Ancona-Osimo

Giornata contro le discriminazioni, Boldrini (Arcopolis): «Il razzismo? Ho imparato ad accoglierlo»

Il presidente dell'associazione racconta l'impatto della pandemia sulle comunità del quartiere Archi di Ancona e anticipa i nuovi progetti. «L'interculturalità si costruisce nel piacere di incontrarsi»

Silvio Boldrini, presidente di Arcopolis

ANCONA – «Il razzismo ho imparato ad accoglierlo, è presente in tutte le persone, non bisogna averne paura». Nella Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale è una chiave di lettura che volge al positivo quella operata da Silvio Boldrini, presidente dell’associazione Arcopolis, costituita da cittadini che si impegnano per tenere unita la comunità degli Archi di Ancona, un quartiere dove la multietnia è una realtà ormai consolidata.

Quest’anno il tema scelto dall’Onu per celebrare la Giornata del 21 marzo 2021 è “Giovani in piedi contro il Razzismo” che punta a promuovere una cultura improntata alla tolleranza, all’uguaglianza e all’antidiscriminazione. Un tema più che mai attuale specie con l’avvento della pandemia di covid-19 che ha accentuato ancor di più la paura “latente” contro le etnie e le nazionalità diverse, mentre parallelamente ha reso più evidenti le forti disuguaglianze in termini di accesso alle terapie e alla vaccinazione.

«La pandemia ha reso più evidenti i problemi che erano già presenti – racconta Silvio Boldrini- : chi già era povero adesso lo è ancora di più». Anche se agli Archi la maggior parte delle famiglie immigrate, come fa notare, vive «ormai in una condizione assolutamente dignitosa», accanto a queste però «ci sono anche tante altre situazioni di povertà».

«Ciò che spinge una famiglia a spostarsi a migliaia di chilometri dalla propria terra è proprio la speranza di trovare nei Paesi più ricchi il benessere anche per sé stessi, ma spesso non è così». E chi viveva già in condizioni precarie ora si trova ad affrontare maggiori difficoltà. Il quartiere del capoluogo «è quello più avanti – prosegue il presidente di Arcopolis – perché è la zona della città che più di tutti è cambiata rispetto a quelle che sono state le evoluzioni avvenute a livello mondiale con la globalizzazione economica».

La scuola elementare degli Archi è quella che registra il maggior numero di immigrati della regione e qui il fenomeno migratorio si è sviluppato a partire dal dopo guerra. Dando un taglio netto alla socialità, la pandemia ha creato «un impedimento» alle attività portate avanti dall’associazione che vede il suo baricentro proprio nel creare «una comunità reale tra le persone», coinvolgendo anche il mondo dei ragazzini e degli adolescenti.

Uno stop agli incontri che ha creato «demotivazione e depressione» come evidenzia Silvio Boldrini: «durante il lockdown della primavera scorsa siamo cresciuti moltissimo, perché abbiamo svolto moltissime attività alla finestra, riuscendo a creare un sentimento di unione, ma le nuove ondate pandemiche ci hanno un po’ bloccato».

Arcopolis però non si ferma e sta già lavorando a nuovi progetti. In cantiere c’è “Art in My Heart” che punta a coinvolgere le famiglie delle diverse etnie presenti nel quartiere (tunisini, senegalesi, albanesi, bengalesi), incluse le culture civitanovese e lampedusana, attraverso «laboratori esperienziali, nei quali possano esprimere le loro culture e tradizioni, grazie ai legami di fiducia creati in tanti anni di associazionismo». Il cuore dell’iniziativa vedrà le famiglie raccontare i propri vissuti e le proprie tradizioni con il coinvolgimento di artisti e danzatori, che porteranno in scena le usanze dei popoli che rappresentano le varie anime che costituiscono la comunità.

«L’interculturalità non è qualcosa di ideologico che si costruisce essendo anti razzisti o anti fascisti – spiega Boldrini – , ma si costruisce quando si scopre il piacere di incontrarsi con un’altra persona, tutto il resto poi ne è una conseguenza». Una visione che si discosta dall’ideologia e che punta all’accoglienza. «Se una persona razzista chiede di entrare in Arcopolis – conclude – non posso che esserne contento, perché è proprio questa ad averne più bisogno».

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