Ancona-Osimo

Ad Ancona un corso per detenuti sulla gestione sostenibile del verde urbano. Sinergia tra Comune, UnivPm e carcere di Barcaglione

L'iniziativa dell’Università Politecnica delle Marche, insieme alla casa circondariale del Barcaglione e al Comune, comincerà il 14 marzo. I detenuti opereranno a Cittadella, Posatora e in altre zone

Un momento della conferenza nella sede del rettorato Univpm

ANCONA – Comincerà venerdì 14 marzo un corso in gestione sostenibile del verde urbano destinato a dodici detenuti del carcere del Barcaglione, iniziativa finanziata e voluta dall’Università Politecnica delle Marche in collaborazione con la casa circondariale e con il Comune di Ancona.

Prima la parte teorica, poi quella pratica che sarà svolta dai detenuti inizialmente nelle aree verdi del parco di Posatora e di quello di Cittadella. Un corso professionalizzante che sarà tenuto da docenti dell’università e che mira a formare operatori e operatrici esperti in gestione e manutenzione del verde urbano, con l’obiettivo non certo secondario di favorire il reinserimento dei partecipanti nel mondo della lavoro e nella società.

Il corso avrà la durata complessiva di 80 ore, di cui 28 di teoria e 52 di tirocinio pratico e avrà l’obiettivo di fornire specifiche competenze, come la conoscenza delle piante ornamentali, la manutenzione differenziata del verde urbano, il riconoscimento delle avversità fitopatologiche, la conoscenza di materie come la botanica, l’agronomia, l’arboricoltura, la patologia vegetale, l’entomologia, la manutenzione del verde e la sicurezza sul lavoro.

«È uno dei tanti progetti che abbiamo sviluppato, un progetto che permette al nostro ateneo di essere utile alle persone più fragili – ha illustrato il magnifico rettore dell’UnivPm, Gian Luca Gregori –. Abbiamo studiato un corso rispondente a realtà effettive, la gestione sostenibile del verde urbano è una richiesta sempre più forte. Un corso che testimonia come le università pubbliche siano un imprescindibile motore di rinascita per la società».

«Un corso professionalizzante che abbiamo fortemente voluto insieme al Comune e all’istituto penitenziario – ha spiegato il referente e direttore del dipartimento di scienze agrarie, alimentari e ambientali di Univpm, Nunzio Isidoro –. Volevamo dare la possibilità anche ai detenuti che non avevano un titolo di studio adeguato per accedere ai corsi di laurea di poter partecipare a un corso professionalizzante. Svolgeremo la parte teorica all’interno dell’istituto con un collegamento streaming e saranno coinvolte aziende che potranno in futuro accogliere i corsisti. Quanto alla pratica, una parte dei detenuti potrà venire con noi fuori, e per la parte che non potrà abbiamo previsto esercitazioni pratiche fatte all’interno dell’istituto in aree verdi».

Le aree cittadine dove interverranno i corsisti-detenuti per svolgere il loro tirocinio pratico seguito dal personale dell’Univpm saranno i parchi di Cittadella e Posatora, ma l’intenzione è quella di farli operare anche alla Casa Rossa, zona ex Crass, e nel polo universitario di Monte Dago, dove potranno anche incontrare gli studenti. «Siamo molto contenti di quest’iniziativa – ha aggiunto l’assessore Marco Battino – nata grazie a un protocollo d’intesa siglato nei mesi scorsi. È un ulteriore passo in avanti nella collaborazione tra università e città, che deve procedere su tanti aspetti, compreso quello sociale. Sarà uno strumento utile per i partecipanti ma anche per la cittadinanza, con una valenza molto importante».

Parteciperanno al corso dodici detenuti condannati, come ha spiegato la direttrice della casa di reclusione di Ancona Barcaglione, Manuela Ceresani, dei quali sette sono italiani e cinque stranieri. Non tutti potranno uscire, la valutazione sarà effettuata a seconda della posizione giuridica, e del percorso fatto, l’età dei partecipanti va dai 22 ai 55 anni.

«Sarà utilizzato lo strumento di lavoro all’esterno – ha spiegato la direttrice Ceresani –, con provvedimento emesso dal direttore e approvato dal magistrato di sorveglianza. Perché un condannato non può uscire se non c’è avallo del tribunale o del magistrato di sorveglianza. Per l’art. 21 si valutano merito, posizione giuridica, il fine pena e il tipo di reato, all’esterno saranno senza scorta e senza sorveglianza, ma seguiranno un programma dettagliato che contempla orari, mezzi e tempo di rientro, sennò diventa un’evasione. Lavoriamo con persone, e siamo tutti legati alla nostra imprevedibilità. Quindi mai dire mai – la direttrice si riferisce a eventuali evasioni, anche in relazione alla fuga dello scorso gennaio di Xhevdet Plaku, detenuto di origini albanesi –, è ovvio che quando sono fuori può capitare che qualcuno abbia un momento in cui decide di non rientrare. Questo ci impone un’autocritica su come abbiamo lavorato e una valutazione da fare, ma non una restrizione di queste iniziative. Casomai dobbiamo lavorare per un maggiore processo di responsabilizzazione delle persone. Abbiamo tanti articolo 21 – quello della legge sull’ordinamento penitenziario che parla dell’assegnazione di lavori all’esterno –, e può capitare l’episodio che non volevamo».

Hanno partecipato anche il direttore generale UnivPm Alessandro Iacopini e il direttore del centro di ricerca e servizi interdipartimentale per le innovazioni e le metodologie applicate al terzo settore, Crismat, Valerio Temperini, nonché Francesco Tubiello, responsabile area trattamentale e attività formative della casa circondariale del Barcaglione.