Ancona-Osimo

Ancona, una vita accanto agli ultimi. Milena Fiore, presidente Patronesse: «Una bimba morì di Hiv. Volevo lasciare l’associazione»

La presidente delle Patronesse dell'ospedale pediatrico Salesi è stata insignita del più prestigioso riconoscimento cittadino, il Ciriachino d'oro. L'abbiamo intervistata

Filomena Felcini Fiore (per tutti Milena) premiata dalla sindaca di Ancona, Valeria Mancinelli (foto per gentile concessione dell'uff. stampa Comune di Ancona)

ANCONA – «Sono Milena da sempre, anche se sulla carta d’identità c’è scritto Filomena». Un sorriso da ragazzina e uno spirito giovane, quello della presidente dell’associazione patronesse del Salesi. L’ospedale pediatrico di Ancona può contare da ben 123 anni su un’organizzazione che aiuta i piccoli pazienti e le loro famiglie. Basta chiamarle e loro, le patronesse, rispondono eccome. Ai meno fortunati costretti su un letto d’ospedale, regalano qualsiasi cosa: palloncini, sciarpe, giocattoli, merendine, ma soprattutto gioia, risate e spensieratezza. Quella gioia che le famiglie vedono scorrere via ad ogni diagnosi nefasta dei loro figli. Perché di diagnosi nefaste, lì dentro, in quelle mura di via Corridoni, ce ne sono eccome.

Milena Fiore, però, non ha mai smesso di sorridere. È contagioso, il sorriso, tanto più nei bambini. «Fare la patronessa mi ha permesso di ricevere molto più di quanto io abbia dato. Però, adesso mi cacceranno via per raggiunti limiti di età (ride, ndr)».

La presidente delle Patronesse, Milena Fiore

Filomena Felcini Fiore – questo il suo nome all’anagrafe – è stata insignita del più prestigioso riconoscimento anconetano: la città le ha infatti conferito la medaglia d’oro, consegnata nel giorno del santo patrono di Ancona, San Ciriaco, che cade il 4 maggio.

Presidente, a chi dedica il Ciriachino d’oro?

«Per metà, all’associazione Patronesse. Un quarto, invece, va a mio marito e un altro quarto, beh, quello me lo tengo per me».

Quando (e perché) ha deciso di entrare nelle Patronesse?

«Era il 1984, sono 39 anni che vivo in quest’associazione. Un giorno, per una qualche ragione, sono andata in ospedale e ricordo di esserne uscita pensando a quanto fossi fortunata. Andava così tutto bene nella mia vita che mi sembrava troppo. È per questo motivo che ho deciso di mettermi al servizio degli altri, di chi – magari – sta vivendo dei momenti difficili».

Quale ricordo porterà per sempre con sé?

«Di storie e di ricordi ce ne sono tanti. In 39 anni, è successo di tutto: è accaduto del bello, ma anche (purtroppo) del brutto. Sa, il bello può anche passare, ma il brutto ti rimane per sempre».

Prosegua…

«C’era una bimba di 5 anni ricoverata al Salesi. Veniva da un paesino dell’Abruzzo. La piccola era stata contagiata dall’Hiv: la madre era stata infettata ed era morta. A prendersi cura della bimba, erano i nonni ed era una situazione difficile, i due anziani vivevano in una roulotte vicino al Monumento del Passetto. La ragazzina non stava bene ed era in ospedale da tempo. A casa, aveva un cane che desiderava tanto rivedere. Insistevo per portarlo in reparto, ma né i medici né la caposala permettevano al cane di entrare. Riprovai a convincerli, insistetti e alla fine ci riuscii. Doveva sembrare una sorpresa, qualcosa che non sapeva nessuno. Così, un giorno, portai la cagnolina in reparto, entrai nella  stanza e la bimba, sorpresa e stupita, mi disse: ˈAh Mile’, ce li semo fregatiˈ (li abbiamo fregati, ndr). Scoppiammo a ridere, lei era convinta che io avessi contravvenuto ai divieti dei medici».

Come finì?

«Finì male: dopo poco tempo, qualcuno mi informò che la bambina era morta. Non reagii bene, tanto che non volevo più fare la patronessa, lo giurai. Poi, l’associazione e i bambini mi mancavano troppo. Così, tornai e adesso eccomi qua».

Senta, le chiedo: di beneficenza, se ne potrebbe fare di più?

«Per quel che mi riguarda, non posso lamentarmi. Quando noi chiediamo aiuto, poca gente dice ˈnoˈ. D’altronde, l’associazione che presiedo ha 123 anni, è conosciuta e trasparente. Ogni volta che riceviamo una donazione specifichiamo la finalità e quando, ad esempio, l’obiettivo si realizza, allora pubblichiamo tutto sulla stampa».

Filomena Felcini Fiore (per tutti Milena) premiata dalla sindaca di Ancona, Valeria Mancinelli (foto per gentile concessione dell’uff. stampa Comune di Ancona)

Cosa le danno i bambini?

«Affetto e gioia: a loro, basta un giochino per divertirsi, basti tu per ridere. E le famiglie, d’altro canto, sono riconoscenti. Vedono che il bambino, prima triste e un po’ mogio, poi rifiorisce e sorride. Rimangono stupite nel vedere come i loro piccoli riescano a cambiare umore. E io, quando esco da quella porta e lascio l’ospedale, beh sono più felice di loro: mi sembra di aver fatto un miracolo».

A proposito di miracoli: chi è credente come riesce ad accettare un tumore in un neonato?

«(esita, ndr) A questa domanda, non so rispondere. Sa, forse si pensa a un fine ultimo. Però, boh, come lo spieghi?».

Parliamo della sua prima vita, quella da commerciante…

«Sì, ho aiutato per anni mio marito col suo negozio di corso Garibaldi, vendevamo vestiario per adulti. Ancora oggi, incontro le nostre ex clienti per strada, che mi dicono: ˈQuesto abito l’ho preso da teˈ».

Com’è cambiato il commercio dorico negli anni?

«Mah, i negozi come era il nostro stanno via via sparendo. Noi abbiamo chiuso 12 anni fa e ora ci sono sempre più catene. Trovo ci sia meno attenzione alla qualità, si guarda più alle tendenze e alla moda e sono cambiati pure i modi di acquistare e di vestirsi».

Cosa direbbe a chi ha varcato la soglia dei 60 o 70 anni, è in pensione a non fare nulla e si annoia davanti alla tv?

«Che è tempo e vita buttata via: io non dico che a 70 anni devi fare il giro del mondo o dei reparti di un ospedale, ma ci sono così tante cose da fare. Nella nostra associazione, abbiamo svariati laboratori. Prima, le signore anziane ricamavano. Oggi non si fa più, ma entrare nelle Patronesse significa stare insieme, condividere, parlarsi, aiutare».

© riproduzione riservata