Ancona-Osimo

Coronavirus, scontro Ceriscioli-Conte su ordinanza. Il governatore: «È valida»

Continua il braccio di ferro tra il premier e il presidente della Regione che dice: «Spero di andare davanti a un giudice». Dunque nelle Marche scuole chiuse e manifestazioni sospese

Il presidente regionale Luca Ceriscioli

ANCONA – «Spero di andare davanti a un giudice che ci dia ragione». Il presidente della Regione Luca Ceriscioli interviene a gamba tesa sulle dichiarazioni del governo di voler impugnare l’ordinanza regionale siglata nel tardo pomeriggio di ieri, con cui il governatore aveva disposto la sospensione delle attività scolastiche e delle manifestazioni di pubblico spettacolo fino al 4 marzo per prevenire e limitare la diffusione di un eventuale contagio da Coronavirus. Un braccio di ferro, quello con il governo, che si era preannunciato fin da lunedì quando una chiamata del premier Giuseppe Conte aveva stoppato in diretta durante la conferenza stampa di presentazione, l’ordinanza regionale nell’attesa del vertice Stato-Regioni.

Conte aveva chiesto a Ceriscioli di attendere le direttive nazionali, ma il governatore dopo aver appreso la notizia del caso di positività accertato ieri a Cattolica, aveva deciso alla fine di procedere con la chiusura di scuole, musei, biblioteche e alla sospensione delle manifestazioni di pubblico interesse. Questo per limitare la diffusione di un eventuale contagio del virus «arrivato sempre più vicino alle nostre case». «Le misure non servono a creare il panico, al contrario, vogliamo far star tutti più sereni. È un sacrificio che dobbiamo fare tutti, perché è chiaro non poter portare i figli a scuola, dover rinunciare alla partita di calcio, sono cose che rompono la nostra quotidianità e ci impongono dei sacrifici, però lo dobbiamo fare nel momento in cui è importante perché siamo nella fase più delicata e sappiamo benissimo che c’è un meccanismo molto semplice: meno contatti si hanno e maggiore è la probabilità che non si diffonda il virus. Lo facciamo per noi, lo facciamo per i soggetti fragili, quelli che abbiamo visti colpiti dal virus che poi hanno esiti infausti. Parliamo di un virus che per il 20% genera conseguenze anche importanti, come la polmonite virale. Bisogna non sopravvalutarlo, né sottovalutarlo».

Ieri sera, martedì 25, però la replica del governo che aveva annunciato di voler impugnare il provvedimento. A margine della conferenza stampa di presentazione della firma del protocollo di intesa per la promozione dell'”Institute for climate change solutions (Iccs)”, Ceriscioli ha spiegato che il caso di positività accertato a Cattolica «va pensato come se fosse da noi nelle Marche, perché quello è un confine molto permeabile».

«Se il governo dice che va bene in Liguria e Friuli esattamente quello che abbiamo fatto noi qua nelle Marche – osserva Ceriscioli riferendosi alle ordinanze varate dalle regioni -, perché là va bene e qua no. Il governo lo spiegherà davanti a un giudice». Insomma secondo il presidente regionale è da capire se lo stato può comportarsi in maniera diversa a seconda delle regioni dal momento che Liguria e Friuli avevano già adottato lo stesso provvedimento delle Marche prima di avere casi positivi. Ceriscioli chiarisce inoltre che l’ordinanza «è valida» e che l’impugnativa eventualmente avrà effetti più avanti. Quindi le scuole restano chiuse.

Il braccio di ferro intanto prosegue con le dichiarazioni rilasciate dal premier Giuseppe Conte a L’Aria che tira su La7: «Ieri abbiamo avuto una riunione con tutti i ministri e i presidenti delle Regioni. Ci ha sorpreso che dopo che tutti avevano concordato sul protocollo suggerito, nel pomeriggio le Marche abbiano realizzato uno scarto, una deviazione». Conte spiega «questo non va bene perché se ognuno assume iniziative per conto suo si crea una confusione generale del Paese, difficile da gestire. Disporre la chiusura delle scuole poi crea problemi per i genitori. Ha solo effetti negativi e non positivi».

Intanto è stato confermato oggi dallo Spallanzani di Roma il tampone positivo del pesarese. Si tratta di un uomo sulla trentina domiciliato in Vallefoglia, che si era recato per ragioni lavorative a Codogno in Lombardia.

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