Ancona-Osimo

Piano socio sanitario regionale, affondo del Pd: «Contenitore farcito di tutto, non darà risposte. Inemendabile»

Il gruppo assembleare del Pd al gran completo attacca il piano socio sanitario regionale che domani approderà in Consiglio regionale per la discussione e il voto

Un momento della conferenza stampa del Pd a Palazzo delle Marche

ANCONA – «Non è un piano ma un contenitore farcito di tutto, che non darà alcuna risposta alle necessità di salute dei cittadini», questo piano per come è impostato «non è emendabile». Il capogruppo del Pd Maurizio Mangialardi ha descritto con queste parole in un passaggio del suo intervento durante una conferenza stampa del gruppo consiliare dem, il piano socio sanitario regionale che domani mattina – 8 agosto – approderà in Consiglio regionale per la discussione e il successivo voto. Una discussione che si annuncia già infuocata, tanto che i dem hanno già annunciato il voto contrario, articolando la loro posizione punto per punto

Affiancato dai consiglieri Romano Carancini (vicepresidente della IV Commissione regionale – Sanità), Anna Casini. Manuela Bora. Micaela Vitri, Andrea Biancani, Fabrizio Cesetti e Antonio Mastrovincenzo, Mangialardi ha sottolineato l’impegno del gruppo consiliare, concretizzatosi in proposte e contributi, rimarcando la «mancanza di un vero confronto» sul documento.

Dei «13 piccoli ospedali – ha spiegato -, cavallo di battaglia della destra e, in particolare, dell’attuale assessore alla Sanità Filippo Saltamartini» nella nuova pianificazione «non è prevista né la riapertura, né un programma di assunzioni per medici, infermieri, operatori socio-sanitari, capace di rispondere alle gravi carenze che mettono in difficoltà le nostre strutture ospedaliere» una carenza di personale, ha aggiunto, che «è sotto gli occhi di tutti».

Critiche sono state mosse da Mangialardi sull’«allungamento delle liste di attesa che ormai rende impossibile la prenotazione di visite ambulatoriali e esami diagnostici anche per pazienti a rischio, oncologici, cardiopatici, obbligando chi vuole curarsi nelle Marche a rivolgersi al privato» e sulla mobilità passiva, il dem ha sottolineato che il piano «non aggiunge un euro in più» e che è «irrealizzabile» tanto da aver «già incassato il giudizio negativo del Crel» (Consiglio regionale dell’Economia e del Lavoro).

«La destra – ha detto – è riuscita persino a mancare l’opportunità offertagli dal Pnrr, anche a causa dei gravi tagli lineari apportati al governo Meloni alle risorse destinate alla missione Salute. Va detto chiaramente: è pura ipocrisia “vendere” ai marchigiani una pianificazione che non tiene conto dei vincoli imposti dalle norme nazionali. Norme su cui la giunta Acquaroli non ha neppure tentato di fare una battaglia e di aprire un tavolo di confronto con il governo. Quella battaglia abbiamo dovuto farla noi, un gruppo di opposizione, tramite una proposta di legge alle Camere per far sì che venga aumentata la spesa sanitaria per le Regioni».

Mangialardi nel suo intervento, replicando all’assessore regionale Saltamartini, ha ricordato che la sanità marchigiana «principale elemento della sconfitta elettorale» della sinistra alle ultime regionali «era benchmark per i Lea anche prima nel 2020, quando ci criticavano» e che la regione all’epoca «era una delle poche non commissariata». Per il dem il piano socio sanitario regionale manca di visione e avrebbe dovuto prevedere una riprogettazione post-covid «con un quadro di nuove risorse dal Pnrr». Infine, rivolgendosi al capogruppo di Fratelli d’Italia, Carlo Ciccioli, designato relatore di maggioranza in Aula, il quale ha assistito a parte della conferenza stampa dei dem, nella sala Pino Ricci di Palazzo delle Marche, Mangialardi ha detto: «Ritiratelo e riscrivetelo».

Il consigliere regionale Romano Carancini (in piedi), a sinistra Andrea Biancani e Fabrizio Cesetti, a destra Maurizio Mangialardi, Anna Casini, Antonio Mastrovincenzo, Micaela Vitri e Manuela Bora

Il consigliere regionale Romano Carancini ha ricordato che il piano socio sanitario regionale è stato liquidato «in 53 giorni di audizioni» (150 audizioni) un «record negativo della volontà politica di far partecipare i cittadini». «Trovo – ha aggiunto – che sia legittimo chiedersi: cosa deve nascondere la destra? Io credo che non vogliano far sapere che il nuovo Pssr, in realtà, non è un piano, poiché mancano tutti i riferimenti puntuali alle risorse per il personale, l’aggregato di spesa, i costi sociali e i costi intermedi. Ma temo che soprattutto tentano di nascondere che si tratta di uno strumento che nasce già vecchio, visto che la stragrande maggioranza dei dati messi a disposizione riguardano le annualità 2019, 2020 e 2021».

Il vicepresidente della IV Commissione ha poi spiegato a margine, che nel piano «mancano le indicazioni puntuali delle risorse: non è possibile immaginare che nei prossimi tre anni si possa avere una programmazione se non dicono quali risorse andranno per l’aggregato di spesa da lavoro dipendente, quello per i costi intermedi, per i costi sociali o per la quarta componente» insomma, «non era necessario scrivere un piano socio sanitario privo di indicazioni puntuali, obiettivi, tempi e risorse, avrebbero potuto individuare i temi centrali della fase storica post pandemia, come personale, aree interne e digitalizzazione, ma non c’è nulla sulla digitalizzazione e sull’impegno che il piano nazionale di ripresa e resilienza aveva individuato».

«È un piano socio sanitario – ha aggiunto Carancini – che non prende atto delle modifiche del governo al piano nazionale di ripresa: ci saranno meno case della comunità, meno ospedali di comunità e meno Cot (centrali operative territoriali». Insomma, per il dem «volevano alzare dopodomani mattina una bandiera per dire che loro hanno approvato il piano socio sanitario che però non ha obiettivi e che a distanza di un anno» dalla legge 13 di riforma del sistema sanitario regionale «volevano attuare un nuovo modello organizzativo, ma ancora non è partito». Inoltre, Carancini ha ricordato che sulle liste d’attesa in tre anni la giunta non ha utilizzato «12 milioni di euro di fondi» che avevano a disposizione per abbatterle, perché «ne hanno spesi 9 milioni».

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