Ancona-Osimo

Covid e disabilità, l’umanità prima delle regole

La pandemia, col suo corollario di norme anticontagio, rischia di discriminare ulteriormente le persone disabili. Ne abbiamo parlato con Marta Migliosi, membro del Comitato Vita Indipendente

Marta Migliosi

ANCONA – È una convivenza possibile, quella fra le normative previste per limitare il contagio e chi ha una disabilità, a patto che siano normative “umane” sempre con lo sguardo rivolto alla vita quotidiana delle persone. Tanti i nodi critici ancora da chiarire. Li abbiamo affrontati con Marta Migliosi, giovane donna con disabilità, che lavora nell’associazione Vita Indipendente delle persone con Disabilità Marche e attivista dei diritti umani con focus sulla disabilità.

Una pandemia, quella di covid-19, che sta accentuando ancora di più le criticità già presenti. «Già il Dpcm del 26 aprile 2020 prevedeva l’esenzione della mascherina, se incompatibile con la disabilità, estendibile anche agli assistenti, accompagnatori o familiari ma pochi commercianti, musei, ristoranti ne sono a conoscenza e questo crea un’ulteriore discriminazione poiché sono numerosi i casi in cui è stato vietato di far entrare se non con la mascherina».

Insomma manca l’informazione e quella che c’è a volte è vittima di un “paradigma abilista”. «A livello comunicativo vige l’assioma persona con disabilità uguale persona fragile» spiega, un concetto che «respingiamo» anche perché «non è detto che chi ha una disabilità, abbia una maggiore incidenza a contrarre il covid-19». Come da respingere è anche un altro concetto: «Le persone con disabilità non sono cuccioli da tenere dentro un recinto, separare, nemmeno in nome di una presunta sicurezza».

Portando lo sguardo ai nostri territori, Marta Migliosi obbietta l’obbligatorietà del tampone prevista dall’Asur, per l’accesso alle strutture diurne e residenziali sociosanitarie: «Per chi ha una disabilità complessa può essere traumatizzante essere sottoposto al tampone, soprattutto sapendo che è periodico», per questo vari gruppi di associazioni e gestori dei servizi hanno chiesto di passare al test sierologico così da evitare di incorrere nel rischio di non eseguire correttamente l’esame. «Ci dicono che è per proteggerci, ma dipende cosa si intende per proteggere», sarebbe più opportuno «vagliare sulla base personale» le azioni migliori da intraprendere.

Alla Regione Marche chiede poi di rivedere gli accordi alla base del nuovo piano sociosanitario, varato ad anno nuovo, per quanto riguarda le strutture residenziali e diurne socio-sanitarie, «dove si ha sempre più un ritorno al regime istituzionalizzante della persona invece che un’apertura verso la cittadinanza». Un concetto che deve essere alla base di una società libera e civile.

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