Ancona-Osimo

Ancona, i perché della crisi

La sconfitta casalinga con il Fano ha sancito ufficialmente lo stato di crisi della formazione dorica, mai così vicina alla retrocessione. Una riflessione per capirne i motivi, con i contributi di Francesco Rubini e Claudio Marconi

La scena eloquente della contestazione al termine di Ancona-Fano

ANCONA – Sono le 22.40 allo Stadio del Conero di Ancona. Da circa venti minuti è terminata Ancona – Fano con il punteggio di 0-2 in favore degli ospiti, fanalino di coda del girone B di LegaPro. La cornice che ha accompagnato i giocatori nello spogliatoio è eloquente. Una Curva Nord vuota, con un fuoco acceso, abbandonata dagli ultras inferociti dopo la seconda rete subita e pronti per la contestazione nel dopogara. Una tribuna furente, che non ha risparmiato nessuno dagli improperi. E i tifosi fanesi festanti con la loro squadra, che a tratti è sembrata manifestamente più forte dei dorici.

Come ci si è arrivati a tutto ciò? Quali sono i motivi di una crisi che sta rischiando di gettare l’Ancona nel baratro, e questa volta in modo irreversibile? Li proviamo ad identificare in un’indagine a trecentosessanta gradi servendoci anche dei contributi di Claudio Marconi, responsabile del portale TuttoAncona.Com, e Francesco Rubini, Consigliere Comunale e tifosissimo biancorosso.

LA QUESTIONE SOCIETARIA

Causa principale della situazione è la latitanza dell’attuale proprietà. Mastropietro, Leone e il consulente esterno De Nicola, da mesi non si vedono al Del Conero passando alle cronache solo per qualche affermazione via social.

Per non parlare di Fabiano Ranieri, di cui al momento si ignora anche il ruolo nel club. I due volti nuovi, Nacciariti e Spadoni, teoricamente sono quelli che dovrebbero rappresentare la società ma fino ad ora i risultati, anche e soprattutto in termini di popolarità, sono piuttosto scarsi.

C’è poi la questione David Miani. L’attuale Amministratore Delegato, trait d’union con la vecchia gestione e unico “sopravvissuto” di SosteniamolAncona è al momento il massimo bersaglio della tifoseria, che ne chiede a gran voce le dimissioni ormai da tempo.

Fatiscenza, proclami gratuiti e assenza di qualsiasi tipo di programmazione. Gli ingredienti di questa compagine societaria possono riassumersi così. E ci sono tanti “buchi neri” ancora inesplorati. Dalla Fideiussione di Andrea Marinelli alla questione stipendi, che risulta tutt’altro che risolta. E con queste basi non si va lontano.

LA QUESTIONE TECNICA

Non è concepibile passare da una stagione scorsa, conclusa con una squadra giovane e “proletaria” in zone di medio-alta classifica, a quella in corso, con i biancorossi a solo una lunghezza di vantaggio dall’ultimo posto. In mezzo, c’è la distruzione di quel nucleo di giocatori guidato con saggezza ed esperienza da Giovanni Cornacchini.

Le mosse di mercato, targato Cerminara, di quest’estate e quello di Dicembre/Gennaio, condotto in nome e per conto di non si sa chi, hanno portato al formarsi di una rosa disordinata, male assemblata e piena di nomi dati in pasto all’opinione pubblica, senza conoscerne realmente il valore.

Giovanni Pagliari, Giulio Spadoni e il nuovo corso dell’Ancona

Giovanni Pagliari, chiamato per sostituire Brini che comunque in tutti i limiti di questa squadra almeno un’identità l’aveva data, versa nella più totale confusione. Tanti i moduli cambiati, troppi i giocatori gettati nella mischia e poi bruciati. Eloquenti le dichiarazioni in Sala Stampa, dettate dal caos totale in cui probabilmente emerge una mancanza di polso nei confronti dello spogliatoio.

Richiamare Brini? Al momento potrebbe essere l’unica mossa da fare, per evitare il baratro che non è mai sembrato così vicino come in questo lunedì.

L’ABBANDONO

L’Ancona difficilmente è stata così sola in questi ultimi anni. Una contestazione simile andò in scena qualche anno fa: era la Serie B e i dorici perdevano in casa 1-4 con il Frosinone. Anche in quella occasione la Curva Nord abbandonò i gradoni e si portò all’esterno per gridare a gran voce il dissenso, ma il contesto era diverso.

Adesso è rimasta solo la Curva a sostenere la squadra, rivendicandone giustamente la paternità dei colori, richiesti simbolicamente a fine gara.

L’imprenditoria locale sembra non accorgersi del crollo della prima squadra di calcio della città. SosteniamolAncona e il progetto di azionariato popolare hanno fallito, con l’illusione di un calcio etico che si è rivelato l’inizio della fine. E il Sindaco? Fino ad ora non si è mai schierata pubblicamente.

Urge un cambiamento. C’è un città da riconquistare, tanti cuori da tornare a far battere per il biancorosso. L’Ancona non è mai stata così sola. E questa è una verità assoluta.


Punti di vista

Francesco Rubini (Consigliere Comunale e tifoso della Curva Nord): «Da tifoso e consigliere comunale lavorerò nei prossimi mesi affinchè si possa riaprire un dialogo tra le istituzioni e le migliori energie imprenditoriali di questa città. Un progetto a lungo termine serio e lungimirante non solo permetterebbe alla storia calcistica di sopravvivere, ma di rilanciare più in generale l’attività sportiva cittadina. I motivi della crisi vanno ricercati nella totale assenza di progettualità e controllo, nella cessione delle quote a personaggi in nessun modo trasparenti che ci hanno condannato ad una politica dell’emergenzialità perenne».

Claudio Marconi (Responsabile portale TuttoAncona.com): «Il pesce puzza sempre dalla testa è inutile girarci intorno. L’anima di questa squadra è stata interamente distrutta da una società assente da diverso tempo, presente solo tramite Facebook e altri social. Ci stanno montando la bufala degli stipendi, quando tutti sanno che questi non sono stati pagati. Lo spogliatoio è completamente allo sbando, figlio di una campagna acquisti disastrosa. Pagliari stesso è nel pallone, sta facendo scelte cervellotiche e adesso anche i risultati gli stanno dando contro. Non sono mai stato a favore della cacciata di Brini, visto che con lui eravamo a +4 sui playout e ora ci troviamo a +1, ma dalla retrocessione diretta. Artefici principali di questa situazione i tre presidenti dello scorso anno, Vietri, Miani e Gramillano che hanno volutamente deciso di consegnare la squadra alla nuova “proprietà”, che da mesi non si vede nel capoluogo. E colpe ancor più grosse le ha David Miani che, per sua scelta, rifiutò di parlare con la cordata di Sfrappa e Petrolini, con cui non ci saremmo sicuramente trovati in questa situazione».

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