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Aria condizionata e ventilatori, sì o no? Giacometti: «In casa sì, senza troppe paranoie»

Il primario della Clinica di Malattie Infettive degli Ospedali Riuniti di Ancona chiarisce le regole per usare correttamente gli impianti di condizionamento per evitare ogni rischio. Ecco tutto quello che c'è da sapere

Ventilatore (Foto di Bruno /Germany da Pixabay)

ANCONA – Aria condizionata nei luoghi pubblici? Sì, ma a patto di indossare tutti la mascherina. A casa invece sì «senza troppe paranoie» eccetto per chi è in quarantena. È l’opinione dell’Infettivologo Andrea Giacometti, primario della Clinica di Malattie Infettive degli Ospedali Riuniti di Ancona e docente di Malattie Infettive e Pneumologia presso l’Università Politecnica delle Marche.

Il tema è al centro di un acceso dibattito da quando con le riaperture di negozi, parrucchierie e centri estetici, le linee guida targate Inail e Istituto Superiore della Sanità ne hanno sconsigliato l’uso per evitare una possibile diffusione del coronavirus. Sul “banco degli imputati” c’è la funzione del ricircolo d’aria che sembrerebbe favorire questa diffusione. Ma come stanno le cose?

«In effetti, in un luogo pubblico, soprattutto se affollato, l’aria condizionata può costituire un rischio per la diffusione del coronavirus – spiega il professor Giacometti -. Infatti sappiamo che per far funzionare meglio l’aria condizionata, oltre che per risparmiare energia, viene consigliato di tenere chiuse finestre e porte. In questo modo però non vi è ricambio di aria: risulta più efficiente il raffreddamento da parte del condizionatore, ma è ovvio che se all’interno del locale vi è qualcuno che diffonde virus, questo tenderà a persistere e concentrarsi».

Aria condizionata (foto da Pixabay)

Secondo il primario «anche tenessimo parzialmente aperte le finestre per favorire il ricambio di aria, il problema sussisterà perché il condizionatore provoca movimentazione delle particelle di polvere e di tutto quello che è sospeso nell’aria, compresi gli agenti infettivi. Ricordiamoci che le famose particelle infettanti emesse dai portatori di coronavirus, chiamate “droplets”, in un ambiente senza correnti arrivano al massimo a 1,5 – 2 metri di distanza. Tuttavia, la corrente d’aria generata da un condizionatore può farle arrivare ben più distanti».

Come ovviare dunque per evitare che il torrido caldo estivo possa affliggere chi magari va a farsi una messa in piega o va a fare shopping in un negozio? «Il rischio si riduce se tutti i presenti indossano la mascherina chirurgica, quella che ostacola l’emissione di goccioline infette da parte di chi la indossa. Questo è importantissimo, irrinunciabile nei luoghi chiusi ed affollati: tutti devono indossare la mascherina, indossarla bene, coprire naso e bocca, e mai allontanarla dal viso».

Andrea Giacometti, professore di Malattie Infettive e Pneumologia presso l’Università Politecnica delle Marche e primario della Clinica di Malattie Infettive degli Ospedali Riuniti di Ancona

Il professor Giacometti mette sullo stesso piano condizionatori e ventilatori proprio per la loro capacità di «movimentazione di polveri, batteri, virus e goccioline di saliva». Certo è che la questione è di grande importanza dal momento che riguarda non solo i negozi ma anche gli stessi ospedali dove spesso sono ricoverate persone particolarmente sensibili al caldo come gli anziani e i bambini.

«Per gli uffici, negozi e parrucchieri, se proprio si vorranno usare apparecchi per rinfrescare l’aria, dovrà essere obbligatorio l’uso costante della mascherina chirurgica – osserva il primario -. Per gli ospedali sarà un grosso problema, sappiamo che la maggior parte delle persone, soprattutto gli anziani ed i bambini piccoli, tollerano male l’ambiente ospedaliero quando d’estate non vi è aria condizionata. Oggi molte strutture si sono dotate di sistemi di condizionamento, ma poiché non tutti i degenti possono godere di stanza singola, dove è improbabile essere contaminati da altri malati, andrà a finire che ricorreremo ad espedienti tipo finestre e porte aperte o condizionatori al minimo. Ai degenti non possiamo imporre l’uso costante della mascherina, la dovranno indossare operatori sanitari e visitatori».

Aria condizionata auto (foto tratta da Pixabay)

Diversa la situazione in auto e nella propria abitazione. «In auto se si è da soli, non vi è problema: in fondo, anche in caso di ricircolo dell’aria, respireremo quello che già abbiamo nelle vie aeree. Però se dovessi viaggiare con un ospite a bordo, riterrei opportuno far cambiare l’aria aprendo qualche finestrino. In un ambiente ristretto come l’interno di un auto, se il viaggio è lungo anche la mascherina chirurgica potrebbe fallire il suo scopo».

«Anche in casa consentirei l’uso di condizionatori e ventilatori, a patto che non ci si trovi nella non auspicabile situazione di “isolamento domiciliare” (quarantena): i coinquilini devono essere messi al riparo da chi è “quarantenato”. Ma a parte questa situazione indesiderabile, ovviamente nessuno può sapere con certezza se oggi è o meno portatore del virus: mica possiamo farci un tampone al giorno. Quindi in casa – conclude – suggerirei di vivere normalmente senza troppe paranoie».

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