Ancona-Osimo

Coronavirus, cantieri navali al via. Si riparte tra incertezza e costi maggiori

Le attività nei cantieri del porto di Ancona, dove lavorano in media 4.139 addetti, sono pronte. Per ora via solo alle consegne delle imbarcazioni già allestite. Intanto con il lockdown si fanno i conti con contrazioni e spese da sostenere per i presidi di sicurezza

ANCONA – Con la firma del decreto regionale che sancisce il via libera alla riapertura di alcune attività produttive, in linea con quanto stabilito dal presidente del Consiglio dei ministri, i cantieri navali potranno tornare al lavoro nelle Marche ma solo per quanto concerne la manutenzione necessaria alla consegna dei mezzi navali già allestiti. Insomma, un disco verde, che anche se al momento non riguarda ancora la costruzione di nuove imbarcazioni, è comunque un segnale che ha il sapore di un progressivo, seppur graduale, ritorno alla normalità.

Dopo più di un mese di lockdown imposto per limitare la diffusione del Coronavirus che ha paralizzato uno dei settori più vitali per l’economia marchigiana, quello della cantieristica navale dove lavorano una media di 4.139 addetti.

Bruno Piantini, direttore Cantiere delle Marche

Nonostante non sia semplice stimare le perdite finora subite, ad un primo calcolo si possono già ipotizzare dei costi maggiori che potranno determinare un calo di circa il 10% dell’efficienza del cantiere «conseguente dall’impossibilità di fare lavorare tutte le persone necessarie insieme» spiega l’ingegner Bruno Piantini, direttore generale di Cantiere delle Marche di Ancona, dove tra diretti e indotto, prima del lockdown, lavoravano giornalmente circa 250 persone. «Ogni anno calcoliamo un monte ore lavoro di 500.000 ore, quindi in queste condizioni – prosegue – dobbiamo calcolare circa 50.000 ore in più. Per essere più precisi sarà necessario attendere gli sviluppi futuri per definire protocolli e quindi costi precisi», osserva, ma intanto a questa perdita di efficienza si aggiungeranno le spese per l’acquisto dei dispositivi di protezione personale che “costeranno” all’azienda circa 200.000 euro all’anno per mascherine Ffp2, oltre alle spese per la sanificazione dei luoghi di lavoro e materiali per la pulizia personale e degli ambienti».

Insomma uno scenario non proprio confortante, ma intanto la nota positiva è che si riparte, una ripresa dell’attività produttiva che è già stata organizzata e i cui protocolli operativi sono già pronti, in attesa del via libera come sottolinea il direttore di Cantiere delle Marche: «Per la sicurezza organizzeremo squadre di lavoro fisse in modo da avere un controllo preciso su chi lavora e con chi», in modo da poter circoscrivere con precisione una eventuale seconda ondata dell’epidemia.

Anche la Palumbo Superyachts si sta attivando per la ripresa delle attività e per il completamento di due imbarcazioni presenti nel cantiere dorico dove in media lavoravano prima del fermo circa 500 persone, fra lavoratori diretti e indotto nei brand Isa, Columbus, Extra e Mondomarine. Una ripresa nel rispetto «delle vigenti normative inerenti il Covid-19» fanno sapere dal cantiere, dove fervono i preparativi per la consegna delle imbarcazioni già allestite ai clienti finali.

«Lavorazioni – spiegano – che rappresentano una parte minima delle attività ordinariamente effettuate dal nostro cantiere» che lavora molto per clienti esteri e che quindi risente dello scenario internazionale di evoluzione dell’epidemia di Coronavirus.

Il cantiere della Palumbo Superyachts di Ancona

La chiusura della sede anconetana, ad eccezione delle attività di manutenzione imbarcazioni (Refit) rientranti nei codici Ateco previsti dal decreto governativo del 22 marzo «ha comportato uno slittamento di tutte le lavorazioni ma soprattutto ha generato un clima di incertezza sui mercati internazionali bloccando o posticipando lo sviluppo del new business – sottolineano dal cantiere -. Palumbo Superyachts sta facendo tutto il possibile per recuperare nel più breve tempo possibile questo difficile momento grazie alla solidità dei brand di cui dispone e alla fiducia dei clienti e dei broker con cui da sempre collabora».

Il protocollo operativo per la ripresa delle attività, istituito dal comitato di controllo interno, è già pronto e prevede l’adozione dei dispositivi di protezioni individuali di protezione personale necessari per evitare il contagio e la diffusione del Coronavirus.

Seven Seas Splendor
Fincantieri ad Ancona

A riprendere l’attività produttiva, già nella giornata di ieri, è stata invece Fincantieri, che ha riaperto i propri stabilimenti italiani all’insegna della gradualità, con una ridotta capacità di organico proprio per rispettare le misure di sicurezza imposte per limitare la diffusione del contagio.

Una riapertura avvenuta «di concerto con le autorità governative, con le Prefetture e le aziende sanitarie delle varie sedi italiane» fanno sapere dall’azienda, precisando che è stato applicato un rigoroso protocollo di sicurezza per garantite tutta una serie di misure di sicurezza, fra le quali attività di formazione sui comportamenti, il distanziamento sociale da tenere nei reparti, la distribuzione di mascherine e dispenser con gel alcolici. Inoltre all’ingresso dello stabilimento, suddiviso su più turni, sono stati predisposti termoscanner per la misurazione della temperatura corporea, mentre per l’uscita sono stati allestiti percorsi di uscita scaglionati in modo da evitare assembramenti, per la stessa ragione sono state chiuse le macchinette di caffè e bevande, ad eccezione dell’acqua.

Nel cantiere di Ancona, che da lavoro mediamente a 600 dipendenti diretti e 2.000-2.500 indiretti, hanno ripreso a lavorare circa 200 persone. In consegna nell’estate 2020 c’è la nave da crociera superlusso Silver Moon, mentre in costruzione c’è un altra Silver Dawn la cui consegna è prevista per il prossimo anno. Ma in portafoglio ci sono anche le nuove Viking che garantiscono una copertura fino al 2025.

Con la ripresa dell’attività produttiva fanno sapere dalla Fincantieri è partita anche «una intensa attività formativa per rendere edotti tutti sulle sulle buone prassi di comportamento e le nuove linee guida adottate in accordo con l’Organizzazione Mondiale della Sanità» rivolta a tutti i lavoratori.

Nonostante l’attività sia rimasta ferma per un mese, dal punto di vista commerciale le posizioni acquisite sono mantenute e «non ci sono state cancellazioni di ordini» anche dal punto di vista del «portafoglio ordini è tutto confermato».

Paolo Baldoni, amministratore delegato Garbage Group

Al lavoro per rendere operativa la cosiddetta “fase due”, c’è la Garbage Group di Ancona che esegue servizi ecologici marini: «Abbiano iniziato con il cantiere Cpn e ci stiamo organizzando anche con gli altri cantieri – spiega l’amministratore delegato Paolo Baldoni – per la sanificazione degli ambienti di lavoro». Anche la Garbage ha risentito del lockdown ed è stata costretta a mettere personale in cassa integrazione per «la contrazione del traffico marittimo», una riduzione che se dovesse proseguire porterebbe ad una contrazione del 30-40% ma ci salviamo perché comunque lavoriamo.

Ti potrebbero interessare