Ancona-Osimo

Guerra israeliano palestinese, Severini (Unimc): «Conflitto storico, due popoli si contendono la stessa terra»

Le ostilità tra israeliani e palestinesi vanno avanti ormai da decenni, un lungo conflitto ancora irrisolto al centro del quale ci sono una terra contesa e interessi contrapposti

Guerra israeliano palestinese (Foto di Stephen Norris da Pixabay)

Tutto è iniziato alle prime luci dell’alba di sabato 7 ottobre, quando le sirene dell’allarme bomba sono tornate a suonare nel centro e nel sud di Israele. Un attacco senza precedenti quello sferrato da Hamas contro Israele che è riuscito a penetrare nel territorio ebraico e nei kibbutz vicino alla Striscia di Gaza: i miliziani hanno preso in ostaggio civili e militari e uccidendone altri. Israele ha dichiarato lo stato di guerra.

Le ostilità tra israeliani e palestinesi vanno avanti ormai da decenni, un lungo conflitto ancora irrisolto al centro del quale ci sono una terra contesa e interessi contrapposti. Abbiamo intervistato sulle ragioni e gli scenari di questa guerra Marco Severini, ricercatore in Storia contemporanea, professore aggregato di Storia dell’Italia contemporanea (dal 2012) e di Storia delle Donne nell’Italia contemporanea (2021) presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Macerata. 

Il professor Marco Severini (Unimc)

Professore perché questa volta il conflitto si è acceso in maniera così violenta? E perché proprio adesso?
«Bisogna sottolineare che si tratta di un conflitto storico tra due popoli che si contendono il possesso della stessa terra dal 1948, anno di nascita dello Stato d’Israele: gli israeliani rivendicano il diritto sulla Palestina in quanto luogo di nascita del popolo ebraico, mentre i palestinesi affermano di abitare tale territorio prima degli israeliani e di esserne stati cacciati con la forza. L’ennesimo episodio di questa guerra è scoppiato nel frangente dei negoziati per la normalizzazione delle relazioni tra Israele e Arabia Saudita, sotto l’egida degli Stati Uniti e a seguito degli Accordi di Abramo (2020). E simbolicamente il tutto è stato attuato 50 anni e un giorno dopo la guerra dello Yom Kippur (o semplicemente del Kippur), la quarta fase del conflitto arabo-israeliano. Anche allora ci fu un effetto-sorpresa, cioè l’attacco improvviso degli eserciti egiziani e siriani che misero a dura difficoltà Israele».

Si teme per le ripercussioni economiche, ma anche per gli effetti sugli equilibri geopolitici internazionali e sul conflitto in Ucraina…
«L’attacco di Hamas ha innescato una spirale che potrebbe portare a conseguenze simili a quelle scatenate, nel febbraio 2022, dall’invasione russa dell’Ucraina: a partire dalla benzina, questione che pesa da mesi sulle tasche degli italiani, per continuare con un tema sempre più ricorrente, l’autonomia energetica europea. Quanto agli equilibri geopolitici internazionali, stanno rapidamente evolvendo: gli Stati Uniti guardano al Pacifico, o meglio all’Indo-Pacifico, come area principale di riferimento per confrontarsi con la Cina, la principale minaccia non solo dell’Amministrazione Biden, ma della storia statunitense nel XXI secolo».

Quali potrebbero essere gli scenari, vista anche la storia di questo conflitto?
«Purtroppo, una risposta bellica di Israele appare inevitabile, anche se, è bene ribadirlo, la guerra non è mai un’opzione. C’è da sperare che la nuova escalation resti limitata a Gaza. Al contempo il conflitto potrebbe estendersi agli altri territori palestinesi a nord (confine con il Libano) o alle altre aree medio-orientali: preoccupa, in particolare, la Cisgiordania. Molti analisti occidentali concordano nell’individuare l’Iran dietro l’attacco del 7 ottobre scorso. Ma le classi dirigenti delle due realtà in lotta sono decrepite e superate da nuove generazioni, percorse dal vento integralista. Trent’anni dopo gli Accordi di Oslo e novanta dopo che è balenata l’ipotesi di risolvere questo sanguinoso conflitto con la creazione di due Stati, dobbiamo chiederci perché la strategia del dialogo e della convivenza continuino ad essere superate dalla logica della violenza e della contrapposizione».

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