Ancona-Osimo

La frana di Ancona nei ricordi di chi c’era. Peschini: «Se ripenso a quei momenti mi viene un nodo in gola»

Sono ancora scolpiti nella memoria del Vigile del Fuoco i drammatici istanti delle operazioni di evacuazione e soccorso della notte fra il 12 e il 13 dicembre di 37 anni fa. Ecco il suo racconto

ANCONA -«Mi sono trovato di fronte ad uno scenario terribile, apocalittico, e ancora oggi quando ripenso a quei momenti mi viene il nodo in gola a pensare alle persone che hanno perso tutto quello che avevano».

Germano Peschini, vigile del fuoco di Ancona in pensione, ricorda così gli istanti drammatici della grande frana che colpì al cuore Ancona nella notte fra il 12 e il 13 dicembre del 1982, 37 anni fa. Drammatico il bilancio: 3.000 persone sfollate, 3661 evacuate fra le quali 1071 famiglie, 280 edifici distrutti, 865 abitazioni danneggiate, ferrovia e strada distrutte per circa 2,5 chilometri e viabilità a nord di Ancona bloccata, passavano solo i mezzi di soccorso, mentre il traffico venne deviato verso la galleria del Montagnolo. Miracolosamente, nonostante gli edifici si mossero anche di un metro, non ci furono morti. A muoversi furono 342 ettari di terreno con le zone di Borghetto, Posatora e, in parte, Torrette, fra le più colpite.

La grande frana danneggiò due ospedali, l’oncologico e il geriatrico che sorgevano in via Fornetto, la Facoltà di Medicina dell’Università di Ancona che era in via delle Grotte e l’ospizio Tambroni, nella stessa via: quasi 500 persone persero il lavoro. Ad essere evacuate furono anche le due caserme della polizia stradale che sorgevano a Posatora, provinciale e regionale.

Erano circa le 22 quando la terrà inizio a muoversi lentamente, scivolando verso il mare. Le persone erano in casa a vedere la televisione, tranquille in famiglia. Sul primo momento non capirono quanto stesse succedendo e pensarono ad un terremoto. Saltarono le utenze e le persone si ritrovarono al buio, senza riscaldamento né acqua.

Tanti i mezzi di soccorso che si precipitarono sul posto, i vigili del fuoco di Ancona furono tra i primi, ma c’erano polizia, carabinieri, guardia di finanza, vigili urbani. Tutta Ancona si mobilitò per portare i soccorsi e arrivarono colonne mobili dei vigili del fuoco un pò da tutta Italia, come in ogni grande emergenza.

 

 

«Alle 22:30 mi telefonarono per richiamarmi in servizio – ricorda Germano Peschini, 74 anni dei quali 33 trascorsi nei Vigili del Fuoco -, mi dissero della frana e che la strada era salita di un metro. Abbiamo subito raggiunto Posatora e lo scenario che ci siamo trovati davanti era terribile, apocalittico. Ricordo i lampeggianti, la gente che correva in strada, chi piangeva. C’era una grande confusione, le persone non riuscivano a capire cosa stesse succedendo, in molti pensarono che si trattasse di un terremoto, solo dopo un pò si capì cosa era successo veramente. A Posatora – prosegue – abbiamo evacuato gli anziani ospiti dell’ospizio Tambroni e i malati dell’ospedale oncologico. Ma siamo intervenuti anche nelle abitazioni dove le persone erano rimaste bloccate in casa perché le porte a causa del movimento del terreno non si aprivano più. Ricordo che abbiamo dovuto sfondare le porte».

Alcuni degli evacuati vennero trasferiti nelle strutture messe a disposizione dal Comune tra Montesicuro, Polverigi e Agugliano. Le famiglie trovarono ospitalità anche fra parenti e amici.

«Quando arrivai all’ospizio molti anziani non si erano accorti di nulla perché stavano dormendo, erano confusi e disorientati. All’ospedale oncologico ricordo ancora che mentre stavo salendo le scale il rivestimento delle pareti si sgretolava e schizzava addosso alle persone. La struttura si era divisa in due corpi, sembrava tutto irreale e incredibile». Le operazioni di evacuazione durarono tutta la notte.

«È stata una esperienza che mi ha lasciato un ricordo molto triste e brutto – spiega con un filo di commozione nella voce -. Gli anziani mi hanno colpito molto così come i malati oncologici alcuni dei quali erano stati operati quella stessa mattina. Quella notte un ospite dell’ospizio mi regalò una torcia dicendomi “Serve più a te giovane”. Un’altra donna mi regalò un temperino a forma di elmetto dei vigili del fuoco. Sono oggi che ancora oggi conservo gelosamente».

Quali sono state le impressioni che vi siete scambiati con i colleghi? «In quei momenti non c’era tempo di parlare, dovevamo lavorare sodo. Al rientro in sede eravamo stanchi e increduli per l’accaduto».

Cosa le ha lasciato quella esperienza?
«Anche quando sembre inverosimile, bisogna sempre tenere a mente che le cose possono accadere, basta pensare a quanto accaduto a Rigopiano dove la tragedia sul primo momento non sembrava “reale”. Bisogna andare sul posto e verificare».

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