Ancona-Osimo

Riviera del Conero, foreste di coralli ed alghe per la biodiversità. L’Università Politecnica delle Marche apripista in Italia

L'Università Politecnica delle Marche sta sperimentando l'allevamento della Cladocora Coespitosa, uno dei pochi coralli autoctoni del Mediterraneo, presente anche nelle acque del Conero. In progetto anche il ripopolamento delle alghe brune

Le colonie di Cladocora Caespitosa (corallo) calate nel fondale marino tra Sirolo e Numana

ANCONA – I fondali marini rinascono con nuove foreste di coralli ed alghe. La Riviera del Conero fa da apripista in Italia grazie all’Università Politecnica delle Marche che sta sperimentando l’allevamento della Cladocora Ceospitosa, uno dei pochi coralli endemici (ovvero esclusivamente presenti) in Mediterraneo, che popola anche l’area del Conero. Un progetto che punta al ripopolamento di questa “madrepora cuscino” per favorire e ripristinare la biodiversità dei fondali marini di questa regione.

Nei giorni scorsi, nello specchio di mare antistante il tratto compreso tra Sirolo e Numana, il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche, ha creato dei “giardini” per il ripopolamento di questo corallo: la Cladocora caespitosa era stata prelevata in precedenza dal fondale, per poi allevarla in laboratorio, e infine reintrodurla nel suo habitat, originale, il fondale del Conero.

Il professore Roberto Danovaro (foto: Univpm)

«Si tratta di una madrepora – spiega Roberto Danovaro, professore di Biologia Marina ed Ecologia dell’Università Politecnica delle Marche e presidente della Stazione Zoologica di Napoli – presente nella lista ‘rossa’ della International Union for the Conservation of Nature» poiché a rischio di estinzione. Un’azione, quella del ripopolamento del corallo, in linea con gli obiettivi della legge europea sul restauro della natura, approvata il 12 luglio dal Parlamento europeo, una normativa che punta a promuovere la conservazione e il ripristino degli ecosistemi marini degradati.

Danovaro spiega: «Stiamo osservando delle alterazioni degli equilibri dei fondali di alcune zone del Conero, nel tratto tra la Scalaccia e Numana, dove si assiste a una esplosione di ricci e alla desertificazione dei fondali rocciosi. Un fenomeno che ci preoccupa e che contrastiamo con interventi di restauro del fondale marino, come quelli con la “madrepora cuscino”, ma anche con foreste subacquee di alghe brune, anche queste minacciate dall’uomo e caratteristiche del fondale del Conero. Proprio in questi giorni abbiamo completato il primo progetto europeo Afrimed, dedicato al restauro delle foreste marine degradate di queste macroalghe. Siamo soddisfatti – dice – è un bel risultato per l’Italia che si sta ritagliando il ruolo di leader europeo per il restauro di diversi habitat marini come posidonia, macroalghe, coralli e gorgonie, e il Conero in tal senso è un laboratorio importante».

Il professor Danovaro è coordinatore del progetto Afrimedù, del progetto di restauro del centro nazionale, del nuovo progetto europeo biodiversa (sul restauro delle alghe), e del nuovo progetto europeo sul restauro degli ambienti profondi (che deve ancora iniziare). In cantiere c’è anche il progetto FORESCUE che è appena partito e punta alla protezione delle foreste di alghe brune in Mediterraneo, partendo dal Conero.

Il fondale marino della Riviera del Conero è un ambiente di pregio spiega Danovaro, «una zona geografica che costituisce un passaggio fondamentale verso il Nord e il Sud dell’Adriatico, in fatti in alcune aree del Conero, come vicino al Trave e alla Vela, sono presenti estesi fondali duri, che si possono trovare, oltre che in questa zona, solo nell’area di Trieste e in quella delle Isole Tremiti». Insomma, un habitat dove mettere a punto tecniche innovative come quella utilizzata da Univpm con la Cladocora caespitosa; se fino ad ora, infatti, le specie da ripopolare venivano prelevate in zone dove sono presenti per poi portarle dove non ci sono più, questa volta invece il corallo è stato prelevato nello stesso habitat dove è stato poi reintrodotto, dopo averlo allevato in laboratorio, fuori dall’acqua di mare, per poi ripartirlo in modo tale da non essere ucciso.

L’Univpm ha scelto la costa della Riviera del Conero per la sua unicità e per il fatto che si tratta di un’area da tutelare, come impone l’Unione Europea «a prescindere dalla costituzione di un’area marina protetta» in quanto si tratta di una zona «intensamente frequentata e soggetta ad attività di varia natura, come i ripascimenti, l’ancoraggio delle imbarcazioni, la pesca fatta dalle vongolare e la pesca di frodo dei datteri di mare, un’attività illegale tuttora presente» ricorda. L’Università Politecnica delle Marche coordina il Progetto del Centro Nazionale Biodiversità sul restauro degli habitat marini che appare necessario anche a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici: «Con le ondate di calore in atto – spiega – che metterebbero a tappeto diversi habitat, dobbiamo selezionare le specie che riescono a resistere meglio e dare la priorità al restauro dei fondali dove l’impatto del cambiamento climatico può essere meno intenso con l’obiettivo di creare degli “ambienti rifugio” in cui i pesci ed altri organismi marini possano resistere meglio alle ondate di calore e riprodursi».

Oltre a promuovere la biodiversità, spiega Danovaro i benefici del ripopolamento di coralli e alghe sono innumerevoli e vanno dall’attrattività turistica dei fondali, unici lungo l’Adriatico da Trieste alle Tremiti, dal fatto che «le alghe depurano l’acqua e producono ossigeno, ‘sequestrando’ la CO2 e impedendo l’acidificazione». Per quanto riguarda il progetto di allevamento del corallo nei prossimi mesi sarà misurato il tasso di crescita delle colonie posizionate nei giorni scorsi, per arrivare ad un protocollo di sperimentazione, che possa fare scuola nel Mediterraneo.

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