Ancona-Osimo

Cpr, il dem Mastrovincenzo presenta interrogazione: «Lavorare a un modello di accoglienza diffusa sul territorio»

Il consigliere regionale attacca sul piano del governo di realizzare nuovi Centri permanenti per il rimpatrio per gestire i migranti che arrivano sulle coste italiane

Immagine di repertorio

ANCONA – Non si arresta la polemica sui Cpr, i centri permanenti per il rimpatrio, dopo che il governo centrale ha annunciato la realizzazione di nuove strutture sul territorio nazionale nell’ambito di un piano di gestione dei migranti. Obiettivo contenere gli sbarchi di migranti che arrivano sulle coste italiane. Sarebbe già in corso una ricognizione delle strutture potenzialmente candidabili, come caserme e aree militari dismesse, ubicate in zone scarsamente popolate e facilmente sorvegliabili. Al momento nel Paese sono presenti nove Cpr, dislocati in sette regioni (Puglia, Sicilia, Lazio, Basilicata, Friuli Venezia-Giulia, Sardegna e Lombardia), ma l’intenzione del governo sembrerebbe quella di dotare anche le altre regioni che ne sono sprovviste di queste strutture.

Antonio Mastrovincenzo, Pd

Un’ipotesi che ha suscitato una dura reazione da parte di alcuni esponenti del Partito Democratico. Ieri era intervenuta sulla questione la segretaria regionale dem Chantal Bomprezzi. Oggi ad andare all’attacco è il consigliere regionale del Pd Antonio Mastrovincenzo che ha presentato una interrogazione, sottoscritta da tutto il gruppo assembleare, in Consiglio regionale.

«Quale posizione ufficiale assumerà la Regione nei confronti del Governo sulla possibile istituzione di un Centro di permanenza per i rimpatri sul nostro territorio? È la domanda che pongo al Presidente Acquaroli nell’interrogazione che ho presentato stamattina» dice il dem. L’attuale modello dei Cpr, «come sostenuto da molti giuristi – scrive Mastrovincenzo in una nota stampa -, ha però caratteristiche di tipo detentivo: una detenzione “amministrativa” in condizioni molto precarie, in strutture che spesso diventano luoghi di risse, violenze, dove l’uso di psicofarmaci è molto diffuso. A maggio scorso, la trasmissione televisiva Piazza Pulita ha trasmesso immagini sconvolgenti sulle condizioni di vita dei migranti nei CPR, in particolare in quello di Gradisca, in Friuli; i rappresentanti dell’associazione Antigone, che si occupa di tutela dei diritti umani nel sistema penale e penitenziario, in visita alla struttura di Trapani hanno parlato di “condizioni invivibili” e della “sensazione di essere in un canile più che in un Centro di permanenza”».

«Nei 9 centri esistenti – aggiunge -, come dichiarato anche da addetti ai lavori e da sindacati di polizia ci sono scontri, problemi di gestione con rischio di incolumità per poliziotti e migranti: ampliare il numero dei Cpr allungando la durata di permanenza rischia di creare vere e proprie bombe sociali. Per la costruzione dei nuovi Cpr si prevede tra l’altro un costo di circa 100 milioni di euro e per la loro gestione un impiego massiccio di risorse economiche e di personale delle forze dell’ordine, già carente anche per assicurare la sicurezza sul territorio. Diversi Presidenti di Regione si sono giustamente espressi contro l’ipotesi di costruzione di queste strutture sul loro territorio con affermazioni chiare: da Giani della Toscana, a quello del Veneto Zaia, fino a Bonaccini dell’Emilia Romagna. Nei giorni scorsi – prosegue – anche il Vicepresidente della Regione Marche Saltamartini ha dichiarato che in questo momento non abbiamo l’afflusso di migranti che hanno le altre regioni, quindi per le Marche non c’è l’esigenza di avere questo centro. Ora vorremmo però capire cosa ne pensa il presidente Acquaroli- prosegue -: mi auguro, con poche speranze, che per una volta dica no al Governo Meloni che su un tema così complesso ha messo in campo interventi ideologici, vessatori oltreché inutili, ai limiti dell’incostituzionalità».

Secondo il dem, «per affrontare il fenomeno dell’immigrazione servirebbe invece tutt’altro: promuovere corridoi umanitari, lavorare per una redistribuzione dei migranti in tutti gli Stati europei abbattendo i veti dei Paesi sovranisti a cui il Governo Meloni invece strizza l’occhio continuamente, riformare i meccanismi che riguardano il diritto d’asilo, operare per un modello di accoglienza diffusa sul territorio con il coinvolgimento di tutti gli amministratori locali» conclude.

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