Ancona-Osimo

Indagine First Aid One, i soci: «Le nostre coscienze pulite come le nostre divise»

I soci della cooperativa First Aid One, finita al centro di una indagine della Guardia di Finanza, replicano alle accuse. Ecco cosa sostengono

Il presidio dei lavoratori della First Aid One

ANCONA – Dopo la presa di posizione dei lavoratori sul sequestro della First Aid One, ora arriva anche quella dei 500 soci della cooperativa che si occupa di servizi sanitari. Nei giorni scorsi la Guardia di Finanza di Pavia aveva posto sotto sequestro la cooperativa, con sede legale a Pesaro e sede operativa a Bollate (Milano), nell’ambito di indagini per reati di caporalato e appalti truccati per un valore complessivo di circa 11 milioni di euro.

Una vicenda che aveva scosso anche l’Anconetano dove la First Aid One si occupava del servizio di trasporto sanitario degli Ospedali Riuniti di Ancona, ora tornato in capo ad Anpas con il raggruppamento temporaneo di 7 associazioni di volontariato.

A prendere le distanze è la cooperativa FAOI che «si dissocia dalla ricostruzione fin qui fornita dalle autorità inquirenti e dalla Procura della Repubblica di Pavia preposta all’accertamento dei fatti in ordine a presunte responsabilità individuali che non possono gettare ombre e discredito sull’operato dei 500 lavoratori contrattualmente impegnati e regolarmente pagati, in Italia, incluso quei contributi salariali destinati anche alla collettività lombarda» si legge in una nota stampa diramata dalla cooperativa.

Tra i reati oggetto di indagine delle fiamme gialle di Pavia, oltre al presunto caporalato e appalti truccati, anche quella della mancata sanificazione delle ambulanze. La cooperativa si difende ricordando di aver ottenuto «pubblici riconoscimenti, incluso quello del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella», di avere «500 dipendenti regolarmente stipendiati» e di essere stata «capace di apportare migliorie, risparmio e lavoro stabile. Anche assumendosi rischi d’impresa».

«Respingiamo l’accusa di sfruttamento del personale – prosegue la nota – così come quella di ricorso al volontariato “camuffato”, al di fuori della contrattualistica prevista dalle cooperative. Respingiamo l’accusa di mancata sanificazione dei mezzi ed a conforto delle nostre affermazioni forniamo da sempre i dati sul numero dei trasporti Covid e il numero dei nostri soci colpiti dalla grave pandemia pressoché pari allo zero».

La cooperativa prosegue affermando che «le dichiarazioni sommarie fornite da personale licenziato per giusta causa, non sono degne di essere ribattute in questa sede» e chiede «di sapere quale sia la sorte dei 500 soci cooperatori cui il provvedimento giudiziario sta impedendo di svolgere con serenità e regolarità, il lavoro, rischiando ogni giorno di non poter acquistare nemmeno il gasolio per le ambulanze».

Secondo la FAOI il rischio è di alzare «il prezzo del servizio a esclusivo vantaggio delle sole associazioni di volontariato lombarde (in particolare)» e di consentire «di chiedere ed ottenere a trattativa privata, i servizi di emergenza-urgenza 118 e quelli di trasporto sanitario infermi».

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