Ancona-Osimo

Giornata mondiale del rifugiato: dall’Ucraina alle Marche, l’incognita del futuro

In occasione della giornata mondiale, la Comunità Ucraina delle Marche racconta le difficoltà economiche e relative all'accoglienza

La bandiera dell'Ucraina (foto Adobe Stock)

ANCONA – «Il mio pensiero nella giornata del rifugiato va a chi è costretto a restare in Ucraina perché vuole difendere il paese, a chi resta per aiutare, a chi non vuole lasciare un marito, un fratello, un figlio o i genitori anziani». A parlare è Jaklin Bachynska, della Comunità Ucraina delle Marche. Originaria di Boryslav, una cittadina ad ovest dell’Ucraina, vicino al confine con la Polonia, ma residente nelle Marche, a Jesi, da quasi un ventennio, il pensiero di Jaklin va al suo popolo afflitto da una guerra che dura ormai da nove anni, anche se negli ultimi quattro mesi si è estesa a tutto il territorio.

Nelle Marche sono giunti oltre 5mila profughi ucraini, la maggior parte accolti da familiari e amici, e in percentuale inferiore nelle strutture di accoglienza (Cas). Nonostante la possibilità per molti di trovare riparo in Italia, l’incognita del futuro pesa, così come pesa il pensiero verso chi in Ucraina è rimasto e verso chi non sa se quando tornerà nella sua terra troverà più la sua casa in piedi.

Jaklin, della Comunità Ucraina delle Marche

«Gli ucraini arrivati in Italia – racconta – hanno timore riguardo cosa accadrà loro quando perderanno lo status di protezione, c’è il timore del dopo, e la paura di non trovare più la casa dalla quale sono stati costretti a scappare di punto in bianco. Si sentono persi nel vuoto».

«I profughi sono grati dell’accoglienza offerta dall’Italia – aggiunge Andriy Podolskyy della Comunità Ucraina delle Marche -, ma sono persone che a differenza di altri profughi nel 99% dei casi vogliono tornare alle loro case, in Ucraina». Accanto all’opportunità di avere un tetto sulla testa in Italia, al sicuro dai bombardamenti, sul fronte dell’accoglienza ci sono spazi di miglioramento.

«Le persone che arrivano in Italia e accedono alle strutture di accoglienza non parlano italiano – spiega Andriy – e sono persone che a differenza di altri profughi non hanno avuto tempo di pianificare la propria fuga, di mettere da parte il denaro, sono scappati terrorizzati dalle bombe e dalle sirene che suonano anche più di 10 volte al giorno. Sono persone terrorizzate e traumatizzate, che avrebbero bisogno di assistenza psicologica e di una mediazione linguistica: hanno bisogno di essere consolati, tranquillizzati».

Il componente della Comunità Ucraina nelle Marche spiega che l’associazione spesso si è dovuta recare nei centri di accoglienza per fare da interprete e che continua ad impegnarsi per inviare collette alimentari nel paese: le donne rifugiate in Italia realizzano a mano dei braccialetti che vengono donati per ringraziare della solidarietà ricevuta. Tra le criticità del sistema di accoglienza nei Cas c’è quella del contributo di 2,50 euro per i profughi erogato solo ai nuclei famigliari fino a tre persone e che quindi penalizza le famiglie numerose, un problema riferito anche da Danilo Burattini dell’Ambasciata dei Diritti delle Marche.

«C’è un canale preferenziale ingiustificato che favorisce gli ucraini rispetto agli altri richiedenti asilo – osserva Burattini -: gli ucraini infatti, da un lato, godono della possibilità di avere un permesso temporaneo di un anno (rinnovabile), dall’altro le tanto sbandierate risorse economiche a loro favore si riducono ad un contributo una tantum (300 euro) per soli tre mesi. Il sistema di accoglienza italiano andrebbe migliorato in quanto è molto carente rispetto ad altri paesi europei. Anche se è stato compiuto un passo avanti con l’applicazione del permesso temporaneo che però andrebbe esteso a tutti – conclude – non è sufficiente e resta ancora molto da fare».

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