Ancona-Osimo

Molto più di 194, riflettori accesi sui diritti. La rete femminista Marche si mobilita

La rete femminista delle Marche torna alla carica in difesa dei diritti delle donne, dall'applicazione delle legge, all'aborto farmacologico. Accento anche sulla condizione delle donne afghane

Le donne della Rete

ANCONA – «Si lotti davvero contro le diseguaglianze di genere, razza e classe, contro la violenza femminicida e omolesbotransfobica, a partire dalle scuole, educando alla sessualità e alla differenza». Lo chiede la rete femminista “Molto più di 194” che torna alla carica in difesa dei diritti delle donne e preannuncia nuove iniziative, in collegamento con le altre reti d’Italia, «per dare corpo alle nostre rivendicazioni». Prevista una mobilitazione il 25 settembre a Roma.

Il movimento femminista, che già nei mesi scorsi aveva promosso flashmob per chiedere alla giunta regionale la piena applicazione dalla Legge 194 e il recepimento delle linee Guida del Ministero della Salute sulla pillola RU486 per l’aborto farmacologico, riaccende i riflettori sulla questione: richieste che definisce «non sono solo urgenti» ma «un nostro chiaro diritto, che dopo più di 30 anni continua a non essere garantito».

«Di fronte allo smantellamento passo passo del nostro welfare – si legge nella nota stampa -, come rete femminista pretendiamo vengano applicate appieno le leggi che ci riguardano, quali la 194 su aborto e consultori, quelle su femminicidio e stalking e tutta la normativa antidiscriminatoria legata alle pari opportunità e alla rimozione del gender pay gap». Tra le richieste anche quella che sia riconosciuto come dovere di prendersi cura delle persone, delle famiglie, dell’ambiente, del pianeta.

«Che si lotti davvero contro le diseguaglianze di genere, razza e classe, contro la violenza femminicida e omolesbotransfobica, a partire dalle scuole, educando alla sessualità e alla differenza. Vogliamo che si rovesci la logica che contrappone arbitrariamente italiani contro migranti, ricchi contro poveri, “normalmente” abili contro “diversamente” abili, produttivi contro improduttivi. Vogliamo mettere al centro delle politiche nazionali, regionali e locali, l’effettiva esigibilità del diritto all’autodeterminazione»: salute sessuale e riproduttiva, sanità pubblica, accessibile, laica, tutela nei posti di lavoro, stabilizzazione del precariato “di genere”, socializzazione del lavoro domestico e di cura.

L’accento poi va alla situazione delle donne afghane che si trovano a vivere in un paese dove «la prevaricazione, la sharìa, il dogmatismo religioso, l’obbligo del burqa (e non la sua libera scelta), sono maggiormente visibili», mentre in altri paesi «come il nostro» a soggiogare le donne e le persone «è una cultura e una società intrisa di regole e valori di un patriarcato che sembra sempre più forte, violento e attuale».

«La pandemia – concludono – ci ha insegnato che siamo tutte, tutti e tutt* interconnessi e che lasciare indietro qualcunə non è solo disumano ma anche controproducente. Per questo motivo il 25 ci prenderemo cura del mondo a Roma, dall’Afghanistan all’Italia, nella mobilitazione nazionale Tull Quadze. Contro ogni forma di oppressione la cura è rivoluzione».

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