altro, che frequenta un altro istituto di grado superiore, andrà a scuola senza mensa e orario prolungato per cui per lei e il marito si porrà il problema di avere orari diversi per l’uscita dei figli, difficili da conciliare con l’uscita dal lavoro.  «Dopo il 15 ottobre lo smart working non può essere previsto solo per chi ha i figli in quarantena – spiega – , servirà anche per gestire una normale malattia: se con il raffreddore non posso portare i miei figli a scuola perché si tratta di sintomi simili al covid, per la stessa ragione non posso neanche portarli dai nonni che sono una categoria a rischio. Quindi qual è la soluzione se non lo smart working? L’altra strada è il congedo con riduzione di stipendio o le ferie, ma a parte che non tutti possono permettersi una riduzione di stipendio, anche volendo usare le ferie, in inverno, quando i raffreddori sono frequenti, è un attimo consumarsi tutte le ferie». Insomma sono grattacapi per mamma e papà.

Uno strumento di lavoro che andrebbe normato anche al di la del covid-19, per consentire finalmente alle famiglie di arrivare a quella sospirata conciliazione lavoro-famiglia, che sembra così lontana da raggiungere, ma serve una bussola. «Lo smart working può essere un’importante opportunità sia per i lavoratori che per le imprese ma è urgente definire, a partire dai Contratti collettivi nazionali di lavoro e dalle leggi, le necessarie tutele e condizioni – dichiara la segretaria generale Cgil Marche, Daniela Barbaresi -. La possibilità prevista dal recente Decreto Legge 111 per i genitori lavoratori dipendenti di svolgere il lavoro agile per il periodo in cui i figli minori di quattordici anni sono in quarantena è molto positivo perché va proprio in quella direzione».

Daniela Barbaresi, segretaria generale Cgil Marche

Ma attenzione, perché come rimarca Daniela Barbaresi, lo smart working «non è solo il lavoro da casa o telelavoro, implica un’organizzazione che permette, con strumenti adeguati, di lavorare in remoto con flessibilità di impegni e di orari, in condizioni di maggiore autonomia da parte dei lavoratori. Implica un passaggio culturale a una logica di gestione del lavoro per obiettivi, basata sulla programmazione delle attività e sulla misurazione e valutazione dei risultati, e non solo del tempo dedicato. Significa innanzitutto valorizzare le competenze che le persone possono esprimere a prescindere dal luogo fisico in cui svolgono la prestazione di lavoro, che sia l’ufficio o che sia la propria abitazione».

Non solo vantaggi, questa modalità di lavoro ha anche dei lati meno piacevoli. «Occorre fare una grande attenzione a non correre il rischio di riproporre il vecchio lavoro a domicilio: lavoro di bassa qualifica svolto tra le mura domestiche, soprattutto da donne e giovani precari. Dunque con un rischio di ghettizzazione dei lavoratori e soprattutto delle lavoratrici». Oltre ai temi della riservatezza e del potere di controllo da parte delle aziende, «c’è il problema del rischio di un progressivo isolamento dei lavoratori e lavoratrici, nonché quello dell’ambiguità tra lo spazio lavorativo e quello privato. C’è quindi il rischio, della perdita della dimensione collettiva del lavoro, anche della perdita del valore e dell’identità sociale connessa al lavoro. Perché il lavoro non è solo sinonimo di produzione o di attività, ma è molto di più».

Graziano Sabbatini, presidente Confartigianato Imprese Ancona – Pesaro e Urbino

Smart working si, ma va normato anche per Graziano Sabbatini, presidente Confartigianato Imprese Ancona – Pesaro Urbino. «Come imprenditore vedo questo strumento in maniera positiva, non in termini di risparmio, ma perché durante la pandemia ha consentito a molti di  continuare a lavorare ugualmente, tuttavia bisogna differenziare fra le varie tipologie di lavoro, perché non sempre è attuabile». Fra le criticità del lavoro agile Sabbatini annovera l’assenza di confronto con i colleghi e il rischio di perdere occasioni in termini di formazione professionale. «Lavorare da soli può essere penalizzante per lo stesso dipendente, per questo andrebbe normato, prevedendo dei percorsi di alternanza tra periodi di smart working e altri di rientro in azienda». L’altro neo del lavoro agile è rappresentato dalle ricadute economiche su alcune attività: «Venendo meno lo spostamento, si riducono anche colazioni e pranzi di lavoro, così come la richiesta di abbigliamento – spiega – stiamo infatti registrando una leggera frenata per le attività di ristorazione e abbigliamento, ma nel complesso il lavoro agile è una modalità sicuramente da incoraggiare». Tra i vantaggi elencato da Sabbatini i minori spostamenti in auto che hanno una ricaduta positiva sull’ambiente con un minore inquinamento.

L’assessora regionale Manuela Bora

«Lo smart working è un grande sostegno per tante donne ma è chiaro che occorre normarlo in modo più chiaro se l’intenzione è quella di proseguire con questo strumento – spiega l’assessore regionale uscente alle pari opportunità Manuela Bora -. Come Regione, comunque, sono tanti i provvedimenti che abbiamo realizzato per aiutare a coniugare le esigenze della famiglia con quelle del lavoro. Misure che saranno migliorate nei prossimi anni»

Il lavoro agile, «è disciplinato dalla legge del 2017 ma con l’emergenza Covid-19 sono state introdotte regole speciali: è evidente che c’è la necessità di renderlo migliore con nuove norme dal momento che ha rappresentato un’opportunità durante la quarantena. Tra l’altro – prosegue – , in uno degli ultimi bandi regionali messi a disposizione, ci sono fondi proprio per promuovere il lavoro agile nelle imprese».

Non solo lavoro agile, però. «In questi cinque anni di legislatura – osserva –  sono stati introdotti vari provvedimenti per aiutare le donne a coniugare le esigenze di cura familiare con gli impegni lavorativi». In particolare, «azioni finalizzate alla conciliazione tra maternità e lavoro con un progetto, “Maternità come opportunità”, rivolto alle imprese per sostenere modalità di lavoro e tipologie contrattuali così da favorire misure di welfare aziendale, e poi ci sono i voucher “work-life balance” per asili nido, centri estivi e accordi di conciliazione tempi di vita e lavoro». A marzo, inoltre, conclude l’assessora «è uscito il bando per sostenere il rientro al lavoro delle donne in seguito alla maternità e favorire così il rapporto tra lavoro e vita familiare; infine, non dimentichiamo gli incentivi pensati per favorire il rientro al lavoro delle donne sempre in seguito alla maternità»,

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