Ancona-Osimo

Giornata del rifugiato, nelle Marche 30mila irregolari. Nobili: «Integrazione è realizzare il progetto di vita di ogni migrante»

Oggi si celebra la ricorrenza indetta dalle Nazioni Unite per ricordare la Convenzione di Ginevra del 1951. Per l'occasione il Garante e l'Ambasciata dei diritti fanno il punto su richiedenti asilo e profughi in Italia e nella nostra regione

Rifugiati (Foto di Capri23auto da Pixabay)

ANCONA – Sono quasi 80 milioni gli uomini, le donne e i bambini nel mondo che nel 2019 sono stati costretti a lasciare le loro terre per cercare rifugio in paese estero. Un dato, quello dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) che rende subito la dimensione del fenomeno migratorio.

Il 20 giugno di ogni anno ricorre la Giornata internazionale del rifugiato, indetta dalle Nazioni Unite per commemorare l’approvazione nel 1951 della Convenzione sullo statuto dei rifugiati da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (Convenzione di Ginevra) nella quale sono stati sanciti diritti e doveri dei rifugiati e delle Nazioni che garantiscono l’asilo. Un punto di partenza di un percorso  sul quale la strada da compiere per garantire una vera integrazione è ancora molto lunga.

Nelle Marche l’accoglienza verso richiedenti asilo e profughi riguarda qualche migliaio di persone ogni anno e negli ultimi 4-5 anni sono state 30mila le richieste. Persone soggette a persecuzioni per motivi politici, religiosi, razziali, o a causa di conflitti, che dal canale di Sicilia, una volta arrivate in Italia, sono spesso condannate ad una condizione di sfollamento prolungato all’interno delle strutture di accoglienza, una condizione che a volte diventa permanente.

«La maggior parte vogliono andare via dall’Italia, anche una volta ottenuto il permesso di soggiorno, per raggiungere Francia, Germania, Spagna e Svezia, dove il welfare è migliore» spiega Danilo Burattini, presidente dell’Ambasciata dei diritti delle Marche, un gruppo di una settantina di persone che ruotano fra le sedi di Ancona, Jesi e Macerata per assistere i profughi fornendo loro assistenza legale gratuita, attività di formazione e informazione. Loro la causa pilota in Italia contro la legge Salvini che non consente ai migranti di avere carta d’identità né residenza: seguita dal legale Paolo Cognini, uno dei maggiori esperti in Italia in  campo migratorio, la causa è arrivata alla Corte Costituzionale per verificare se la legge violi la Costituzione Italiana.

Una barca di migranti
Migranti, foto di repertorio

Non ci sono dati certi su quanti ottengano il permesso di soggiorno, ma nelle Marche alla fine dei conti ci sono circa 30mila irregolari, che vedendosi il permesso rifiutato rimangono prigionieri di una Nazione dove praticamente non hanno più diritti: «Se non hanno una residenza, non possono avere un documento e quindi neanche un lavoro né assistenza sanitaria – spiega -. Nel migliore dei casi lavorano in nero, nel peggiore finiscono preda della criminalità più o meno organizzata».

Una situazione molto difficile che è stata ulteriormente accentuata dall’emergenza coronavirus: «Chi dormiva in strada si è trovato incastrato qua senza documenti né soldi, senza la possibilità di muoversi e ci sono stati anche dei casi di ragazzi espulsi dalle strutture di accoglienza in pieno lockdown» spiega il presidente dell’Ambasciata dei diritti. Alcuni hanno trovato accoglienza in strutture, altri in cooperative o presso conoscenti, mentre altri ancora sono  spariti dai radar finendo per diventare clandestini.

Che succede quando arrivano nel nostro Paese?
«Sono costretti a chiedere asilo politico all’Italia, dove rimangono bloccati per un anno quando va bene, prendendo 70 euro al mese – dichiara – e nella struttura imparano solo un pò di italiano, ma per il resto la loro è una situazione molto precaria».

Su 100 arrivi solo circa una ventina alla fine restano in Italia, dove non c’è una vera integrazione: i profughi restano «parcheggiati per un anno in attesa del permesso di soggiorno che a volte ad Ancona neanche arriva», dal momento che come spiega Burattini, la commissione che rilascia i permessi «è tra le più severe in Italia». Chi non ottiene il sospirato permesso di soggiorno resta “bloccato in Italia” senza documento e tira avanti da irregolare sperando in una amnistia e vivendo di lavoro nero.

Insomma persone condannate all’invisibilità e senza alcuna possibilità di integrazione. «Occorre lavorare non solo sull’accoglienza dettata dall’emergenza, ma lavorare per favorire una effettiva integrazione – commenta il Garante dei diritti Andrea Nobili -. Ogni migrante ha un proprio vissuto e un progetto di vita: si dovrebbero evitare generalizzazioni dal momento che non tutti i migranti sono uguali».

Il Governo ha avvia la sanatoria per la regolarizzazione dei migranti ma su 600mila potenziali richiedenti sono arrivate solo circa 32mila domande. A beneficiare della sanatoria, avviata il primo giugno, secondo i dati diffusi dal Ministero dell’Interno, sono soprattutto colf e badanti: il 91% delle domande già perfezionate infatti riguardano lavoro domestico e assistenza alla persona, poche invece quelle arrivate dai braccianti e dai migranti impegnati nel settore agricolo. Ai primi posti per la provenienza dei lavoratori che hanno presentato domanda di sanatoria ci sono Marocco, Egitto e Bangladesh per colf e badanti, India, Albania e Marocco per agricoltura e allevamento. La scadenza è stata prorogata al 15 agosto per permettere a chi non ha ancora presentato la domanda di farlo, ma intanto sono rimasti fuori alcuni settori, conclude il presidente dell’Ambasciata dei diritti, come i lavoratori dell’edilizia e dell’industria.

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