Ancona-Osimo

Natale, l’arcivescovo Angelo Spina: «La pace nasce dalla condivisione di un unico pane»

Nel suo messaggio augurale l'arcivescovo di Ancona - Osimo riflette sulla povertà, fenomeno in crescita, evidenziando l'importanza della solidarietà

Mons. Angelo Spina, arcivescovo di Ancona-Osimo

ANCONA – «È necessaria una rete di solidarietà da parte di tutti per portare avanti un segno di così alto significato umano. Davanti ai poveri non si fa retorica, ma ci si rimbocca le maniche e si mette in pratica la fede attraverso il coinvolgimento diretto, che non può essere delegato a nessuno».  È un passaggio del messaggio di auguri dell’arcivescovo di Ancona – Osimo monsignor Angelo Spina, in cui riflette sulla povertà.

«La nostra Chiesa diocesana di Ancona-Osimo – prosegue -, mai è rimasta insensibile al grido dei poveri. L’accoglienza, l’ascolto e l’accompagnamento delle persone hanno visto sorgere tante opere di carità. Ultima, in ordine di tempo, è la nuova Mensa Caritas diocesana che ha sede nella chiesa di Santo Stefano ad Ancona, vicino alla stazione ferroviaria,  chiusa da anni a causa della frana e che, a seguito del risanamento conservativo e dell’adeguamento funzionale, ora può accogliere circa duecento persone».

L’arcivescovo, pone l’accento sull’importanza della solidarietà dal momento che la povertà è in crescita e molte «persone bussano ogni giorno alla porta del nostro cuore». Riflettendo sull’arazzo raffigurante la Natività e l’adorazione dei pastori, esposto al Museo diocesano di Ancona, realizzato su cartoni preparati da Rubens, famoso pittore fiammingo, nella prima metà del 1600, monsignor Angelo Spina sottolinea la bellezza unica legata alla «forte luce che il Bambino porta in tutto il contesto, ma ciò che colpisce è che è adagiato su fasci di grano con le spighe sporgenti dalla mangiatoia, dettaglio non di poco conto. In basso poi si vede l’agnello legato ai piedi per essere immolato, poggiato su spighe di grano e una donna che ha nella mano un uovo, che porta come dono al Bambino Gesù».

Un simbolismo, osserva, del mistero dell’incarnazione «Dio che si è fatto uomo, nato a Betlemme dalla vergine Maria. Le spighe di grano su cui è poggiato indicano che Lui è il pane della vita eterna; il gallo di fronte all’agnello indica il rinnegamento di Pietro e l’agnello rivela che Gesù si è immolato per la nostra salvezza. L’uovo in mano alla donna è segno di risurrezione e di vita, segno di Cristo risorto che ha vinto la morte. L’arazzo della Natività ci invita a tornare a Betlemme per trovare il vero Natale. Betlemme nella lingua ebraica significa “Casa del pane”. In lingua araba significa “Casa della carne”. La diversa traduzione ci aiuta a capire il significato profondo di questo luogo dove i nostri occhi si volgono per capire meglio il mistero dell’incarnazione, dal momento in cui Dio si è fatto carne in Gesù, pane, cibo di vita eterna per salvare l’umanità da questa fame».

L’arcivescovo evidenzia che «Betlemme è casa dove nasce la vita, dove cresce e viene nutrita. È quanto chiediamo nella preghiera del Padre nostro ogni giorno: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano». Sì, c’è bisogno di questo pane nel momento storico più brutto, difficile e sofferto che le nostre generazioni stanno vivendo: prima la pandemia, poi la guerra, poi la crisi energetica, i cambiamenti climatici,  e poi (…). L’uomo è fame e sete di Dio e per questo motivo ha fame e sete di Dio. Di conseguenza non troverà mai pace, non sarà mai costruttore di pace fino a quando non soddisferà la sua fame e sete di verità e di giustizia. Gesù è nato a Betlemme facendosi pane e spezzandosi, perché tutti abbiano la vita eterna. Un giorno agli apostoli che volevano congedare la folla Gesù disse: «Dategli voi stessi da mangiare».

«Chiediamoci – aggiunge -: Quale Natale celebriamo? Quello di un bell’albero alto, illuminato, vestito di ogni genere di decorazione e sotto tanti pacchi colorati; di una piazza con una lunga fila di piccoli chioschi con doni, candele, giochi, bevande calde, dolci e gente che ride e brinda; di una lunga tavolata imbandita con  ogni genere di cibi, bevande e dolci? E dove è il festeggiato? Dove è oggi Gesù? È la domanda che nuovamente dobbiamo porci. La risposta è lampante nel Vangelo di Matteo: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi».

Monsignor Spina ricorda che il Natale «è Dio che si fa uomo per camminare con noi e dare speranza e amore. I nostri occhi per vedere hanno bisogno di ricevere luce da fuori. Ma per vedere il prossimo e chi è in difficoltà c’è bisogno di una luce che viene da dentro e che si chiama amore, luce che Gesù, facendosi uomo, ha portato agli uomini. É l’amore di Dio che rende nuove tutte le cose e belle le persone».

Tornando alla Mensa Caritas Diocesana operativa già dai giorni precedenti il Natale, sottolinea che «accende nella città di Ancona e nel territorio un faro di luce, convinti che la pace nasce dalla condivisione di un unico pane. Papa Francesco ci ricorda che: «La vera ricchezza sono i poveri, non i soldi o il potere mondano». Un grazie a quanti dedicano il loro tempo di volontariato, alle Istituzioni per la fattiva collaborazione e attenzione a promuovere il bene comune. L’arazzo del Rubens, con la rappresentazione della Natività, ci ha riportato a Betlemme a contemplare quel Bambino nato per noi, scalzo, nudo, povero, venuto a portare a tutti gli uomini pace e amore, a nutrirci della Sua presenza, Pane di vita eterna, ad aprire il cuore con l’impegno di ciascuno e di tutti a favore dei più deboli e dei più poveri. É il Natale che accende da dentro la vita ed è vera festa! Buon Natale a tutti! Buon Anno Nuovo! Auguri!».

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