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Natale in versione “ristretta”, come ridurre il rischio di contagio? I consigli dell’infettivologo

Grazie alle deroghe concesse nel decreto si potrà festeggiare con pochissimi familiari e amici. Ci sono alcuni accorgimenti che possono aiutare il contenimento del contagio

ANCONA – Sarà un Natale in versione “ristretta” quello ai tempi del covid, ma che ci consentirà comunque di festeggiare. L’ultimo decreto varato dal governo, che istituisce la zona rossa in tutta Italia dal 24 dicembre al 6 gennaio con un solo stop di 4 giorni in zona arancione -28, 29, 30 dicembre e 4 gennaio-, ha concesso la deroga agli spostamenti per andare a casa di parenti e amici.

Una apertura che solo fino a una settimana fa sembrava un miraggio, quando un pò tutti, chi più chi meno, ci vedevamo “condannati” a trascorrere le festività con i soli familiari conviventi senza poter godere di quel minimo di socialità e tradizione che del Natale costituisce le fondamenta.

Il piacere di ritrovarsi attorno ad una tavola imbandita con i piatti della tradizione, quelli tramandati sulle pagine ingiallite dei ricettari della nonna, scambiarsi i doni, giocare a tombola, ridere o semplicemente gioire della preziosa compagnia dei familiari più cari. Uno spaccato che in parte potrà riprodursi anche quest’anno, ma in versione per così dire ristretta, riservata al solo entourage dei familiari o amici più vicini.

La deroga concessa dal decreto, nel raccomandare di non radunarsi nelle abitazioni private, consente a due persone di potersi spostare in zona rossa, nei festivi e prefestivi, per recarsi da parenti o amici, anche se solo una volta al giorno e solo verso una abitazione. Ma come comportarsi per festeggiare in sicurezza?

«Con l’aiuto del buon senso e delle cose che abbiamo appreso durante questi mesi di lotta al covid, dobbiamo seguire alcune regole, adattandole ad ogni singola situazione “domiciliare”» dichiara l’infettivologo Andrea Giacometti. «È necessario capire che Dpcm ed altri regolamenti non possono realmente entrare nelle nostre case, non sarà possibile controllare efficacemente cosa accadrà all’interno di ogni casa».

Ma con alcuni accorgimenti le festività potranno essere più covid-free.

Andrea Giacometti, professore di Malattie Infettive e Pneumologia presso l’Università Politecnica delle Marche

«Se si ha abbastanza spazio in casa, sarebbe meglio apparecchiare due tavoli: uno per gli anziani, uno per i bambini ed i giovani, che sicuramente sono più a rischio di non osservare tutte le misure di sicurezza», spiega il professor Giacometti, primario della Clinica di Malattie Infettive di Torrette.

«A tavola la mascherina andrà sempre tenuta fino a quando non si comincerà a mangiare – prosegue -. Immagino che per noi italiani sarà difficile evitare di parlare mentre si consuma insieme un pasto, evitando battute e risate. Il brindisi, sembra buffo, ma andrebbe fatto indossando la mascherina e togliendola solo al momento di sorseggiare lo spumante».

Secondo l’infettivologo è bene «evitare il “cin cin” con i bicchieri, non tanto perché ritengo probabile una contaminazione fra bicchieri, ma perché potrebbe essere occasione di distrazione, qualcuno avrà calato la mascherina ed esclamerà “Auguri” a voce alta, qualcun altro urterà le mani del vicino».

Inoltre «non ci si potrà abbracciare per scambiarsi gli auguri, neanche indossando la mascherina, perché il virus resiste varie ore sugli abiti – spiega -. Ovviamente, prima di sedersi a tavola è necessario lavarsi bene le mani o almeno disinfettarle con uno dei tanti prodotti disponibili. In ogni caso, nessuno scambi i piatti con gli altri: una persona si incaricherà di servire a tavola girando con la mascherina e con le mani pulitissime».

Il professor Andrea Giacometti rimarca che in caso di sintomi riconducibili al covid è bene non partecipare al pranzo e se la persona fa parte della famiglia ospitante sarebbe opportuno che «resti in un’altra stanza». Secondo il primario «un surplus di prudenza è richiesto anche dalla scoperta della nuova variante “inglese” del virus, che pare più contagiosa del ceppo originario del 70%».

Giacometti invita alla prudenza «perché se è vero che il ceppo mutato era già stato identificato in Inghilterra a settembre 2020, allora è già diffuso anche in Italia. Dobbiamo tener conto che è nella normale storia evolutiva di ogni microrganismo il cercare di diventare più diffusivo, ossia di riuscire a trasmettersi più efficacemente per potersi moltiplicare di più».

«Per fortuna, in genere, l’evoluzione vuole che contemporaneamente si diventi meno aggressivi, perché se ci pensate bene il virus non ha interesse ad uccidere l’ospite che gli dà “da mangiare”. Dovrebbe accadere, nei prossimi anni, quello che è accaduto con i 4 “vecchi” coronavirus – conclude – che conosciamo da più di 40 anni e che ora sono responsabili praticamente solo di banali raffreddori e faringiti».

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