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“Le donne avanzano”, legge 194 sotto i riflettori ad Ancona – VIDEO

Oltre un migliaio di persone hanno manifestato in Piazza Roma per sostenere il diritto delle donne di scegliere l'aborto. Una piazza con due anime dove non sono mancati i distinguo fra i movimenti scesi in campo

La manifestazione di Ancona

ANCONA – La legge 194 è tornata sotto i riflettori nelle Marche. Ieri sabato 6 febbraio in Piazza Roma ad Ancona quasi un migliaio di persone hanno manifestato per chiedere la corretta applicazione della norma che regola l’aborto. «La regione arretra, le donne avanzano», «legge 194 indietro non si torna», «non un diritto di meno», «la legge 194 non si tocca» sono alcuni degli slogan apparsi durante la manifestazione che ha registrato l’adesione di 75 tra movimenti, organizzazioni, gruppi studenteschi, sindacati e partiti.

Una manifestazione, promossa dalla “Rete delle donne, molto più di 194” dove non sono mancati i distinguo tra i gruppi e le organizzazioni che sostengono i diritti delle donne e che rivendicano la loro indipendenza rispetto ai partiti e alle bandiere politiche che si sono uniti alla manifestazione. Un corteo colorato di donne, uomini, giovani e anziani che “brandendo” bandiere, striscioni e cartelloni hanno voluto riaffermare il diritto della donna di autodeterminarsi e scegliere con consapevolezza la maternità.

In piazza, fra gli altri, c’erano anche la deputata Laura Boldrini, ex presidente della Camera, l’ex presidente della IV Commissione Sanità regionale Fabrizio Volpini, promotore della delibera per consentire di utilizzare la Ru486 in regime di integrazione tra ospedale e consultori, la segretaria regionale della Cgil Daniela Barbaresi, il leader delle Sardine Giorgio Mattiuzzo, l’ex candidato governatore di Dipende da Noi Roberto Mancini, il capogruppo del Pd Maurizio Mangialardi, la consigliera Pd Manuela Bora e il consigliere Pd Antonio Mastrovincenzo.

Una delle manifestanti della Rete delle Donne

Tra le manifestanti i gruppi indipendenti la “Rete delle Donne” e i “Collettivi femminili”  che rivendicano la non adesione a bandiere politiche e non fanno sconti a nessuno, né alla destra che accusano di far arretrare la regione, né alla sinistra rea, secondo loro, di non essere intervenuta per potenziare i consultori e per contrastare il fenomeno dell’obiezione di coscienza che rischia di limitare il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza sul territorio. Una legge, la 194, che è molto più di una norma, è il simbolo, un baluardo di quarant’anni di battaglie del mondo femminile per arrivare ad una parità che sotto alcuni fronti non è stata ancora raggiunta.

La manifestazione di Ancona

A spingere i gruppi che sostengono i diritti femminili a scendere in piazza, fra i quali figurano anche Anpi e Arci, e tanti altri, le polemiche che si erano accese nei giorni scorsi dopo che la giunta Acquaroli aveva annunciato di non voler permettere la somministrazione della pillola abortiva, la Ru486, nei consultori delle Marche, come previsto dalle linee di indirizzo ministeriali. Una decisione che ha fatto insorgere i movimenti che ora chiedono alla Regione una decisa inversione di rotta. Donne che rivendicano il loro diritto ad autodeterminarsi e a scegliere, anche se dolorosamente, di dire di no ad un figlio.

Un momento della manifestazione

La rete “Le donne avanzano” ha ribadito le sue richieste, fra le quali la possibilità di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza sicura, gratuita e garantita in tutte le strutture ospedaliere pubbliche. Vogliamo che la pillola Ru486 sia somministrata in tutti i consultori, in day hospital e dal personale ostetrico. Ad oggi, come hanno evidenziato, nelle Marche la somministrazione della pillola abortiva Ru486 avviene solo in tre strutture, San Benedetto, Urbino e Senigallia, e solo il 6% delle interruzioni di gravidanza  avviene con metodo farmacologico. Poi  l’accento sulla necessità di potenziare i consultori, dove le donne possano ricevere un supporto laico e senza doversi sentire “pressate” dai movimenti pro-vita. «La donna in quei momenti – spiega Loretta Boni, della Rete delle Donne  – ha bisogno di essere accolta, ma non dai pro-vita che sul corpo delle donne fanno una operazione spudorata». Inoltre spiega che l’obiezione di coscienza «non deve vanificare la legge 194».

Laura Boldrini, deputata Pd

«La legge 194 è una legge di civiltà che protegge la donna e da autodeterminazione alla donna» ha affermato la deputata del Pd Laura Boldrini a margine della manifestazione, sostenendo che si tratta di «un attacco ai diritti delle donne. Bisogna essere consapevoli che dobbiamo difendere questi diritti perché ce li siamo guadagnati».

«Il corpo delle donne continua ancora ad essere strumentalizzato – afferma una delle coordinatrici del “Collettivo femminile” – , già con la Giunta di centrosinistra la Regione Marche si trovava in una situazione di estrema fragilità sull’applicazione della legge 194: c’è un livello di obiezione pari all’80%, ci sono ospedali dove non è possibile abortire, i consultori sono stati portati allo stremo delle forze dal centrosinistra. Ora la Giunta di centrodestra si è trovata la tavola apparecchiata».

Insomma un percorso ad ostacoli, quello delle donne che intendono abortire nelle Marche, ma carente, secondo il collettivo femminile è anche la gestione della salute riproduttiva femminile. «Grave – prosegue – è l’apertura che l’attuale Giunta sta facendo ai centri pro-life nei consultori, per portarli su una dimensione diversa da quella che dovrebbero avere. Vogliamo non solo difendere la legge 194, ma molto di più: non accetteremo di tornare indietro, è ora di aggiungere nuovi diritti e non toglierli, occorre aprire i consultori anche ad altre soggettività per consentire alle donne di riappropriarsi di questi luoghi». E poi l’accento sulla necessità di somministrare la Ru486 nei consultori e a casa «progressi, che come vengono applicati in Francia, devono essere applicati anche in Italia».

Il corteo all’arrivo in Piazza Roma

I gruppi femminili che erano già stati protagonisti delle manifestazioni davanti ai consultori della regione, annunciano che torneranno a manifestare il 6 marzo, in vista della festa della donna, per riportare al centro dell’attenzione queste tematiche. Infine operano un netto distinguo rispetto alle rivendicazioni avanzate da un’altra parte della piazza che secondo loro «hanno vissuto la manifestazione come primo momento per opporsi alla giunta di destra, noi non aspettiamo che vengano strumentalizzate le nostre tematiche».

Tra le richieste delle manifestanti, al centro dell’iniziativa, c’è anche quella di rivedere le politiche del welfare rivolte al mondo femminile per consentire alle donne di potersi finalmente autodeterminare. Chiedono un reddito di autodeterminazione, parità salariale, congedo di paternità, servizi pubblici e gratuiti che garantiscano un reale sostegno alla genitorialità, restando però libere di «decidere quando essere madri, senza interferenze di preti o Stato» perché come affermano la genitorialità «non è un obbligo, deve essere sempre frutto di scelte informate, libere e consapevoli, per tutte e tutti, anche al di fuori della famiglia eterosessuale».

«Chiediamo servizi all’infanzia – spiega Loretta Boni, della Rete delle Donne – , servizi per le persone fragili e per gli anziani, perché in questa crisi si è chiuso di tutto, sta funzionando male anche quello che c’è, e le donne tornano a fare il welfare per conto dello Stato, e questo è sbagliato».

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