Ancona-Osimo

Il mare si scalda, Luna (Cnr-Irbim): «Le acque si stanno acidificando, specie a rischio»

Non solo il mare, ma anche gli oceani non sono mai stati così caldi, tanto che quest'anno la temperatura media della superficie dei mari ha raggiunto i 21 gradi

La boa oceanografica Fortunae

ANCONA – Tra il 18 e il 20 luglio la temperatura del mare rilevata dalla boa al largo della costa di Fano (gestita e progettata dal CNR IRBIM e dall’Università Politecnica delle Marche, ha superato i 29 gradi, un valore record che quest’anno è stato toccato in anticipo rispetto all’anno scorso, quando venne raggiunto ad agosto inoltrato (i dati della boa sono accessibili in tempo reale all’indirizzo https://www.irbim.cnr.it/sitoss-dettagli/fano-boa/).

Non solo il mare, ma anche gli oceani non sono mai stati così caldi, tanto che quest’anno la temperatura media della superficie dei mari e degli oceani ha raggiunto i 21 gradi «un picco record, ben al di sopra delle temperature precedenti se confrontato con lo stesso periodo dell’anno» spiega Gian Marco Luna direttore dell’Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine (Cnr-Irbim).

«I mari e gli oceani assorbono il calore» e il surriscaldamento globale impatta sulle specie marine. «Gli oceani stanno anche cambiando colore, diventano verdi – spiega – a causa della proliferazione anomala di fitoplancton, legata anche all’aumento della temperatura dell’acqua» e per effetto di questi cambiamenti si vengono a creare «zone povere di ossigeno, definite ipossiche o anossiche, che possono causare la morte di pesci».

Il riscaldamento del mare mette a rischio la biodiversità favorendo l’ingresso e la diffusione, nelle acque del Mediterraneo, di specie cosiddette aliene, ovvero caratteristiche dei mari tropicali notoriamente più caldi, come il pesce scorpione, già segnalato sulle coste calabresi, oppure il granchio blu americano (Callinectes sapidus), di cui si parla molto in questa estate «che tuttavia – precisa Luna – non arriva in Mediterraneo da mari caldi ed ha un ampio range di tolleranza alle temperature, ma la cui esplosione è sicuramente da mettere in relazione anche alle variazioni climatiche in corso che stanno modificando gli ecosistemi lagunari e costieri ed il regime idrologico».

Granchio blu che si è diffuso maggiormente negli ambienti lagunari, e che si sta iniziando a trovare anche in Adriatico. In Mediterraneo sono presenti già oltre 200 specie ittiche aliene. Anche nelle acque antistanti alla costa marchigiana c’è il rischio di diffusione di specie tropicali, proprio a causa del riscaldamento del mare. C’è da dire che i 29 gradi di temperatura nelle nostre coste erano già stati rilevati nel 2018, ma erano stati raggiunti nel mese di agosto, «quest’anno è avvenuto un mese prima – spiega il professor Luna – il nostro è un mare poco profondo e può riscaldarsi non solo a livello dello strato superficiale, ma anche dell’intera  colonna d’acqua e questo può generare problemi a quelle specie bentoniche che sono incapaci di muoversi e sono ferme sul fondale» come, ad esempio, il mosciolo, con il rischio di «eventi di mortalità massiva, come si erano verificati l’anno scorso».

Uno studio condotto dal Cnr e da 30 gruppi di ricerca, tra i quali anche dell’Università Politecnica delle Marche, ha evidenziato che tra il 2015 e il 2019 si sono verificate delle ondate di calore che hanno causato mortalità di massa in 50 specie marine, fra le quali coralli, spugne, macroalghe e pesci, un evento senza precedenti. Lo studio ha messo in luce anche la maggiore vulnerabilità di queste specie marine alle patologie, come le infezioni, un dato che preoccupa gli esperti e che è collegato alla diminuzione di ossigeno.

«Per fermare questo trend di riscaldamento globale che l’uomo senza alcun dubbio sta causando al pianeta – spiega -, dobbiamo prima possibile dare un taglio drastico alle emissioni di CO2 di origine antropica in atmosfera. I mari ci stanno aiutando molto a compensare l’aumento di calore e di CO2 causato dalle emissioni umane, ad esempio assorbendo circa il 25% di tutta la CO2 emessa, ma al prezzo di cambiamenti importanti come l’acidificazione del mare, con attuali previsioni di diminuzione del pH a fine secolo di circa 0.3–0.4 unità». Questo processo, alterando la chimica delle acque, «crea problemi agli organismi calcificanti come i molluschi bivalvi che vanno incontro a difficolta nel produrre il guscio e a fenomeni di mortalità. Ciò che preoccupa oggi è l’effetto combinato di aumento di temperatura ed acidificazione, e se questi organismi saranno in grado, in tempi relativamente brevi, di sviluppare meccanismi di adattamento».

L’altra faccia del cambiamento climatico e del surriscaldamento delle acque per le nostre coste marchigiane è legata allo sviluppo di eventi meteorologici estremi, con fenomeni alluvionali come quelli visti a maggio tra Emilia Romagna e Marche, che hanno «trascinato sedimenti, inquinanti e microbi di natura fecale dai fiumi al mare, con problemi di balneazione e impatti sull’economia blu. Temperature del mare più elevate possono favorire la proliferazione di questi microbi una volta arrivati in mare, aumentandone la capacità di persistere».

A livello globale, l’aumento delle temperature planetarie sta causando anche la fusione delle calotte polari che, insieme ad altri fattori come l’espansione termica dei mari e la perdita dei ghiacciai, comporterà «secondo le previsioni, da qui a fine secolo, un innalzamento medio del livello dei mari fino ad un metro» che in alcune zone, come le coste orientali degli Stati Uniti e del Golfo, potrà anche essere più elevato. Erosione costiera, ma anche variazioni del moto ondoso, come l’onda anomala che si è abbattuta sulla costa marchigiana il 22 luglio, vanno messi purtroppo in conto anche nella nostra regione.

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