Ancona-Osimo

Ancona, l’odissea di un anziano al pronto soccorso di Torrette: «Dieci ore di attesa a 87 anni. Ma come si fa?»

L'uomo è ricorso alle cure sanitarie dopo una caduta in casa: «Mi danno il 705 e vedo passarmi avanti il 738, il 769 e così via. Quindi dopo qualche ora inizio ad arrabbiarmi. Non avevo mangiato e nessuno mi aveva somministrato una Tachipirina per i dolori»

Immagine di repertorio

ANCONA – Pronto soccorso di Torrette: «Quasi dieci ore di attesa con una vertebra rotta. A quasi 90 anni, nessuno mi ha controllato per assegnarmi il codice». A parlare è un anziano signore che abita da anni ad Ancona.

Per anni ha gestito la sua storica attività di corso Amendola, nel centro di Ancona, ma per ragioni di riservatezza non sveleremo la sua identità. L’87enne, già fragile – come lui stesso ammette –, è caduto in casa, nel cortile della propria abitazione, lo scorso 24 maggio. «In quel frangente ho deciso di non ricorrere alle cure dei sanitari e di non chiamare l’ambulanza. Il mattino seguente, però, a causa della caduta non riuscivo a muovermi e ho telefonato al Numero unico di emergenza 112».

In pochi istanti, a casa dell’uomo – molto conosciuto in città – è arrivato un mezzo inviato dalla sala operativa del 118: «Sono stato per anni in Croce gialla e conosco bene la macchina dei soccorsi. Per agevolare i sanitari – spiega – mi sono fatto trovare sulla porta. Ero dolorante sì e avevo con me una busta in cui avevo messo tutto il necessario per affrontare un eventuale ricovero. C’era il pigiama – ricorda – e tutto il resto».

I sanitari optano per Torrette e l’anziano raggiunge quindi l’ospedale: «Mi hanno scaricato su una sedia a rotelle senza poggiapiedi. Io – precisa – ero quasi paralizzato e mi hanno messo in mezzo a 60 persone, in sala d’attesa. L’operatore dell’ambulanza parlava con l’infermiera del triage. Insieme, evidentemente, hanno deciso di assegnarmi un codice, senza neppure visitarmi o darmi un’occhiata».

Un codice che all’anziano non sarebbe stato comunicato: «Solo negli istanti successivi, grazie alla mia badante, ho scoperto di avere un codice azzurro, quello che – in pratica – si attribuisce alla gente che va al pronto soccorso per le punture di zanzara o per i taglietti».

L’87enne arriva al pronto soccorso alle 9 di mattina e fino alle 11 nessuno lo chiama: «Dovevo urinare, ma non riuscivo a muovermi. In bagno sarei dovuto andare con la lettiga, ma l’inserviente pareva scocciata».

La colf, a quel punto, chiede al triage quale numero avessero assegnato all’anziano: «Mi danno il 705 e vedo passarmi avanti il 738, il 769 e così via. Quindi dopo qualche ora inizio ad arrabbiarmi. Non avevo mangiato e nessuno mi aveva somministrato una tachipirina per i dolori. Intanto erano passati colazione e pranzo e io ero sempre a stomaco vuoto».

Alle 17.30 l’uomo comincia ad alterarsi: «Ho fatto presente di avere quasi 90 anni: ˈMa come siete messi qua?ˈ, ho chiesto. A quel punto, mi hanno dato il paracetamolo e mi hanno visitato. Il medico si è inutilmente giustificato dicendo che ˈqui è sempre pienoˈ. Ma a me non interessa nulla se è pieno. Io non vengo al pronto soccorso per passare il tempo. I pazienti sono qui per essere curati».

Il referto arriva nel tardo pomeriggio: «Mi hanno diagnosticato una vertebra rotta dopo 9 ore di stenuante attesa. I medici mi hanno detto che sarei dovuto tornare a casa con l’ambulanza e ho aspettato altre 3 ore. Sono uscito dal pronto soccorso alle 21, stremato».

L’uomo, alla soglia dei 90 anni, precisa di non voler alcun risarcimento: «Vorrei solo raccontare alla gente come funzionano alcune cose e come si comportano alcune persone. Poi, vorrei dire una cosa: noi pazienti non siamo animali. Nemmeno ai cani rabbiosi si riserva questo trattamento. Quando io lavoravo in Croce gialla c’era più rispetto per i pazienti. Siamo persone bisognose di cure, ci vogliono tatto, rispetto, accuratezza e velocità».

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