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Ancona, i pastori della Pasquella di Varano: «Uniamo cristiani e comunisti. Siamo unici al mondo»

Gli unici a unire democristiani e comunisti. Solo la Seconda guerra mondiale fermò la Pasquella: «Le nostre vesti? Fanno molto caldo e non è facile ripetere sempre gli stessi canti. In tre anni, abbiamo incontrato più di 25mila bimbi»

La Pasquella di Varano, qualche giorno fa, in centro

ANCONA – Nei giorni scorsi, in tanti hanno ammirato ˈLa Pasquella di Varanoˈ. Passava per le vie del centro ed era subito festa: li si sentiva arrivare da lontano coi loro strumenti. Il gruppo è sempre annunciato dalle note delle canzoni natalizie più celebri. E poi giù con tamburi, cembali e tromboni. Certo, mancava la zampogna, ma la fisarmonica è stata ugualmente suggestiva.

«La Pasquella è una tradizione storica e noi siamo unici al mondo» – racconta Paolo Galeazzi, presidente dell’Odv ˈLa Pasquella di Varanoˈ. Lo incontriamo in centro, precisamente in corso Garibaldi, mentre si dirige verso il porto: «Due giorni fa, siamo arrivati fino a piazza della Repubblica», attraversando il centro. Tre giorni fa, invece, erano in corso Mazzini, davanti alla fontana del Calamo.

Ancona, “La Pasquella di Varano”, due giorni fa, davanti alla fontana del Calamo, in corso Mazzini

«La Pasquella non ha un vero inizio – spiega il presidente – però ha due vite. La prima era nel periodo del 1930-35. La Pasquella di allora si appoggiava alla conosciutissima banda di Varano». Con la Seconda guerra mondiale, tutto finisce. Si spara, si bombarda, si soffre la fame e non c’è tempo per cantare. Neppure a Natale.

Qualche anno dopo, quest’antica tradizione – tramandata oralmente – tenterà di risorgere, ma si rivelerà un nulla di fatto. «Ripartirà definitivamente nel 1965, ma solo nel ’68 decideremo per questo nostro abbigliamento e per i canti di oggi». A vederli, i musicisti de ˈLa Pasquella di Varanoˈ mettono una tale allegria che la gente li saluta senza conoscerli davvero.

«Ci vestiamo da pastori per portare alla gente il messaggio della nascita di Gesù Bambino, proprio come facevano i pastori, i primi a sapere della sua nascita. E il bello di questa tradizionale celebrazione è che può essere letta dal lato religioso o dal lato laico. Varano (una frazione di Ancona, ndr) era storicamente diviso in due fazioni: c’erano i democristiani (che si battevano per la Chiesa) e i comunisti (atei)». Ecco, «La Pasquella era l’unica occasione per tenerli uniti, l’unica cosa che accomunava gli uni agli altri».

Dalla Pasquella, sono passate almeno «150 persone». Ma a cosa è dovuto il nome Pasquella, se siamo sotto il periodo natalizio? «È la prima Pasqua dell’anno. La Pasqua è segno di amicizia tra il Signore Dio e l’uomo. E quindi è la prima manifestazione di alleanza tra l’uomo e Dio, è la nascita di Gesù».

E ancora: «Andiamo per le vie della città portando un canto bucolico, quasi gregoriano. In 8 strofe religiose, si racconta di Gesù, dalla sua nascita fino a quando viene battezzato sulle rive del Giordano. E poi, c’è l’aspetto di questua: i viandanti della notte giravano tra i casolari delle campagne chiedendo questua, organizzando la raccolta di beni alimentari, ma anche di soldini. Che poi – continua Galeazzi – venivano consumati tutti assieme in una serata comune. Questo accadeva per i pastori e accadeva ne ˈLa Pasquella di Varanoˈ e in tutte le Pasquelle».

Tipiche dell’Italia centrale, ogni contrada aveva la sua Pasquella: «Probabilmente, c’è stata l’influenza dello Stato Pontificio, tanto che queste manifestazioni si collocano tra Tirreno e Adriatico, passando dalla bassa Toscana, ma ad eccezione dell’Abruzzo. C’è da dire che noi siamo gli unici al mondo per come ci vestiamo e per ciò che cantiamo».

La banda ha addirittura una sua canzone, La ninna nanna a Gesù bambino (canto originale di Varano). Poi, c’è Alla fredda tua capanna (musica tradizionale) e il più conosciuto Venite fedeli.

Se sia faticoso girare per ore cantando le stesse cose e indossando quelle vesti pesanti? «Beh, col clima mite, ultimamente, indossare quei cappotti non è semplicissimo» – ride Galeazzi, con addosso la sua «cappa del 1600». «E anche a livello mentale devi capire che sì, cantiamo sempre le stesse cose, ma ci spostiamo e la gente è sempre diversa».

«Mi emoziono sempre quando parlo de ˈLa Pasquella di Varanoˈ. Avevo 13 anni e chiesi di poter entrare. Mi dissero di no, perché la Pasquella non è aperta a tutti. Allora, mi dissero che noi ragazzi non potevamo farne parte perché non bevevamo vino e non facevamo tardi la sera. Ma l’anno dopo venni raccomandato come il figlio di Cianforlì ed entrai» – ricorda Galeazzi. «All’inizio, facevo la mascotte, raccoglievo spicci e fiancheggiavo il gruppo. Poi, ho iniziato con lo strumento».

La Pasquella resta comunque un «gruppo abbastanza chiuso, non aperto a tutti. Per entrare e farne parte devi anzitutto credere in ciò che dici e che fai. Ti devi vestire in un certo modo, avere un certo comportamento e credere in Gesù. C’è una sorta di codice, noi abbiamo il nostro statuto che è un po’ un regolamento». 

Fino a tre anni fa, il gruppo girava per le scuole dell’infanzia, elementari e medie di Ancona: «In pochi anni, abbiamo incontrato più di 25mila bambini». Tra gli strumenti più apprezzati, spunta la zampogna, che però ha bisogno di una manutenzione talmente accurata che a volte si preferisce lasciarla a casa: «Ma abbiamo cembali, tromboni, tamburi e tamburelli, senza dimenticare la fisarmonica».

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