Ancona-Osimo

Giornata della Memoria, in Prefettura ad Ancona la consegna delle medaglie d’onore

Cerimonia di consegna delle medaglie d'onore del presidente della Repubblica ai familiari di tre marchigiani insigniti. Ecco chi sono

Un momento della consegna delle medaglie in Prefettura ad Ancona per la Giornata della Memoria

ANCONA – «È  una giornata che deve rimanere scolpita nei nostri cuori». Così il prefetto di Ancona Darco Pellos alla cerimonia di commemorazione delle vittime dell’Olocausto che si è svolta questa mattina a Palazzo del Governo ad Ancona in occasione della Giornata della Memoria.

La ricorrenza, è stata fissata a livello internazionale il 27 gennaio di ogni anno, la stessa data in cui nel 1945 l’apertura dei cancelli del campo di concentramento di Auschwitz, rivelò al mondo intero l’orrore del genocidio nazifascista.

Nel corso della cerimonia, alla quale hanno preso parte in forma ristretta a causa delle pandemia le autorità civili e militari della provincia di Ancona, il prefetto ha consegnato ai familiari di tre insigniti marchigiani le medaglie d’onore che il presidente della Repubblica concede a reduci e familiari delle vittime dei lager.

A riceverle il riconoscimento alla memoria, accompagnati dai sindaci delle rispettive città (Fabriano, San Marcello e Serra De’ Conti), sono stati Diego Mingarelli, nipote dell’insignito Giovanni Mingarelli, internato ad Hessen dal 8 settembre 1943 al 8 maggio 1945; Rocco Pietrini, nipote dell’insignito Gino Pietrini, internato nello Stalag XIID a Stromberg dal 9 settembre 1943 al 12 luglio 1945; Giona Gabarrini, nipote dell’insignito Ivano Luminari, internato in Grecia dall’8 settembre 1943.

Il prefetto Pellos ha rimarcato che la Giornata della Memoria «ricorda il sacrificio di intere popolazioni che sono state deportate: non sono soltanto gli Ebrei, ai quali va ovviamente il nostro massimo rispetto, ma anche partigiani, civili reduci da deportazione, militari traditi dalle loro gerarchie. Oggi il nostro impegno è quello di rispettare ancora di più il giuramento di fedeltà alla Repubblica, una Repubblica che garantisce diritti e garanzie a tutti».

Il Prefetto nel suo discorso ha ricordato l’importanza di «non dimenticare quello che è successo, chi è morto sotto il peso di leggi inique, di una guerra non voluta, non cercata, e che poi è diventata strage, umiliazione, morte. Non vogliamo dimenticare».

Durante il discorso del Prefetto, sui alcuni monitor allestiti a Palazzo del Governo, scorrevano le immagini degli articoli di stampa dell’epoca, che il prefetto ha definito «articoli di inciampo», che proprio come le pietre d’inciampo conservano memoria dello sterminio.

Giona Gabarrini, stringe in mano la foto del nonno Ivano Luminari e la medaglia del presidente della Repubblica

«Ci tenevo molto a ricordare mio nonno – ha detto Giona Gabarrini – ha trascorso tanti anni in guerra, quindi era giusto ricevere un riconoscimento per l’impegno e il rischio che ha corso». Gabarrini, tenendo stretta in mano, con orgoglio, la foto di suo nonno Ivano Luminari (di Serra De’ Conti), ha poi voluto sottolineare l’importanza di ricordare l’Olocausto «per evitare che possa accadere di nuovo in futuro».

Luisa Motolese, presidente della sezione giurisdizionale regionale della Corte dei Conti per le Marche

La presidente della sezione giurisdizionale regionale della Corte dei Conti per le Marche, Luisa Motolese, a margine della cerimonia ha sottolineato che «la memoria è fondamentale» soprattutto «per le nuove generazioni». «Non dobbiamo dimenticare – conclude – per guardare con serenità al futuro».

Mirko Bilò, consigliere regionale ha portato i saluti del presidente delle Marche Francesco Acquaroli

A portare il saluto del presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli, a Roma per l’elezione del presidente della Repubblica, il consigliere regionale Mirko Bilò, il quale ha voluto sottolineare, in un passaggio del suo discorso che la «tragedia evocata dalla data del 27 gennaio deve interrogarci costantemente sull’orrore connesso alla guerra, su quanta sofferenza portano l’estremismo ideologico e l’odio razziale. I campi di concentramento – conclude – sono il simbolo di ciò che non può essere cancellato né dalla storia, né dalle nostre coscienze e dai nostri cuori».

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