Ancona-Osimo

Ancona e gli infermieri volontari, la storia di Franca Pulita: «Non saprei stare in casa. Se il malato chiama, devo andare»

Un docufilm Rai racconta esempi bellissimi di infermieri di famiglia e di comunità come la storia di Franca Pulita, che, da pensionata, mette a frutto la propria esperienza tra Ancona, Numana, Chiaravalle per assistere le persone fuori dall'ospedale

Un fermo immagine del docufilm "Ovunque per il bene di tutti", promosso dalla Fnopi

ANCONA – Si muovono nell’ombra del dolore, tra la tristezza di una malattia che non sempre svanisce e che spesso segna il destino di chi la vive. I malati che non si trovano in ospedale vivono l’incertezza tra le mura domestiche. Sempre più soli, devono fare i conti con burocrazia e medicine, mentre ospedali e pronto soccorso straripano di utenza.

La storia di Franca Pulita, originaria di Jesi (ma residente a Falconara) è raccontata – insieme a tante altre – nel docufilm “Ovunque per il bene di tutti”. La pellicola, promossa dalla Fnopi (Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche) racconta uno spaccato del servizio sanitario sconosciuto a molti.

Il documentario, disponibile su RaiPlay, raccoglie le voci dei protagonisti che hanno dato vita a progetti premiati come eccellenze infermieristiche in tutta Italia. Vengono così presentate le storie di infermieri di comunità che si sono distinti nei diversi campi dell’assistenza sul territorio, abbracciando ambiti particolarmente sensibili come la salute mentale, la pediatria, l’ausilio domiciliare, gli anziani e la scuola, con l’obiettivo di offrire un servizio di assistenza sanitaria vicino ai cittadini e ai loro bisogni di salute.

L’infermiera Franca Pulita: originaria di Jesi, vive a Falconara

Una di loro è la dottoressa Pulita, infermiera in pensione che ha trascorso gli ultimi 20 anni di servizio al reparto di oncologia dell’ospedale regionale di Torrette: «Io non ho scelto di fare l’infermiera: ci sono finita per caso, poi m’ha preso e l’ho fatto tutta la vita» – racconta nel documentario.

Noi l’abbiamo raggiunta al telefono: «Una volta in pensione – dice – ho deciso con una collega di fare qualcosa per i miei pazienti e per coloro che stanno a casa». Ne è nata una Onlus, che oggi è una Odv (Organizzazione di volontariato) per l’assistenza domiciliare gratuita. L’organizzazione si chiama Artis, Associazione ricerca e terapia infermieristica di supporto.

«La patologia oncologica è complessa, non fai solo la medicazione. È tutto l’insieme che ti prendi addosso. Non saprei stare ferma dentro casa, se il malato mi chiama, io ci devo andare. Per chi non sta in ospedale, è importante poter contare su un numero di telefono sempre attivo: è una sicurezza. Sapete – prosegue – il mondo gira alla velocità della luce e noi non possiamo restare fermi».

In che senso? «Beh – risponde – una volta era il vicino di casa o il dirimpettaio a farti un’iniezione, oggi non più. E allora la gente come fa? Va in ospedale e i pronto soccorso si intasano». Ecco perché ci sono loro, gli infermieri di comunità. Di medicina di prossimità – dopo la pandemia di covid – si è parlato tanto, ma come stanno davvero le cose?

«I pazienti purtroppo sono tanti e non sempre negli ospedali c’è posto. In più, noi infermieri volontari non siamo abbastanza. Della carenza di posti letto, nelle strutture sanitarie, sentiamo spesso parlare e un malato, dentro casa, necessita di almeno tre persone che lo accudiscano, tra chi se ne prende fisicamente cura e chi, invece, gira per uffici, farmacie e ospedali».

La figura di infermieri di comunità è stata introdotta recentemente, grazie al Patto per la Salute 2019-2021 ed è stata confermata dal Decreto “Rilancio” del 2020. Oggi ci sono circa 3mila infermieri di famiglia e comunità in servizio su tutto il territorio nazionale, ma ne servirebbero almeno 25mila secondo gli standard indicati per il PNRR. Lavorano nelle case, nelle scuole, nelle situazioni di emarginazione e disagio per le fasce più fragili della popolazione.

L’ambulatorio sulla Flaminia, a Falconara

«Noi siamo pochi – ribadisce Pulita – servirebbero più infermieri volontari. Prima del virus – ricorda – operavamo tra Falconara, Chiaravalle, Numana e soprattutto Ancona (e provincia). Col covid, è tutto cambiato ed entrare nelle case diventava difficile».

Di qui, l’idea di un ambulatorio per «cateteri venosi centrali e molto altro». Un ambulatorio pensato soprattutto per i malati oncologici, ma non solo. «Chi si può muovere – evidenzia l’infermiera – viene in ambulatorio (ex casa Anas), in via Flaminia 431, a Falconara. Altrimenti, andiamo noi da loro».

Per i pazienti di oncologia ed ematologia del nosocomio regionale di Torrette, la fondazione Angelini ha persino messo a disposizione un casale di fronte l’ospedale. Qui si ospitano familiari e pazienti gratuitamente: «Una soluzione, questa, pensata soprattutto per chi arriva da lontano».  

Domandiamo quale sia il ringraziamento più bello ricevuto da un paziente. «Questa è una domanda difficile – fa l’infermiera – Credo che tutto stia nei sorrisi che ci scambiamo. I nostri pazienti ci aspettano tutti i giorni: noi infermieri siamo un punto di riferimento sicuro per loro. Quando ti trovi in quelle condizioni, pure le cose più stupide possono diventare problemi enormi. È importante esserci, tutto qua. Ah, mi raccomando: quando scrive l’articolo – conclude – lo scriva anzitutto per i nostri pazienti, non per noi».

Per informazioni, visitare il sito dell’Artis o contattare il seguente numero telefonico: 071.914140.

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