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Marche in arancione, Caroli del Gores: «Cambia poco, è un provvedimento un po’ datato»

Il capo del Gruppo operativo regionale emergenze sanitarie interviene sul passaggio nella fascia di rischio arancio, spiegando che le restrizioni interessano solo i non vaccinati. La sua analisi sull'andamento della pandemia

Mario Caroli, capo del Gores Marche

ANCONA – «La zona arancione? Il passaggio cambia veramente poco, è un provvedimento forse un po’ datato, superato, anche perché la nostra curva epidemiologica è in netto miglioramento ormai da qualche giorno.  Essere passati in zona arancione da questo lunedì (oggi, 7 febbraio, ndr) è qualcosa che ha veramente dell’incomprensibile». A dirlo è il capo del Gores delle Marche (Gruppo operativo regionale emergenze sanitarie) Mario Caroli. 

Da oggi le Marche sono in zona arancione a causa dello sforamento contemporaneo di tutti e tre i parametri che fanno scattare il passaggio in questa fascia di rischio, ossia incidenza sopra i 150 casi su 100mila abitanti, terapie Intensive sature oltre il 20% e area medica sopra il 30%.

Il passaggio in zona arancione, però secondo Caroli «non muta la situazione organizzativa: le limitazioni riguarderanno esclusivamente i non vaccinati, quindi fondamentalmente questo non cambia nulla sull’impatto che avremo sugli ospedali, ospedali che stanno soffrendo il picco dei contagi che abbiamo avuto qualche giorno fa e che ha portato all’aumento del tasso di ospedalizzazione sia nei reparti di terapia intensiva che nei reparti di terapia ordinaria».

Per le persone con Super Green pass o Green pass rafforzato come lo si voglia chiamare, ossa la certificazione verde ottenuta con vaccinazione anti Covid o guarigione dal virus, il passaggio dalla zona gialla alla zona arancione non comporta cambiamenti: non ci sono infatti limitazioni alla circolazione e le attività restano accessibili sempre.
Nelle Marche al 31 gennaio il 90% della popolazione ha avuto la prima dose del vaccino ed ha quindi il Super Green pass, mentre l’85% ha completato il ciclo vaccinale primario.

Chi invece non si è vaccinato ed ha il Green pass base, quello che si ottiene anche con l’esito negativo di un tampone, nelle giornate festive e pre-festive non può accedere ai negozi presenti all’interno dei centri commerciali, esclusi quello di generi alimentari, farmacie, edicole, librerie e tabaccherie. Inoltre chi è sprovvisto del Super Green pass può uscire dal territorio del proprio comune di residenza solo per lavoro, necessità e servizi non presenti nel proprio comune e solo con autocertificazione; non può accedere neanche agli impianti sciistici di risalita, praticare sport da contatto all’aperto, né frequentare corsi di formazione in presenza.

Secondo il medico «forse queste misure andavano prese due – tre settimane fa, se si voleva veramente incidere sui tassi di ospedalizzazione». Entrando nel merito della curva epidemiologica in discesa orma da alcuni giorni, afferma che si tratta di «una notizia che ci fa guardare con fiducia alle prossime settimane e ai prossimi mesi, perché in modo netto i tassi di incidenza stanno calando».

Per il capo del Gores «sicuramente nelle prossime due – tre settimane dovremmo ancora gestire le complicanze delle patologie legate al picco che abbiamo avuto sette – 10 giorni fa, ma credo che nel giro di due – 3 settimane la situazione migliorerà nettamente a livello ospedaliero».

«Credo – aggiunge – che entro la fine di febbraio, i primi 10 giorni di marzo, vedremo un netto miglioramento della situazione, soprattutto a livello ospedaliero». Caroli osserva che nell’ultimo periodo è aumentato il numero delle persone positive asintomatiche: «La variante Omicron si è diffusa in tutta la popolazione, credo che ormai, se non quasi tutti, ci sarà una positivizzazione in modo asintomatico della popolazione».

Sulla quarta dose di vaccino ai sanitari, la cui decisione sta slittando a livello nazionale, afferma «gli studi stanno dimostrando che al momento non è indicato somministrare una quarta dose, né ai sanitari, né ai fragili. Credo che dovremo aspettare ancora qualche mese per capire se ci sia realmente una necessità».

Ritiene che con il booster sarà finita la somministrazione?
«Credo che con l’andare del tempo il Coronavirus diventerà endemico, come l’influenza, e quindi molto probabilmente, come tutti gli anni fasce della popolazione si sono vaccinate per il virus antinfluenzale, credo che con l’andare del tempo tutti gli anni, probabilmente, dovremmo vaccinarci per il virus Coronavirus».

Basterà una vaccinazione all’anno?
«Penso che fondamentalmente si, sarà una vaccinazione annuale, forse nove – 12 mesi, questo dipenderà dagli studi che l’Istituto Superiore della Sanità sta conducendo. Sicuramente è positiva questa endemizzazione del Coronavirus e questa trasformazione del virus in virus endemico, che ha una maggiore capacità diffusiva ma che con la copertura vaccinale porta sintomi estremamente lievi e superabili con una banale terapia e degenza ospedaliera».

«In questo momento – aggiunge -, soprattutto nei Pronto Soccorso e negli ospedali, la difficoltà che abbiamo è quella di dover gestire quella quota di pazienti negativi (al virus, ndr) che necessita della ospedalizzazione e che facciamo fatica a ricoverare, perché ancora una quota sufficientemente elevata di posti letto è occupata dai pazienti Covid positivi. Quello su cui dovremmo lavorare e assolutamente recuperare – conclude -, è lavorare sui pazienti negativi, per intervenire precocemente, soprattutto sui pazienti oncologici che sono rimasti un po’ indietro, perché la gestione del Covid ci ha imposto di dare precedenza alle insufficienze respiratorie».

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