Ancona-Osimo

Sciopero nazionale dei lavoratori Tim, presidio anche nelle Marche: «No allo “spezzatino” dell’azienda»

Una rappresentanza di lavoratori e sindacati si è ritrovata davanti alla sede della Regione ad Ancona, per chiedere la revisione del piano industriale della Tim che rischia lo scorporo, creando così esuberi

La protesta ad Ancona sotto il palazzo della Regione dei lavoratori Tim

ANCONA – Presidio dei lavoratori della Tim davanti alla sede della Regione Marche, ad Ancona (Palazzo Leopardi) nell’ambito dello sciopero nazionale indetto per oggi – 23 febbraio – dai sindacati di categoria Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom contro quella che definiscono una operazione «spezzatino»: nel piano industriale dell’azienda, a il cui maggiore azionista è francese, sarebbero contemplati uno o più scorpori.

Ipotesi che preoccupa non poco lavoratori e sindacati, non solo per quanto concerne il rischio di esuberi, ma anche per il processo di digitalizzazione in atto che interessa una infrastruttura strategica per il paese e la regione. Nelle Marche sono 580 i lavoratori Tim, di cui circa 200 tecnici, altri 100 nell’area rete e il resto distribuito tra area vendita, call center e amministrativi. Un numero che si è ridotto sensibilmente nel corso degli anni, tanto che nel 1999, 12 anni fa, l’azienda per le telecomunicazioni contava nel nostro territorio 2.000 lavoratori. Ad oggi sono due le sedi impiegatizie ad Ancona ed una per ognuna delle altre quattro provincie marchigiane.

Guido Pucci, segretario regionale Slc Cgil

Guido Pucci, segretario regionale Slc Cgil definisce lo “spezzatino” «una ipotesi sciagurata, non solo dannosa per l’occupazione delle lavoratrici e dei lavoratori Telecom Italia, ma anche per i cittadini, perché riteniamo che abbattere il campione nazionale, Tim, che ha il compito di cablare il paese con la rete in fibra, che abbiamo visto quanto è importante in questa fase di pandemia, è un delitto, perché l’Italia ne avrebbe delle conseguenze molto serie» che toccherebbero ovviamente anche le Marche, «per questo chiediamo alla Regione di ascoltare le nostre ragioni» su «conseguenze e riflessi di una operazione di questo tipo».

I sindacati chiedono la tutela del livello occupazionale, ma anche di un servizio strategico: «Nessuna delle diverse categorie di lavoratori può sentirsi al sicuro» aggiunge, precisando che a rimetterci saranno anche i cittadini in quanto l’operazione prevede «dei micro bandi, in alcune situazioni anche con più regioni. Il rischio è che il 40% della popolazione marchigiana si ritrovi con linee di connessione molto lente rispetto alle esigenze che ci sono attualmente, con la didattica a distanza, lo smart working e con le attività che si svolgono da casa».

Mario Barberini, tecnico della Tim

L’apprensione tra i lavoratori è palpabile: «La nostra preoccupazione – spiega Mario Barberini, tecnico della Tim –  è che con questa situazione i nostri posti di lavoro, sia come tecnici che come impiegati sia veramente in pericolo. Rischiamo che lo spezzatino della rete in fibra possa finire per consegnare il lavoro ad appalti sempre più sottopagati». «La situazione non ci fa stare tranquilli – aggiunge – anche perché i bandi messi in piedi dal governo sono imminenti, così come lo “spezzatino”, siamo fortemente preoccupati per questo perché le ripercussioni potrebbero esserci veramente a brevissimo».

Da considerare che l’età media dei lavoratori marchigiani «è alta» afferma il lavoratore e si aggira sopra i 53 anni, inoltre «gli ultimi assunti risalgono a diversi anni fa, tranne qualche piccola unità», ma in linea generale l’età elevata rappresenta un ostacolo ad un eventuale ricollocamento.

A destra Alessandro Gai, segretario regionale Fistel Cisl

«La digitalizzazione sarà il futuro del nostro paese – osserva Alessandro Gai, segretario regionale Fistel Cisl Marche – siamo fortemente indietro nell’investimento su questa infrastruttura» e ora con l’ipotesi scorporo «rischiamo di rimanere ancora più indietro, perché la rete unica, come da protocollo del 2020 era la sola prospettiva possibile, per poter digitalizzare il nostro paese e la nostra regione, nella quale la banda larga è ancora molto indietro in numerosi territori. Un problema ormai non più solo lavorativo, ma anche sociale, perché come ci ha mostrato la pandemia se non siamo connessi siamo fuori da tutto».

Il piano industriale di Tim sarà presentato il 2 marzo, spiega il sindacalista, ma «già stanno trapelando ipotesi di uno spezzatino della rete e questo significa che l’azienda verrà divisa in due o quattro parti e questo sarà fortemente impattante sia sul perimetro occupazione che sulla digitalizzazione del paese». Secondo Gai «non mantenere Tim come unico operatore digitale» costituirà «un grande problema che il nostro paese deve assolutamente risolvere».

Fabrizio Brecciaroli, segretario regionale Uilcom

«L’azienda – spiega Fabrizio Brecciaroli, segretario regionale Uilcom – ha accumulato un debito che all’inizio era di 36 miliardi di euro e siamo circa a 20miliardi di euro di debito, paragonabile ad una finanziaria di un paese occidentale, quindi Tim sta decidendo di spezzettare l’azienda».

I sindacati chiedono «a tutte le Regioni d’Italia, così come chiesto al governo, che venga rivisto il piano della rete italiana di nuova generazione, modificato rispetto al protocollo di intesa con il governo Conte, e che Tim non sia spezzettata per la salvaguardia occupazionale, perché ci sarebbe il rischio di una marea di esuberi».

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