Ancona-Osimo

Fusione nucleare, Polonara: «Conseguimento eccezionale, ma strada ancora lunghissima. Per cambiamento climatico le rinnovabili»

Il docente di Fisica tecnica industriale all’Univpm dopo l'annuncio degli Usa della svolta sulla fusione nucleare, spiega che serviranno ancora decenni prima di poterla sfruttare dal punto di vista industriale

ANCONA – «È un conseguimento eccezionale dal punto di vista della ricerca, ma dal punto di vista pratico la strada è ancora lunghissima». È il commento del professor Fabio Polonara, docente di Fisica tecnica industriale all’Univpm dopo l’annuncio degli Usa della svolta sulla fusione nucleare.

La notizia è di qualche giorno fa quando la segretaria del dipartimento americano dell’Energia Jennifer Granholm, ha annunciato la produzione per la prima volta nella storia di una reazione di fusione nucleare che genera più energia di quella necessaria per innescarla.

Si tratta di un fenomeno che da tempo gli scienziati cercavano di riprodurre in laboratorio, ma finora, spiega il professor Polonara «si era riusciti a riprodurre sulla Terra quel fenomeno fisico che avviene nelle stelle solamente per pochi millisecondi e consumando più energia di quella prodotta., mentre adesso si è riusciti ad ottenere in laboratorio più energia di quella utilizzata per far partire l’esperimento».

Fabio Polonara, docente Univpm

Se da un lato si tratta di un grande avanzamento, questo «non significa che siamo vicini alla capacità di sfruttare industrialmente il fenomeno: ci vorranno ancora diversi decenni prima che questo sia possibile. Ricordo che quarant’anni fa all’università un professore diceva che ci sarebbero voluti ancora quarant’anni prima di arrivare alla fusione nucleare, ma oggi siamo di fatto ancora al punto di partenza, perché potrebbero servirne altri quaranta prima di poter utilizzare dal punto di vista pratico la fusione nucleare. A quel punto potremmo aver risolto tutti i nostri problemi energetici, ma le incognite sono ancora tante».

Nel frattempo però il cambiamento climatico incombe sul Pianeta ed gli effetti si sono visti anche nelle Marche con l’alluvione del 15 settembre. Accanto a questo tema pressante, si intreccia anche il caro bollette, con la necessità di arrivare quanto prima ad una certa indipendenza energetica. «Non possiamo pensare di risolvere il cambiamento climatico con la fusione nucleare, perché i tempi non sono compatibili – spiega – l’unica strada per ora è quella delle energie rinnovabili, come eolico, fotovoltaico e anche agrivoltaico. Ci sarebbe l’opzione della fissione nucleare, ma la quarta generazione, a sicurezza intrinseca, non è ancora pronta e rimangono profili di rischio non del tutto risolti».

Nelle Marche, spiega, «impianti eolici potrebbero essere installati sia al largo della costa che nelle montagne dell’Appennino, ma finora queste soluzioni sono state bloccate a causa dell’impatto paesaggistico. Bisogna fare una scelta, se si vuole combattere il cambiamento climatico, una scelta politica. L’indipendenza energetica non si ottiene dalla sera alla mattina, ma smantellare un impianto rinnovabile richiede poco tempo, così come realizzarlo, l’unico rallentamento è rappresentato dalla burocrazia, per il resto sono fonti energetiche ‘pulite‘, mentre le centrali nucleari oltre a comportare rischi non sono semplici da smantellare: le centrali funzionanti negli anni ’70 non siamo ancora riusciti a smantellarle».

Il fossile oltre all’impatto ambientale ha anche un «impatto geopolitico di cui stiamo vedendo gli effetti (guerra in Ucraina, ndr) – spiega – il fotovoltaico è più accessibile, così come l’agrivoltaico può essere una buona soluzione installato a due-tre metri da terra, lasciando spazio alle coltivazioni a scopo alimentare».