Ancona-Osimo

Covid e scuola, sarà nuova pandemia? Il punto con l’infettivologo

Con la riapertura delle scuole cresce l'apprensione per una nuova recrudescenza di contagi, ma sarà davvero così? Lo abbiamo chiesto al primario della Clinica di Malattie Infettive di Torrette, Andrea Giacometti. Ecco gli scenari possibili

l'uso della mascherina a scuola per evitare i contagi da covid-19

ANCONA –  Con tanta emozione, la mascherina sul volto e un “mare magnum” di regole anti contagio a cui attenersi, alunni e studenti si apprestano a tornare a scuola, dopo lo stop imposto a fine febbraio scorso dal governatore Ceriscioli per il dilagare della pandemia.

Il “rituale” quotidiano che ogni famiglia vive prima delle 8, un lasso di tempo fatidico fatto di corse contro il tempo e raccomandazioni prima che scocchi l’ora prevista per l’ingresso in classe, quest’anno si arricchirà di un nuovo gesto, manco a dirlo a carico delle famiglie: la misurazione della febbre.

E si perché toccherà ai genitori misurare la temperatura corporea. Armati di termometro dovranno accertarsi che il proprio figlio non abbia 37,5 gradi, valore soglia che impedisce l’ingresso a scuola, facendo scattare tutta una serie di ripercussioni anche per la famiglia: per i fortunati lo smartworking, per gli altri il congedo dal lavoro. L’occhio di mamma e papà dovrà essere vigile anche sugli eventuali “mocci”, nasi che colano, colpi di tosse e mal di gola vari, sintomi simili al covid-19 che anche in questo caso sbarrano l’ingresso a scuola.

Superati positivamente questi controlli, alunni e studenti potranno entrare a scuola come in trincea, con la mascherina sul volto e, in alcuni istituti, ad orari scaglionati per evitare assembramenti. La protezione facciale dovrà essere indossata per andare in toilette e per gli spostamenti da un’aula all’altra, mentre se in classe è garantito il distanziamento fra i banchi (almeno un metro fra gli alunni), potranno toglierla durante la lezione.

Esonerati i bambini sotto i 6 anni. Regole nuove anche in palestra dove il distanziamento previsto durante l’attività fisica sale ad almeno due metri. Mensa ad orari scaglionati in alcuni plessi, mentre in altri il pasto sarà consumato in aula, direttamente sul banco nella formula lunch box con  piatti unici, acqua in bottiglie singole, posate e piatti monouso.

Professor Andrea Giacometti, Direttore Clinica di Malattie Infettive degli Ospedali Riuniti di Ancona

Insomma una vera e propria rivoluzione, che punta a ridurre al lumicino la diffusione del covid-19. Eppure, fra le famiglie, la preoccupazione è palpabile per una possibile recrudescenza del virus. Quale potrà essere lo scenario?
«Con l’apertura delle scuole non prevedo catastrofi ma, come dico da giorni, credo che continueremo ad avere un discreto numero di pazienti ricoverati senza seri problemi logistici per gli ospedali – dichiara il primario della Clinica di Malattie Infettive degli Ospedali Riuniti di Ancona, Andrea Giacometti -. È quella che ho già chiamato “onda lunga”, in quanto ritengo che la seconda ondata sia già cominciata anche in Italia, ma non raggiungerà picchi elevati». 

Secondo l’infettivologo «dovremo abituarci a convivere con un certo numero di covid-positivi, ricoverati per molti altri mesi. Oggi (10 settembre) abbiamo 11 pazienti in Ospedale ad Ancona, di cui 6 in Clinica e credo che ci porteremo dietro queste cifre fino all’arrivo di un vero efficace vaccino».

Per scoprire e isolare tempestivamente i nuovi positivi e anche per accorciare i tempi di rientro a scuola per gli alunni covid negativi, ma obbligati a restare a casa anche solo per un raffreddore nell’attesa del tampone, molti pediatri invocano il ricorso ai test salivari rapidi, ma questi hanno una sensibilità al virus intorno all’85%. Lei che ne pensa? «I test salivari hanno una sensibilità non elevatissima, ma daranno la risposta in 3 minuti e contribuiranno a scoprire ed isolare una buona parte dei soggetti infetti».

Intanto il ministero della Salute sta pensando di ridurre la quarantena da 14 a 7 giorni giorni perché i sintomi emergerebbero già dopo 4-5 giorni, la Francia lo ha già fatto, lei che ne pensa?
«Penso che il limite dei 14 giorni sia stato inizialmente imposto per giusti motivi di prudenza e sicurezza, però è vero che per tutti coloro che abbiamo ricoverato, il periodo di incubazione era sempre all’incirca di 5-7 giorni, non abbiamo mai notato un caso superiore ai 10 giorni. Quindi si potrebbe adottare il giusto mezzo e scegliere, almeno per ora salvo ripensamenti, il limite di 9-10 giorni».

Le speranze di tornare alla normalità sono tutte riposte nel vaccino, ma proprio in questi giorni Astra Zeneca ha sospeso la sperimentazione del vaccino a cui lavora anche l’azienda di Pomezia, per una reazione avversa avvenuta in un paziente britannico. Altri vaccini però sono a buon punto nel mondo (circa una decina), secondo lei quando è ragionevole attendersi che arriverà?
«Non è semplice dire quando avremo veramente disponibile un vaccino. In ogni caso i primi quantitativi saranno destinati a selezionate categorie lavorative (sanità, pubblica sicurezza, ecc..), per il resto della popolazione ritengo probabile che si vada a slittare fino ai primi mesi del 2021».

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