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Smart working senza futuro nella PA per Brunetta. L’opinione di consulenti, sindacati e politici delle Marche

Smart working, strumento da salvare o senza futuro nella PA come sostiene il ministro Brunetta? Abbiamo raccolto le reazioni di consulenti del lavoro, politici e sindacalisti sulle sue affermazioni

Foto di repertorio

ANCONA – Lo smart working? Quello nella pubblica amministrazione «è un lavoro a domicilio “all’italiana”». Fanno discutere le affermazioni rilasciate dal ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, rispondendo ieri alla Camera al question time.

Secondo il ministro si tratta di un modello organizzativo del lavoro, nato nell’emergenza e che non può essere proiettato nel futuro. A tal proposito il ministro ha evidenziato le criticità legate alla sicurezza, citando il caso dell’attacco hacker avvenuto in Lazio, e il fatto che questa modalità lavorativa non prevede al momento un contratto specifico, né obiettivi e tecnologie specifici.

Il punto di vista del Consulente del Lavoro

«Lo smart working così come è stato strutturato nella fase di gestione dell’emergenza, andrà sicuramente rivisto e soprattutto regolamentato con un intervento normativo chiaro che vada ad individuare i diritti e i doveri delle parti» dichiara Roberto Di Iulio, presidente del Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di Ancona.

Roberto Di Iulio, presidente del Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di Ancona

«Nell’emergenza – fa notare il consulente – si è gestito il lavoro a distanza in assenza spesso delle basi, prima tra tutte l’arretratezza dei processi di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e la difficoltà di avere connessioni veloci e sicure. Per il futuro questa forma di lavoro dovrà diventare una modalità alternativa, ma non sostitutiva del lavoro in presenza, posto che il confronto tra colleghi e il lavoro in team sono situazioni insostituibili».

Secondo Di Iulio sarà necessario che gli uffici «individuino gli obiettivi ed abbiano la possibilità di misurare i risultati altrimenti si rischia un decadimento ulteriore delle perfomances con notevole disservizio per tutti i cittadini».

I sindacati

Secondo i sindacati, Cgil e Cisl, lo smart working è uno strumento da salvare, anche se da regolamentare per garantire l’efficienza dei servizi e la conciliazione dei tempi di vita dei lavoratori.

Matteo Pintucci, segretario regionale Fp Cgil

«Occorre salvare ciò che di buono è stato fatto dalle amministrazioni pubbliche e dai lavoratori nei mesi passati, senza generalizzare – dice Matteo Pintucci, segretario regionale Fp Cgil Marche – : occorre un’analisi rispetto a ciò che di buono ha funzionato, a partire dalla conciliazione dei tempi di vita dei lavoratori oltre ad un diffuso aumento della produttività».

Secondo il sindacalista «coerentemente con gli impegni già assunti dal Governo nel “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e della coesione sociale” (10 Marzo 2021), a firma del presidente del consiglio e dello stesso ministro Brunetta, occorre che sia introdotto il vero lavoro agile, spesso sostituito con lavoro da remoto, individuare nei contratti nazionali la relativa disciplina, aggiornare e potenziare le infrastrutture materiali ed immateriali portando a compimento la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione».

Luca Talevi, segretario regionale Fp Cisl

«E’ un peccato che il ministro Brunetta non comprenda che lo smart working non è uno strumento emergenziale, ma una modalità operativa, da contrattare ente per ente con i sindacati, per garantire l’efficienza e l’efficacia dei servizi – afferma Luca Talevi, segretario regionale Fp Cisl –  e contestualmente le esigenze dei lavoratori a partire dai soggetti deboli. Sarebbe un gravissimo errore tornare indietro proprio nel momento in cui si sono aperti i tavoli con il Governo per il rinnovo dei contratti nazionali e dove il tema dello smart working troverà dignità ed applicazione».

La politica

Riccardo Augusto Marchetti, commissario regionale Lega

«Il ritorno al lavoro in presenza è un passo importante verso la normalità – afferma Riccardo Augusto Marchetti, commissario regionale della Lega – : lo smart working non consente ai lavoratori di avere a disposizione tutti gli strumenti utili ad operare con il dinamismo e l’efficienza dell’ufficio».

L’esponente politico evidenzia che il partito si è «sempre battuto affinché i lavoratori, ma anche gli studenti, potessero tornare alle attività in presenza, nella convinzione che, dopo mesi così difficili, riscoprire il valore della socialità in ogni contesto sia fondamentale per tornare alla vita».

Maurizio Mangialardi, capogruppo consiliare Pd

«Archiviare senza alcun reale motivo l’opportunità di ricorrere a uno strumento come lo smart working appartiene a una visione vecchia e miope, troppo legata al superficiale stereotipo dove il dipendente pubblico è irrimediabilmente sinonimo di fannullone». A dirlo è il capogruppo consiliare del Partito Democratico, Maurizio Mangialardi.

Secondo il dem, «la verità è ben altra. Soprattutto se pensiamo a una Pubblica amministrazione che si riappropria pienamente del suo ruolo cruciale e strategico, ritornando, o forse diventando più di quanto lo sia oggi, motore di crescita e rilancio con servizi efficienti a favore di cittadini e imprese».

Sono sempre di più, fa notare Mangialardi, «gli studi e le indagini autorevoli che confermano la fattibilità dell’impiego da remoto. A trarne vantaggio non sono solo i dipendenti che raggiungono un migliore e più gratificante equilibrio tra vita privata e professionale, ma le stesse pubbliche amministrazioni, alle quali il ricorso allo smart working consente di razionalizzare l’utilizzo delle risorse e aumentare la produttività, tutto a vantaggio della qualità delle prestazioni offerte».

Il capogruppo rimarca inoltre che non vanno dimenticati due ulteriori aspetti positivi: «Il primo, a mio modo di vedere decisivo, è quello che vede in un’ampia trasformazione digitale della Pubblica amministrazione la possibilità di formare il personale già in organico e attrarre giovani talenti motivati, rispondendo così concretamente alla necessità di introdurre nel pubblico nuove competenze e professionalità di alto livello.

Il secondo, ma non secondario, è l’impatto ambientale che queste nuove modalità organizzative potrebbero avere garantendo risparmi nei consumi elettrici all’interno degli edifici pubblici e una significativa riduzione nelle emissioni di Co2 grazie alla diminuzione del traffico legato agli spostamenti per raggiungere il luogo di lavoro».

Per questo secondo Mangialardi «anziché attardarci in inutili e anacronistiche logiche che rischiano di aggiungere zavorra a un’economia italiana che, soprattutto con le risorse inserite nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, ha di fronte a sé l’occasione di riformare a fondo il Paese, ci si metta subito al lavoro per fare di un provvedimento emerso in un contesto straordinario come quello pandemico la leva di quella rivoluzione organizzativa e culturale di cui la Pubblica amministrazione ha urgente bisogno».

Mauro Coltorti, presidente della Commissione Lavori Pubblici del Senato (M5s)

«Credo che il ministro Brunetta abbia solo in parte ragione – sostiene il senatore del Movimento 5 Stelle Mauro Coltorti – . La pandemia ha infatti mostrato come si possa lavorare bene ed efficacemente anche da casa e credo che molte ditte ed imprese utilizzeranno, ove possibile, il tele-lavoro. Sarà stata l’esperienza maturata in questo periodo di lock-down a indicare i settori dove questo è possibile».

Per il pentastellato il lavoro agile potrebbe essere uno strumento utile «a tutti quei lavori dove la creatività gioca un ruolo importante e non è necessario uno scambio continuo con il datore di lavoro ed colleghi. Ci sono inoltre vari settori dove la produttività può essere facilmente controllata».

Dall’altro lato evidenzia che ci sono anche professioni «dove la presenza è importante ed in alcuni casi indispensabile. Penso a tutti i lavori dove assume estrema importanza una profonda interazione personale ed i gesti e le espressioni giocano un ruolo fondamentale».

Massimo Montesi, coordinatore regionale Articolo Uno, con il Ministro della Salute Roberto Speranza

Polemico il coordinatore regionale di Articolo Uno, Massimo Montesi: «Le dichiarazioni del ministro della Pubblica Amministrazione, mettono a nudo il suo retroterra culturale e politico – afferma – . Con disprezzo liquida lo smart working nella pubblica amministrazione come una sorta di furbata di lavoratori fannulloni. Non ci si può aspettare altro purtroppo da simili personaggi. Difficile far comprendere ciò che è evidente a tutti, forse tranne che a lui e a quella parte politica ed economica. Questa crisi ridisegna un mondo nuovo, nelle fondamenta, e lo smart working ne è solo una parte».

Un sistema di «rapporti, trasporti, utilizzo del tempo e degli spazi, dell’urbanistica delle città e dei territori» nuovo che secondo Montesi «ridurlo a semplice, è ideologicamente sbagliato». Una visione che per l’esponente del partito rappresenta «la destra» che mostra una «incapacità di visione e di valori sul mondo del lavoro e dei lavoratori».

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